Eccoci di nuovo insieme, Europa!
Siamo alla quarantatreesima edizione dello European Focus!
Sono Francesca De Benedetti, la caporedattrice di questa settimana, e scrivo da Roma.
La scorsa settimana la squadra di European Focus si è ritrovata a Varsavia, nella sede di Gazeta Wyborcza, per lavorare al progetto. E anzi, se vuoi contribuire con un tuo feedback, ti invito a mandare una mail a francesca.debenedetti@editorialedomani.it
Ad ogni modo, lo spunto per questa edizione è emerso la sera prima di iniziare i lavori, quando la nostra collega francese ha raggiunto me e Teresa di Tagesspiegel davanti a un piatto di pierogi.
Nelly di Libération si è presentata con un enorme zaino, pieno di appunti e di… barattoli di cetrioli sotto aceto.

Era stata in Podlesia a intervistare gli agricoltori polacchi. Ci ha raccontato di quanto siano infuriati per il grano a basso costo ucraino arrivato nel mercato polacco, e ci è parso chiaro che questo tema avrà anche un impatto sulle elezioni di ottobre in Polonia.
Sapendo che questo venerdì a Bruxelles sarebbe scaduto – salvo proroghe - lo stop all’import del grano ucraino, abbiamo deciso di metterci sulle tracce del grano. Seguiamo insieme la via che porta da Kiev all’Ue.
Francesca De Benedetti, caporedattrice di questa settimana


LA DESTRA POLACCA INNALZA MURI ANCHE COL GRANO

Gli agricoltori polacchi protestano a Czerniszyn, vicino al confine con l’Ucraina. Il manifesto recita “Ue”, “Governo” e, in basso da sinistra, “Oligarchi” e “Pignoramento”. Jakub Orzechowski / Agencja Wyborcza.pl

VARSAVIA - «Non permetteremo l’importazione dei cereali ucraini in Polonia dopo il 15 settembre, anche se l’Unione europea sarà contraria», ha affermato pochi giorni fa il ministro polacco dell’Agricoltura, Robert Telus. E ha anche tenuto a sottolineare: «Per noi gli interessi degli agricoltori polacchi sono della massima importanza».
Il bando Ue delle importazioni di cereali polacchi scadrà a metà settembre, e il governo polacco dovrebbe rimuovere tutte le barriere a partire da quel momento. Ma il governo trainato dal partito Diritto e giustizia (il Pis alleato di Giorgia Meloni in Europa) non intende farlo.
Uno dei motivi di questo rifiuto è che il mercato polacco è stato inondato di cereali ucraini lo scorso maggio. Gli agricoltori polacchi non hanno potuto vendere il proprio grano coltivato nel paese, che giace inutilizzato nei magazzini.
In quel periodo il grano ucraino avrebbe dovuto solamente transitare per la Polonia ma, molto probabilmente, alcune aziende polacche hanno deciso di portarlo sul mercato locale. Le ispezioni hanno rivelato che i cereali erano di scarsa qualità e attualmente la procura sta indagando sull’accaduto.
Ma l’intero caso ha un forte sfondo politico per via delle prossime elezioni politiche che si tengono in Polonia il 15 ottobre. La questione delle importazioni di cereali ha causato malcontento tra gli agricoltori, senza il cui sostegno il partito al governo, Diritto e giustizia, non otterrà la vittoria al voto decisivo.
Il Pis deve inoltre anche competere con Konfederacja, il partito di estrema destra al terzo posto nei sondaggi, e che ha assunto una posizione anti ucraina. Ecco perché i politici del Pis si mostrano determinati a bloccare l’importazione dei cereali ucraini.
Il governo è intenzionato a mantenere questo divieto, anche se dovesse venire fuori che si tratta di una violazione del diritto comunitario. È probabile, quindi, che la Commissione europea imporrà delle sanzioni economiche alla Polonia.
Il prezzo di questa sfida ricadrà probabilmente sui cittadini. Dopotutto, per motivi di conflitto politico con Bruxelles, la Polonia non ha ancora ottenuto i finanziamenti del Recovery Fund.
Michal Kokot fa parte della redazione Esteri di Gazeta Wyborcza


I DOLORI DEL POLLO ARROSTO FRANCESE

PARIGI - In Francia, il pollo arrosto preparato per il pranzo della domenica è una tradizione consacrata dal tempo. Il piatto preferito dai francesi è praticamente alla portata di tutti. Si può trovare un pollo ruspante biologico a venti euro, così come pollame per meno di dieci euro, spesso venduto nelle macellerie halal, dove gli studenti squattrinati possono permettersi solamente un sacco di patate.
Si tratta anche di un simbolo dell’agricoltura in Francia, dove si continua ad allevare polli da batteria. Ma dal 2022 il mercato francese del pollame è in crisi. L’eliminazione delle restrizioni alle importazioni di pollame ucraino verso il mercato dell’Unione europea ha posto il settore di fronte a una concorrenza inaspettata.
Nel primo semestre del 2022, le importazioni di pollo ucraino in Francia sono aumentate drasticamente del 120 per cento, e da allora sono cresciute a un ritmo più moderato. Con il blocco russo del mar Nero, l’Ucraina «non può più esportare [via nave] in Medio Oriente, il quale costituiva uno dei suoi principali clienti». spiega Yann Nédélec, direttore dell’associazione dei produttori di pollame. «E quindi è passata all’esportazione verso l’Europa via camion».
Gli allevatori di pollame francesi considerano come concorrenza sleale l’arrivo massiccio di polli fin quattro volte più economici di quelli locali. L’Ucraina non deve rispettare gli stessi standard di qualità dei paesi dell’Unione europea, e ha enormi aziende agricole con oltre un milione di capi di pollame, mentre le aziende agricole più grandi della Francia ne contano solo poche decine di migliaia.
Inoltre, le massicce esportazioni verso l’Ue portano vantaggio soprattutto a un solo uomo, l’oligarca Yuriy Kosiuk, che controlla l’ottanta per cento del mercato del pollame ucraino attraverso la sua società MHP. Questa mega azienda ha sede a Cipro ed è quotata alla borsa di Londra.
Nel mese di giugno, l’industria del pollame ha chiesto al ministro dell’Agricoltura di “attivare la clausola di salvaguardia europea per fermare l’asfissia del settore” e sospendere le importazioni. Inaspettatamente, questa richiesta ha ricevuto ben poco interesse da parte della classe politica, anche all’estrema destra.
Nelly Didelot fa parte della redazione Esteri di Libération


L'UNGHERIA GIOCA D'AZZARDO. E STAVOLTA FORSE VINCE

Le minacce del ministro dell’Agricoltura ungherese István Nagy contro i prodotti ucraini saranno accolte dai suoi vicini dell’Ue?

BUDAPEST - L’Ungheria – il figliol prodigo dell’Ue – è pronta a infrangere ulteriormente le regole del blocco.
Il ministro dell’Agricoltura István Nagy ha giurato di combattere l’importazione di cereali ucraini a basso costo nel proprio paese, anche se ciò dovesse innescare l’ennesima procedura di infrazione.
In un’intervista il ministro ha affermato che se l’Ue non estenderà il divieto di importazione dei cereali dal proprio vicino orientale devastato dalla guerra, l’Ungheria manterrà questo divieto in maniera unilaterale su quattro dei 24 prodotti contemplati.
Nagy ha ammesso che ciò porterebbe «ovviamente» a uno scontro con Bruxelles. In tal caso, Budapest andrebbe oltre, estendendo il bando a tutti i prodotti in questione.
Spesso le minacce del governo ungherese sembrano vuote, ma stavolta potrebbe andare diversamente. Budapest ha già avviato i negoziati con Polonia, Slovacchia, Bulgaria e Romania sul tema delle importazioni ucraine a basso costo: ciò rende l’Europa centrale una forza da non sottovalutare.
Viktória Serdült è giornalista di HVG


LA GUERRA DEL GRANO VISTA DAI SILOS

Foto AP

KIEV - Fra tutte le aziende agricole ucraine, la Nibulon è probabilmente quella la cui storia mostra meglio l’impatto della guerra in corso, per via della scala e della portata delle sue attività: ha lavorato milioni di tonnellate di raccolti, ha acquistato da piccoli agricoltori, ha costruito granai e ha sviluppato una flotta commerciale e una flotta passeggeri sul fiume Dnepr e nel mar Nero.
Prima della fine degli anni Novanta, le città di Kiev, Dnipro, Zaporizhzhia, Mykolayiv e Odessa erano collegate da rotte navali, e gli spostamenti erano veloci ed economici; la Nibulon era lì per rivitalizzare questi corridoi di rifornimento.
La guerra ha colpito la Nibulon su diversi fronti. Molti dei suoi campi agricoli sono stati occupati dalla Russia, altri sono stati minati o pesantemente bombardati dagli invasori. L’azienda ha perso il 40 per cento della propria forza lavoro, tra chi ha lasciato il lavoro e chi si è arruolato. Quando la Russia ha tentato di spingere l’Ucraina fuori dal mercato mondiale dei cereali, ha preso di mira i granai. Ora, la flotta fluviale è di nuovo un sogno: sono circa 50 le navi passeggeri che non possono muoversi, e l’utilizzo del basso corso del fiume Dnepr non è un’opzione.
Inoltre, lo scorso luglio la Russia ha colpito la casa del proprietario e amministratore delegato dell’azienda, Oleksiy Vadatursky. Lui si è rifiutato di lasciare la propria città natale di Mykolayiv. Un missile ha ucciso lui e sua moglie. Il figlio di Vadatursky, Andriy, ha rilevato l’attività.
Via via che la situazione si stabilizzava, è diventato chiaro che la più grande sfida per l’azienda sarebbe stata quella di mantenere le proprie rotte di esportazione. Trasportare in treno il grano verso i porti dell’Ue si è rivelato lento e complesso, e ha innescato inquietudini in diversi paesi.
L’ostilità di Polonia e Slovacchia nei confronti del transito dei cereali ha lasciato aperta un’altra opzione: portare il grano al porto marittimo rumeno di Costanza attraverso il Danubio per poi spedirlo altrove. Questa scelta si è rivelata efficace, finché la Romania sta al gioco. Ecco perché i russi ora attaccano i granai della Nibulon e di altre aziende lungo il tratto ucraino del Danubio. Per lo più senza ottenere alcun risultato, almeno per ora.
Anton Semyzhenko si occupa della sezione in lingua inglese di babel.ua


IL NUMERO DELLA SETTIMANA - 60%

BUCAREST - La Romania è venuta in aiuto dell’Ucraina dopo che la Russia ha infranto un accordo di spedizione stipulato per il tempo di guerra, che consentiva il passaggio sicuro dei cereali attraverso il mar Nero.
Il 60 per cento delle esportazioni di cereali dell’Ucraina accederà ai mercati mondiali tramite la Romania. Ad agosto Kiev e Bucarest hanno raggiunto un accordo per aumentare le esportazioni di cereali del paese devastato dalla guerra e migliorare le infrastrutture di transito fluviale, ferroviario e marittimo, compresi i valichi di frontiera.
Allo stesso tempo, il vicino dell’Ucraina funge da paese di transito, poiché in precedenza aveva protetto i mercati rumeni dalle importazioni di cereali ucraini, inseme alla Slovacchia, all’Ungheria, alla Bulgaria e alla Polonia.
L’anno scorso, prima di questo divieto, la Romania ha acquistato il tredici per cento delle esportazioni di cereali dell’Ucraina, per un valore di 1,2 miliardi di dollari.
Boróka Parászka scrive per Hvg da Târgu Mureș


Penso al fatto che nel 2005 i francesi hanno votato contro il progetto di Costituzione europea, e a quanto i politici di destra all’epoca facessero leva sullo spauracchio del plombier polonais, l’idraulico polacco, simbolo del lavoro a basso costo proveniente da Est.
E ora è la Polonia stessa ad agitare alle elezioni lo spauracchio di arrivi a basso costo da Est. Mantenere un’unità come europei continua a essere la grande sfida, e del resto è per questo che esiste la nostra newsletter paneuropea.
Qual è la tua impressione su questo tema? Ci piacerebbe riceverla, alla mail collettiva info@europeanfocus.eu se vuoi mandarcela in inglese, oppure a francesca.debenedetti@editorialedomani.it
Alla prossima edizione! Francesca De Benedetti


(Versione in inglese e portale comune qui; traduzione in italiano di Marco Valenti)

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