Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà alcuni stralci del suo libro, “C'era una volta il pool antimafia”, edito da Zolfo Editore


Mi hanno scelto perché c’era bisogno di uno che sapesse fare squadra e io garantivo in qualche modo quell’unità di intenti e di comportamenti di cui il pool aveva assolutamente necessità.

Ritengo sia andata proprio così, che Giovanni, Paolo e Peppino abbiano fatto il mio nome al consigliere istruttore Caponnetto perché credevano che io li avrei potuti davvero aiutare e sostenere con il mio lavoro da mediano. Un lavoro quotidiano, meticoloso, infaticabile.

Il pool aveva bisogno anche di uno come me.

D’altronde il campione, il fuoriclasse, c’era già: Giovanni Falcone. Era il punto di riferimento di un gruppo solido e affiatato.

A pensarci adesso, eravamo diversi uno dall’altro. Anche per il nostro “credo” politico. Borsellino, che Falcone prendeva in giro chiamandolo “camerata”, in realtà si professava ‒ chissà, era vero o Paolo ci scherzava sopra? ‒ “monarchico”. Poi c’erano gli altri sparsi per le varie anime della sinistra. Falcone e io più moderati, Giuseppe Di Lello un po’ più a sinistra di tutti noi. Ma in quella stagione di Palermo le nostre opinioni politiche contavano davvero ben poco, anzi niente. Contava applicare la legge senza guardare in faccia nessuno. Lo posso dire con assoluta certezza: nessun provvedimento adottato in quegli anni è passato al vaglio delle lenti deformanti delle nostre idee politiche.

Ricordo un episodio, tra i tanti, a tal proposito. Un giorno Falcone incriminò un falso pentito, Giuseppe Pellegriti, che stava raccontando frottole su Salvo Lima e lo accusava, pur sapendolo innocente, di essere stato il mandante degli omicidi di Carlo Alberto dalla Chiesa, Emanuela Setti Carraro, Domenico Russo, Pio La Torre e Rosario Di Salvo.

Lo sapevano tutti chi era Salvo Lima, uno dei potenti della Sicilia, ritenuto il proconsole di Giulio Andreotti nell’isola e contiguo ad ambienti mafiosi, come si sussurrava in giro, ma Falcone non si pose nemmeno per un istante il problema: Pellegriti andava incriminato per calunnia.

Per essersi comportato in tal modo, Giovanni subì duri attacchi da chi all’improvviso ‒ paradossalmente proprio per la sua onestà intellettuale ‒ aveva perso fiducia in lui.

Per raccontare quegli anni e quella esperienza giudiziaria devo insistere su questo punto: l’unica nostra guida era la legge, il rispetto delle regole.

Voglio però ritornare alla telefonata del consigliere Caponnetto e a cosa accadde dopo, quando accettai di entrare nel pool. Da quel momento tutto cambiò, come dicevo, e anche in fretta. Il giorno seguente, mentre stavo riposando, ricevetti la telefonata di un maresciallo dei carabinieri che mi preannunciò che da lì in poi sarei stato sotto tutela.

“Mi raccomando, domani non esca se non arriva la scorta”, mi preannunciò. Da allora per 31 anni in servizio e per tre anni e sei mesi da pensionato non sono più rimasto solo. Ho sempre avuto come angeli custodi a Palermo e fuori Palermo i poliziotti che hanno accompagnato ogni mio movimento. All’inizio in maniera discreta, poi in misura rinforzata. Anno dopo anno. Ricordo che ci fornirono un impermeabile anti-proiettile di cui si volle provare la “tenuta”, ma si accertò che non era di alcuna utilità, essendo dotato di una blindatura “morbida” che non aveva opposto “resistenza” ai colpi di pistola esplosi contro in prova al poligono della Guardia di Finanza.

Sì, la mia vita è proprio cambiata. Dalle tranquille passeggiate per il centro e le gite a fine settimana nella nostra casetta di Trabia all’isolamento più totale. E a volte mi è capitato di vivere episodi che mai avrei pensato di vivere. Un giorno, al rientro a casa, i poliziotti della scorta, preoccupati dalla presenza di un uomo sul tetto dell’edificio di fronte alla mia abitazione e temendo che si fosse appostato con cattive intenzioni nei miei confronti, per proteggermi fecero scudo con i loro corpi portandomi di peso dalla strada all’androne dello stabile. Poi venne accertato che si trattava di un tecnico che stava montando una parabola per la tv.

Con il passare del tempo il livello di protezione si fece sempre più alto.

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