Luce verde dalle autorità europee alla scalata di Unicredit. Orcel medita il ritiro
Arriva il primo via libera delle autorità europee all’acquisizione di Banco Bpm da parte di Unicredit, che dovrebbe realizzarsi con l’ops (offerta pubblica di scambio) in Borsa ancora da completare da parte della banca guidata da Andrea Orcel. L’Antitrust di Bruxelles ha dato un ok condizionato, nel senso che Unicredit dovrà cedere 209 filiali del gruppo che nascerà dall’unione dei due istituti. Condizioni che vanno applicate a un’operazione che al momento appare più che mai in mezzo al guado.
Come noto, per arrivare al traguardo, Orcel dovrà venire a capo delle prescrizioni imposte dal governo in base al golden power, una serie di condizioni che, se rispettate, renderebbero l’acquisizione di gran lunga meno vantaggiosa per Unicredit. Anche su quest’ultimo tema, cioè sulla legittimità dell’uso del golden power per un’operazione che coinvolge due banche italiane, è attesa una pronuncia da parte di Bruxelles che però potrebbe arrivare ben oltre la data di chiusura dell’ops che è prevista per il 23 luglio, dopo la proroga decisa dalla Consob il mese scorso.
La pronuncia di ieri riguarda unicamente i profili di concorrenza e in quest’ambito la Commissione ha innanzitutto respinto la richiesta dell’Antitrust di Roma di sottoporre l’operazione a una valutazione sulla base delle norme italiane. Questo perché le attività di Unicredit si trovano per oltre la metà fuori dai confini nazionali e in territorio Ue. La Commissione ha invece riscontrato, si legge in un comunicato, che l’unione dei due gruppi bancari solleverebbe problemi a livello locale nei servizi sia per i consumatori al dettaglio sia per le piccole medie imprese.
Le prescrizioni di Bruxelles
Il rimedio proposto da Unicredit e accettato da Bruxelles prevede quindi, come detto, la cessione di 209 filiali, nelle aree dove vi è «una sovrapposizione problematica». Le aree in questione dovrebbero essere per lo più in Veneto, dove si concentrano gli sportelli ex Cassa di Verona, a suo tempo assorbita da Unicredit, e quelli della Popolare di Verona, che da anni è parte integrante di Banco Bpm.
Per l’Antitrust Ue, quindi, la fusione tra i due istituti si può fare, ma la decisione di Bruxelles rischia di rimanere lettera morta visto che l’operazione si muove su una china molto ripida. Non è detto che l’offerta di Orcel riesca a raccogliere le adesioni da parte della maggioranza del capitale del Banco Bpm, presidiato da soci forti come il Credit Agricole con il 19,8 per cento e casse previdenziali come Enpam, Cassa Forense e Inarcassa che insieme possiedono il 6,5 per cento.
Orcel medita il ritiro
L’ostacolo più grande resta però quello del golden power deciso in aprile per decreto dal governo, che ha imposto a Unicredit una serie di obblighi preliminari per procedere all’acquisizione del concorrente. Tra questi la vendita delle attività in Russia e l’obbligo di non ridurre gli investimenti in emittenti italiani da parte di Anima, la società di gestione del risparmio controllata da Banco Bpm. Bruxelles nei giorni scorsi ha già inviato al governo di Roma una lettera in cui si esprimono rilievi e si chiedono chiarimenti in merito all’applicazione del golden power a un’operazione che coinvolge banche italiane.
Roma ha risposto che le condizioni imposte a Unicredit sono «legittime», «ragionevoli» e «fattibili» poiché riguardano, tra l’altro, la tutela del risparmio, che è materia rilevante per la sicurezza pubblica e, come tale, rientra tra le finalità del golden power. La palla ora passa a Bruxelles, ma il tempo passa e Orcel ha già detto di essere pronto ad abbandonare la partita.
© Riproduzione riservata