Eccoci di nuovo insieme, Europa!

Siamo alla quindicesima edizione dello European Focus!
Sono Francesca De Benedetti, la caporedattrice di questa settimana, e scrivo da Roma.
Non vi sembra di vivere in un mondo distopico?
Voglio dire, in Europa le montagne non sono più innevate come prima. Eppure la premier italiana, Giorgia Meloni, va alla guerra con gli attivisti per il clima.
Il governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che si è anche candidato a guidare il Pd, promette di risolvere la scarsità di neve sull’Appennino sparando neve artificiale con cannoni ipertecnologici.
Tra i politici c’è insomma chi si rifugia nel passato, facendo finta che la sfida climatica non esista, e chi vaneggia di un futuro prodigioso; ma nessuno affronta la realtà presente.
Oggi il cambiamento climatico è a livelli talmente allarmanti che per gli europei la neve rischia di diventare un puro ricordo, un feticcio nostalgico.
Per il nostro collega che vive in Estonia, questo inverno senza neve sta cambiando la sua vita quotidiana. E non solo: per dirla come ce l’ha raccontata lui stesso nella riunione settimanale del Focus, è una vera e propria ferita all’identità nazionale.

In ogni angolo d’Europa, il cambiamento climatico sta cambiando i connotati al nostro inverno. E più ci confrontiamo, tra europei, da diverse prospettive, più io trovo sconvolgente il modo in cui la nostra classe politica sta rimuovendo il problema.
La verità è che la mancanza di neve è una sentinella della nostra mancanza di iniziativa.
Francesca De Benedetti, caporedattrice di questa settimana


Una questione identitaria

L'autore della storia al traguardo della maratona di Tartu nel 2017. Quell'anno, la distanza della maratona è stata ridotta a soli 34 km a causa delle cattive condizioni della neve.

TALLINN - Secondo un vecchio detto, servono tre cose per fare di te un estone. Devi costruire una casa, piantare un albero e completare la maratona di sci di fondo di Tartu.
Con tutta probabilità, non costruirò mai una casa. Ho piantato un paio di alberi. Ma di sicuro posso spuntare dalla lista la maratona, avendo concluso più volte la classica gara di fondo di 63 chilometri, che prende il nome dalla città nell’Estonia meridionale vicino alla quale ha luogo.
L’entusiasmo inizia a crescere ogni anno nel tardo autunno, quando le giornate qui sono cupe, scure e umide. È allora che controllare le previsioni del tempo fino a dieci giorni in avanti inizia a diventare una sorta di droga. La temperatura scenderà sotto zero? C’è un briciolo di speranza che nevichi? Un paio di gradi in più o in meno può fare la differenza, e rendere questo periodo il più brutto e deprimente dell’anno, o al contrario, un bellissimo inverno nevoso.
Il tempo sta diventando più instabile. Temperature fredde e nevose si trasformano all’improvviso in un clima caldo e piovoso, distruggendo la pista da sci in pochi giorni. Ciò significa che è sempre più difficile godersi gli sport invernali.
Io prendo ogni inverno nevoso e ogni weekend con la neve come se fossero gli ultimi in assoluto. Un paio di weekend fa mi sono costretto a fare un giro di 19 chilometri, sebbene mi fossi appena beccato un terribile raffreddore. Tutto questo perché le previsioni del tempo avevano annunciato, correttamente, che nel fine settimana successivo non ci sarebbe stata più neve.
Sono un amante di uno sport che va scomparendo. Il numero di persone che si iscrivono alla maratona di sci è in calo. Ormai non si può più essere sicuri che l’inverno ci conceda davvero di prepararci per questa dura impresa, o se la maratona effettivamente si svolga.
Lo sci di fondo ha fatto parte dell’identità nazionale estone per decenni. Si tratta di qualcosa che ci ha permesso di sentirci “nordici”, definizione a cui la nazione anela anche per quanto riguarda la qualità della vita. Ma presto dovremo trovare una nuova caratteristica che possa definire cos’è un “vero estone”.
Holger Roonemaa è a capo del team investigativo di Delfi


L’alta società suda freddo

MADRID - La satira non è diversa dalla realtà, quando si parla di riscaldamento globale. Questa è stata la reazione pubblica dopo che la versione spagnola dell'Onion aveva pubblicato un articolo dal titolo: “Le classi agiate iniziano a preoccuparsi del cambiamento climatico quando vedono che non c’è neve a Baqueira”.
Lo sci e gli altri sport che si praticano sulla neve non sono molto popolari in Spagna, dato che qui la norma è il caldo. Le stazioni sciistiche come quella di Baqueira, in Catalogna, sono viste come una meta turistica costosa, che non tutti possono permettersi.
Ma ciò mostra anche la dura realtà del cambiamento climatico: per la Spagna, la carenza di neve oggi significa assenza d’acqua domani. Le riserve idriche nei bacini interni, per esempio, sono al 31 per cento della loro capacità totale. Una cifra che l’Agenzia idrica catalana (ACA) non esita a definire "preoccupante".
Alicia Alamillos si occupa di cronaca internazionale per El Confidencial


La neve è una sentinella

Il villaggio di Adelboden, in Svizzera, dove si è svolta l'ultima coppa mondiale di sci, senza neve. Foto AP

ROMA – Isole di neve artificiale in mezzo al verde dell'erba: l’immagine che meglio racconta l’ondata di caldo in Europa arriva dalla coppa del mondo di sci ad Adelboden, in Svizzera.
La crisi climatica significa anche crisi della neve, che è uno dei più chiari indicatori del cambiamento climatico.

Ci adattiamo alla crisi con un approccio da ordinaria amministrazione: neve artificiale, sparata con cannoni e trasportata con camion o elicotteri sulle piste da sci. Ci ritroviamo in un mondo più caldo di 1,2 gradi; e come potranno, le comunità montane, adattarsi al mondo più caldo di ben 2,8 verso il quale ci proiettano le politiche energetiche attuali?
In questo momento della storia del riscaldamento globale, la neve artificiale è un dispendioso diversivo. Una pista da sci ha bisogno in media di 20mila metri cubi d’acqua per funzionare. L’unica via è rinunciare ai combustibili fossili, ma non è ciò che accade.

Come presidente della prossima conferenza Onu sul clima, gli Emirati Arabi hanno nominato il sultano Al Jaber, amministratore delegato della Abu Dhabi National Oil Company: guiderà i negoziati che dovrebbero portarci a rinunciare a petrolio, carbone e gas naturale.
Già la Cop27, è stata un trionfo dello status quo energetico: nessun impegno per la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici. Ed è difficile essere fiduciosi sul prossimo vertice, ospitato da un petrostato e presieduto da un ceo di Big Oil.
Mi raccomando: non lasciatevi ingannare dalle prossime settimane di tempo gelido. La cruda verità è che stiamo perdendo terreno a favore della crisi climatica.
La neve artificiale ci farà guadagnare un po’ di tempo, ma una grande crisi richiede una grande risposta: la riduzione delle emissioni. Non c’è altra via.
Ferdinando Cotugno è un giornalista esperto di temi ambientali


Ah, i bei tempi!

La prima tappa della coppa del mondo di sci alpino a Sölden, a ottobre. Foto: Ötztal Tourism.

PARIGI - «Com’era sciare sulla neve?». Anne-Sophie Barthet, della squadra francese di sci alpino, ha messo questa domanda in bocca a un bambino del futuro, in un tweet del 2018 che voleva essere un’allerta sul cambiamento climatico e sui danni che causa alle montagne. Si stava allenando sul ghiacciaio di Tignes quando ha pubblicato questa sua nota.
Cinque anni dopo, quello scenario è realtà. Le temperature miti e l’assenza di neve sulle cime francesi stanno mandando a monte l’organizzazione di diverse competizioni ed eventi sportivi.
A gennaio la stazione sciistica di Tignes è stata costretta a cancellare il trofeo Andros, una gara automobilistica su ghiaccio. A Les Contamines la coppa del mondo di telemark è stata posticipata a febbraio. Queste temperature elevate hanno innescato un movimento tra gli atleti professionisti di sport invernali. La campagna Athletes for Action è stata creata proprio per affrontare il cambiamento climatico.
Léa Masseguin fa parte della redazione Esteri di Libération


Quando lo sci va in perdita

La coppa del mondo di biathlon della scorsa settimana a Ruhpolding, in Baviera, ha rischiato di trasformarsi in una catastrofe quando gli organizzatori si sono trovati di fronte a dei pascoli verdeggianti. L’evento si è svolto a 9 gradi. Foto: imago/Sven Simon.

BERLINO – La Germania è una nazione di sport invernali, come dimostrano le sue 434 medaglie conquistate alle Olimpiadi invernali, oltre che i 14 milioni di cittadini che ogni anno si dirigono verso le piste da sci. Dunque non dovrebbe stupire affatto, che il debole che questa nazione ha per lo sci e lo snowboard si sia sviluppato in un’industria da diversi miliardi di euro. Il 2,3 per cento del prodotto interno lordo annuo della Germania deriva proprio dallo sport e dalle spese ad esso associate. Gli sport invernali racimolano un quinto di quella quota (circa quindici miliardi di euro), pur richiedendo solamente un cinquantesimo delle spese del paese per le infrastrutture sportive.

Un così solido margine di guadagno ha incentivato circa 400 comuni meridionali a investire pesantemente in piste da sci impeccabili. Ma il turismo degli sport invernali ha bisogno di un ingrediente essenziale: la neve; e ne cade sempre meno.
La Baviera ospita otto tra i dieci maggiori impianti sciistici della Germania. Il cambiamento climatico, però, non è dalla parte di questa regione, dal momento che la temperatura media annuale nelle Alpi Bavaresi è aumentata di 1,5 gradi negli ultimi sessant’anni.
Ad aggravare la situazione c’è il bisogno di utilizzare cannoni sparaneve sempre più potenti. Un ettaro di pista innevata artificialmente richiede fino a tre milioni di litri d’acqua (o 20mila vasche da bagno), e la Germania ha non meno di 93mila ettari di piste da mantenere.
Anche con i cannoni in funzione, la metà degli impianti sciistici della Baviera rischia di scomparire entro i prossimi vent’anni.
Nonostante la minaccia esistenziale e i danni ambientali in aumento, gli sport invernali in Germania restano per ora un business redditizio. Abbastanza redditizio da ospitare una recente gara di biathlon nella città bavarese di Ruhpolding, nonostante l’assenza di nevicate o temperature sotto lo zero. Ma mentre la crisi climatica ed energetica infuria, il prezzo da pagare per un pezzo di terreno bianco puro rischia di diventare insormontabile.
Alexander Kloss è un reporter di Tagesspiegel


Per dare l'allerta sul cambiamento climatico, gli attivisti per il clima lanciano vernice su sculture, dipinti, e persino sui palazzi delle istituzioni. Ma non penso esista messaggio più efficace della colata color bianco che avanza a fatica sulle montagne d'Europa.

Qual è la tua impressione su questo tema? Ci piacerebbe riceverla, alla mail collettiva info@europeanfocus.eu se vuoi mandarcela in inglese, oppure a francesca.debenedetti@editorialedomani.it
Al prossimo mercoledì! Francesca De Benedetti


(Versione in inglese e portale comune qui; traduzione in italiano di Marco Valenti)

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