Mentre si cerca di distogliere l’attenzione pubblica con vecchie e nuove armi di distrazione di massa, c’è un pericolo concreto che stiamo correndo tutti noi “consumatori” e che potrebbe andare a gravare ulteriormente sulle tasche, già allo stremo, di milioni di italiane e italiani. Con la fine della maggior tutela, mentre l’inflazione continua a mordere, i primi mesi del 2024 potrebbero esporre oltre 10.000.000 di utenze domestiche, attualmente “protette”, ad aumenti delle bollette di luce e gas estremamente elevati (fino a superare il doppio degli attuali livelli) e di entità molto difficilmente prevedibile.

La strutturazione degli approvvigionamenti gas nel mondo, in particolare dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ci espone a mercati in cui il costo dell’energia è estremamente volatile e che sono purtroppo in balia del valore finanziario della “commodity gas”, non scevro da dinamiche speculative (come accaduto nel 2022).

Con l’attuale spostamento degli approvvigionamenti dal gas “via tubo” (il cui prezzo viene riferito al “punto di scambio virtuale”, agganciato al Ttf e non sempre coerente con il prezzo reale della materia prima) al GNL, che arriva via mare e necessita di rigassificazione, si perde il beneficio economico derivante dai contratti di importazione di medio o lungo periodo del gas via tubo, con una prospettiva crescente di instabilità dei mercati energetici per i consumatori di tutte le dimensioni.

Ma non solo. Il servizio di maggior tutela, oltre a fungere da elemento di protezione dei consumatori sul mercato, esercita una funzione preziosa di benchmark di prezzo per il mercato retail tutto (anche per quelli che si muovono sul mercato libero). Abolendo il servizio di tutela, si spingerebbero forzosamente gli acquirenti verso venditori su un mercato che, oltre ad essere instabile, è difficilissimo da comprendere per la molteplicità di schemi di offerta e di metodi commerciali spesso aggressivi e truffaldini (pieni di fake news e di strumentale allarmismo), in particolare senza i giusti strumenti.

Che il mercato non sia affatto maturo e quindi competitivo, inoltre, lo si evince da vari elementi: 1) La concentrazione del mercato libero su pochi venditori: 5 grandi operatori si dividono oltre l’85% del mercato, e la concentrazione invece di diminuire aumenta (relazione Arera 2022). 2) ci sono centinaia di operatori sul mercato, anche molto piccoli, e questo significa che si riescono a fare margini importanti anche con operazioni di piccola scala. Sintomo che il rincaro sui consumatori finali è molto corposo.

3) nei primi 8 mesi del 2023 i contratti sul mercato libero, secondo diversi indicatori disponibili alla consultazione, sarebbero stati dal 25 al 120% più alti di quelli sul mercato tutelato. Solo per qualche mese, nel 2022, questa tendenza era stata capovolta, ma esclusivamente grazie alla presenza di vecchi contratti a prezzo fisso e dell’impossibilità di rinegoziarli unilateralmente, dovuta all’intervento di Mario Draghi.

L’allarme di Acer, l’autorità che riunisce i regolatori dell’energia in sede europea, in tal senso, non può essere assolutamente sottovalutato: qualcosa non funziona nelle dinamiche dei prezzi in Italia, e testimonianza ne è la difficoltà, ben più seria rispetto ad altri Paesi, di rientrare dall’aumento dei prezzi dopo la crisi del 2022.

In questo contesto è, a nostro avviso, fondamentale e urgente, nell’interesse della popolazione già esposta a mille difficoltà, che la fine del servizio di maggior tutela venga prorogata di almeno un anno. Anno in cui sarà fondamentale affrontare due questioni cruciali e strategiche per il Paese.

La prima: arrivare a un Piano Nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) condiviso, che costituisca una strategia efficace per una transizione energetica radicale (spingendo su efficienza energetica, elettrificazione dei consumi, fonti rinnovabili, potenziamento reti), unico strumento utile per abbattere le bollette strutturalmente e sul lungo periodo.

La seconda: costruire un percorso inter-istituzionale mirato al rafforzamento degli strumenti di monitoraggio e regolazione del mercato dell’energia elettrica e del gas, utili a raggiungere gli obiettivi prefissati. Tutto questo per riuscire ad arginare quel “capitalismo di rapina”, citato all’ultima assemblea di Confindustria dal Presidente Mattarella, da cui la politica ha il dovere di difendere la cittadinanza.

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