Buon anno nuovo, Europa!
Eccoci di nuovo insieme, con la quattordicesima edizione dello European Focus!

Sono Alicia Alamillos, la caporedattrice di questa settimana, e scrivo da Madrid.

In Spagna iniziamo l’anno nuovo in soggiorno, raccolti davanti alla tv, intenti a guardare la torre dell’orologio in piazza e a trangugiare dodici chicchi d’uva, uno per ogni rintocco. Si tratta di una tradizione di famiglia nelle case di famiglia. Ed è questo il punto: in Spagna, avere una casa di proprietà è praticamente parte integrante del mettere su famiglia. Ma è anche la maledizione del nostro paese: la bolla immobiliare spagnola di nuovo in agguato, lo stress post-traumatico causato dalla crisi del 2008, gli affitti alle stelle.

Abbiamo una relazione complicata con il settore abitativo, e questo problema nazionale ora sta diventando europeo: dall’addio polacco agli immobili a buon mercato, alla visione “sacra” della casa di proprietà in Estonia.

La tutt’altro che perfetta soluzione viennese agli affitti a basso costo è la via da seguire, oppure dovremmo dar retta ai Verdi tedeschi? In questa newsletter riflettiamo su una delle questioni principali che riguardano il nostro futuro: dove e come vivremo?

Alicia Alamillos, caporedattrice di questa settimana


I polacchi sono bloccati in una stanzetta

Il boom del mercato immobiliare in Polonia è durato fino all’anno scorso. Nell’immagine: un quartiere residenziale costruito a Varsavia nel 2021. Molti di questi locali sono dei cosiddetti microappartamenti in affitto, di appena 18 metri quadrati. Foto: Adam Stępień / Agencja Wyborcza.pl.

VARSAVIA – Volete affittare un appartamento in Polonia? Allora preparatevi ai costi elevati.

L’anno scorso gli affitti sono aumentati di circa il 18 per cento. Nelle cinque città più grandi – Varsavia, Cracovia, Breslavia, Poznań e Danzica –  l’aumento è stato ancora maggiore, raggiungendo il 30-40 per cento. Un appartamento di 45 metri quadrati con due camere da letto costa, in una delle maggiori città polacche, 800 euro al mese, mentre il reddito medio per lo stesso periodo è di 1.050 euro.

I prezzi stavano già salendo rapidamente prima della guerra in Ucraina ma, quando oltre un milione di rifugiati ucraini sono arrivati in Polonia, il mercato immobiliare è diventato ancora più ostile.

L’inflazione, alimentata dalla crisi energetica, complica ulteriormente le cose.

Le radici del problema affondano nella scarsità di alloggi dell’era comunista, ma anche dopo la caduta del regime nessuno dei governi successivi ha costruito abbastanza case popolari. Le conseguenze si percepiscono ancora oggi: stando ai dati Eurostat, la Polonia offre il minor numero di stanze a persona nell’Unione europea (appena 1,1). Contemporaneamente, le famiglie polacche sono le più numerose (2,8 persone in media per famiglia).

Non c’è alcun segno che faccia presagire un miglioramento della situazione. Il recente boom edilizio ha contribuito ad alleviare il deficit del mercato immobiliare, ma non è stato abbastanza. L’anno scorso la Banca centrale ha aumentato i tassi d’interesse a causa dell’inflazione, rendendo difficile l’accesso al credito, e il suo costo elevato.

Tutto questo ha avuto un effetto domino imponente: le richieste di mutuo sono crollate del 63 per cento nel 2022. Anche gli investimenti stanno rallentando: le imprese edili costruiscono sempre meno, influenzate dai tassi d’interesse alle stelle.

Solo un crollo dell’inflazione permetterà un taglio degli interessi, ma il mercato è già cambiato. Ora i polacchi non solo sono letteralmente bloccati in stanze minuscole, ma non si vede nemmeno una via d’uscita imminente per il mercato immobiliare.

Michał Kokot fa parte della redazione Esteri di Gazeta Wyborcza


Il numero della settimana: 45%

TALLINN –  Si prevede che i tassi d’interesse in crescita faranno aumentare le rate del mutuo in Estonia fino al 45 per cento quest’anno, sfilando ogni mese centinaia di euro dalle tasche delle famiglie.

Per gli estoni la casa di proprietà è sacra. Questa mentalità è stata rafforzata da anni di tassi d’interesse negativi e di boom dei prezzi degli immobili, che hanno alimentato la paura di perdere l’occasione di comprare casa ad un prezzo accessibile.

Con l’inflazione a un livello record e con le spese di utenza alle stelle, la gente ricorda e teme il ritorno della crisi economica del 2008, quando furono in molti a perdere la propria casa.

Holger Roonemaa è a capo del team investigativo di Delfi 


La trappola spagnola dell’affitto

Illustrazione: Raúl Arias, El Confidencial

MADRID – Come molti trentenni europei, “giovani ma non troppo”, io e la mia compagna ci troviamo di fronte a un dilemma: dovremmo continuare a vivere in affitto, oppure è il caso di acquistare una casa? Qualunque sia la risposta, una cosa è chiara: in Spagna c’è da ritenerci fortunati anche soltanto a poter permetterci di scegliere e quindi di porci la domanda.

Per molti giovani spagnoli l’affitto non è una scelta. È l’unica opzione possibile. Sono ormai lontani i tempi felici nei quali le banche offrivano un mutuo al 100 per cento. Oggigiorno, le istituzioni finanziarie pretendono un acconto pari ad almeno il 20 per cento del valore dell’immobile.

Per quasi tutti i giovani in Spagna ciò è possibile soltanto con l’aiuto dei propri parenti più attempati.

Culturalmente, il mio paese sostiene fortemente l’acquisto invece dell’affitto. Nemmeno uno dei miei amici preferirebbe affittare invece di possedere una casa. Tuttavia, nell’ultimo decennio si è quasi dimezzato il numero di persone sotto i 35 anni che possiede una casa di proprietà.

Ma l’alternativa non è stata certo una vera soluzione. Nonostante la trasformazione digitale in atto, gran parte degli spagnoli deve tuttora spostarsi a Madrid o Barcellona per trovare un lavoro. Ciò ha fatto arrivare gli affitti alle stelle, con incrementi annui rispettivamente del 15,4 per cento e del 19,9 per cento soltanto nel 2022.

È lì che si nasconde la trappola spagnola dell’affitto. Gli affitti in costante aumento rendono impervio risparmiare, rendendo difficile quindi l’acquisto di un immobile. Ciò significa, a sua volta, che i giovani rimangono a vivere in case in affitto più a lungo.

È un circolo vizioso dal quale io e la mia compagna, due tra i pochi fortunati, potremmo riuscire a uscire, ma che lascerà le nuove generazioni intrappolate per decenni.

Lucas Proto è un giornalista di El Confidencial 


Come dimezzare le spese abitative

Il Karl Marx Hof è un famoso edificio di edilizia popolare di Vienna. © ORF.at/Roland Winkler.

VIENNA – «Ho provato una grande gioia, nel riuscire a ottenere un appartamento in una casa popolare. Il mio reddito mensile non è sufficiente per affittare un appartamento di due camere sul libero mercato. Dovete sapere che l’affitto di un appartamento in una casa popolare costa circa la metà di quello di un appartamento normale. Tuttavia, non è facile ottenerne uno. All’inizio, è stato necessario recarsi presso le autorità preposte, ancora e ancora, svariate volte, per soddisfare tutti i vari requisiti. Alla fine ci sono voluti diversi mesi prima che ottenessi un appartamento. Quindi ci vuole pazienza.»

Le prime case popolari di Vienna, città di due milioni di abitanti, furono costruite cento anni fa. Ora ci sono 220mila appartamenti di questo tipo, che danno alloggio a 500mila residenti. Edit Gyimesi, che ha 57 anni, ha vissuto in una casa popolare per tre anni.

Peter Bognar è un giornalista freelance che vive a Vienna


La nostra casa va a fuoco

Costruendo sempre di più, rischiamo di bruciare il pianeta. © Concord.

BERLINO – Costruire sempre di più non è il modo per risolvere la crisi abitativa. Inoltre, questa crisi ne alimenta un’altra: il cambiamento climatico. Il settore edilizio è responsabile di quasi il 39 per cento delle emissioni di anidride carbonica (CO2) legate al consumo di energia e ai processi industriali. La produzione di cemento è responsabile, da sola, di ben l’8 per cento.

Forse dovremmo semplicemente costruire di meno. In Germania non c’è una vera carenza di spazio abitativo, ma ci troviamo, invece, di fronte a un problema di distribuzione.

Gli anziani continuano a vivere nelle case dove hanno cresciuto i propri figli, mentre questi ultimi stanno avendo problemi a trovare un appartamento per conto proprio. La quantità di nuclei composti da una sola persona sta aumentando, e ognuno di essi necessita di una cucina e di un bagno per singolo occupante, il che significa molti metri quadrati in più.

Dal 1960 lo spazio abitativo medio disponibile a persona è aumentato di quasi una volta e mezza: da 19 metri quadrati a quasi 48 nel 2021. A Berlino, è stato costruito il 25 per cento di spazio abitativo in più rispetto al 1989, mentre la popolazione è cresciuta soltanto del 10 per cento. Ma, ancora oggi, le persone più povere vivono in appartamenti sovraffollati.

Quello che ci serve è un cambio di prospettiva: dobbiamo cercare delle soluzioni per condividere lo spazio abitativo che già abbiamo. Per esempio, si potrebbe fare uno scambio di appartamento tra chi ha bisogno di più spazio e chi no, sviluppando nuovi modelli di vita. Se promuoviamo soluzioni del genere, potremmo costruire molto meno e ridurre l’inquinamento climatico, cosa più che mai necessaria.

La nostra casa va a fuoco, come ha osservato Greta Thunberg. Dovremmo spegnere le fiamme che stanno consumando la casa che già abbiamo, costruendo di meno.

Teresa Roelcke è una giornalista del Tagesspiegel


(Versione in inglese e portale comune qui; traduzione in italiano di Marco Valenti)

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