È arrivato l’annuncio che i mercati attendevano. Donald Trump ha affermato via social (come sennò?) che è pronto a concedere una pausa di 90 giorni prima di applicare i dazi annunciati nel Liberation day di una settimana fa.

E così, i mercati che da giorni vendevano americano, dalle azioni ai bond ai titoli di stato, con effetti negativi anche sulla moneta Usa, hanno cambiato rotta nel giro di pochi minuti. I listini di Wall Street sono partiti a razzo e hanno chiuso la seduta con rialzi compresi tra l’8 per cento del Dow Jones e addirittura il 12 per cento del Nasdaq, la Borsa dei titoli tecnologici.

Scommesse al rialzo

È presto per dire se questo rimbalzo può essere l’inizio di un‘inversione di marcia più consistente e duratura. Come si è visto nei giorni scorsi, i mercati sono quanto mai volatili, con bruschi alti e bassi amplificati anche dai programmi di tranding computerizzato, che funzionano grazie a complessi algoritmi. Di certo domani mattina anche i listini europei coglieranno la palla al balzo per tentare un recupero dopo giorni di tempesta.

Mercoledì invece le Borse del vecchio continente hanno chiuso ancora pesantemente in rosso, con cali mediamente tra il 2 e il 3 per cento. Milano, meno 2,8 per cento, ha azzerato il rimbalzo di martedì, anche in quel caso provocato da voci di possibili aperture dell’amministrazione americana a prossime trattative con i partner commerciali.

La svolta annunciata da Trump ha avuto riflessi immediati anche sul mercato obbligazionario, dove da giorni i titoli di stato Usa erano bersagliati dalle vendite. Un fatto a dir poco insolito, perché in passato non si era mai visto, che gli asset targati Stati Uniti perdessero quota tutti insieme. In genere le forti turbolenze sui listini azionari provocavano una fuga verso i T-bond, cioè i Btp americani, considerati un rifugio sicuro.

Lo scenario però adesso cambia. Con Trump che apre a negoziati, a poche ore di distanza da quando aveva raccontato di decine di capi di governo stranieri che lo supplicavano di trattare, anche i bond dovrebbero riprendere quota, dopo che i rendimenti, che per il reddito fisso si muovono in senso inverso alle quotazioni, erano cresciuti fino a toccare, per la scadenza a 10 anni, il 4,51 per cento. Un balzo dello 0,2 per cento in soli quattro giorni che, per dimensioni e velocità, non si vedeva dai tempi della grande crisi finanziaria del 2008.

Questi movimenti sono stati accompagnati dall’indebolimento del dollaro. Nelle ore successive all’annuncio di Trump anche la valuta Usa si è parzialmente ripresa, anche se per ora resta su quotazioni inferiori a una settimana fa.

Assedio alla Fed

Adesso le decisioni più attese sono quelle dei banchieri centrali. La prossima settimana è in calendario la riunione del consiglio direttivo della Bce che con ogni probabilità taglierà il costo del denaro nel tentativo di ridare fiato alla crescita economica minacciata dalla guerra commerciale scatenata da Washington.

Anche la Fed americana potrebbe muoversi nella stessa direzione, ma il presidente Jerome Powell, a differenza della collega di Francoforte Christine Lagarde, dovrà tener conto anche del rischio inflazione che negli Usa potrebbe ripartire per effetto dei dazi. In altre parole, non è escluso che, per prudenza, Powell decida di non intervenire subito sui tassi.

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