«Emerge con chiarezza che in seno al Centro Aletti è presente una vita comunitaria sana e priva di particolari criticità»: questo, in sintesi, il risultato della visita canonica disposta dal cardinale vicario di Roma, il vescovo Angelo De Donatis, sul Centro fondato e a lungo diretto da Marko Rupnik, l’ex gesuita accusato di aver abusato di almeno una ventina di donne.

Non solo: il cardinale vicario mette in dubbio una sentenza del dicastero per la Dottrina della fede (ex Congregazione), quando dichiara che «il visitatore ha potuto riscontrare e ha quindi segnalato procedure gravemente anomale il cui esame ha generato fondati dubbi anche sulla stessa richiesta di scomunica».

Scomunica in cui era incorso Rupnik per aver assolto in confessione una donna con cui aveva avuto un rapporto sessuale e che gli era stata rimessa pochi giorni dopo, molto probabilmente dal papa in persona. Ora, il fatto che il vicario generale oggi dichiari di aver «rimesso la relazione alle Autorità competenti» per la gravità dei riscontri sulla «richiesta della scomunica», sembra evidenziare uno scontro sotterraneo in Vaticano nel nome di Rupnik.

L’indagine

La visita canonica, avviata il 16 gennaio scorso, aveva l’obiettivo di indagare sulle dinamiche interne all’équipe del Centro Aletti, associazione pubblica di fedeli dal giugno 2019, e in particolare, sui rapporti fra l’attuale gruppo dirigente e Rupnik. La relazione finale del visitatore incaricato, don Giacomo Incitti, docente di diritto canonico presso la Pontificia università urbaniana, è chiara: nulla da eccepire su quel che succede in via Paolina.

Anzi, il gruppo ne è uscito rinsaldato: «la vicenda – a giudizio di Incitti – ha aiutato le persone che vivono l’esperienza del Centro Aletti a rafforzare la fiducia nel Signore, nella consapevolezza che il dono della vita di Dio si fa spazio anche attraverso la prova».

I membri del Centro Aletti, ha appurato il visitatore, «benché amareggiati dalle accuse pervenute e dalle modalità con cui sono state gestite, hanno scelto di mantenere il silenzio – nonostante la veemenza dei media – per custodire il cuore e non rivendicare una qualche irreprensibilità con cui ergersi a giudici degli altri».

Nessun problema

Nessun problema, quindi. Niente da dire sul fatto che la direttrice Maria Campatelli fosse in prima fila il 5 marzo scorso, insieme al resto dell’équipe e al gruppo dei gesuiti (ora usciti dallla Compagnia dopo l’espulsione di Rupnik, ratificata lo scorso 14 luglio), quando Rupnik concelebrava nella basilica di Santa Prassede a Roma, violando il divieto dei suoi superiori di esercitare attività ministeriale e sacramentale in pubblico.

Niente da dire nemmeno sugli esercizi spirituali che Rupnik avrebbe dovuto condurre per il Centro Aletti, in violazione delle restrizioni imposte dalla Compagnia; e, soprattutto, niente da rilevare sugli abusi che il sacerdote e artista commetteva anche nei locali del Centro, a Roma, approfittando del suo ruolo, come più di una vittima ha testimoniato alla Compagnia di Gesù nel corso dell’indagine avviata lo scorso febbraio.

Tutto nella norma, insomma. Si sono rese necessarie alcune modifiche allo Statuto, vista l’uscita della compagine dei gesuiti dal Centro ma, a parte questi aggiustamenti tecnici, restano «integre le finalità fondative».

La regia del papa

Resta da vedere che cosa succederà adesso che il cardinale De Donatis ha lanciato la bomba sulla scomunica, imposta a Rupnik nel 2020 con una sentenza firmata dal cardinale Luis Ladaria Ferrer, all’epoca prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.

Al netto della successiva revoca, mettere in dubbio i presupposti per la scomunica appare un chiaro atto di sfida nei confronti del Dicastero vaticano, con un unico obiettivo di fondo: la riabilitazione di Rupnik, in spregio alla Compagnia di Gesù che ne ha deciso l’espulsione e dei vescovi sloveni che hanno condannato gli abusi – per non parlare delle vittime.

Non solo: difficile pensare che dietro il pesante attacco di De Donatis non ci sia l’approvazione, se non addirittura la regia, del papa. Lo stesso Francesco, d’altronde, appena tre mesi fa aveva illustrato proprio un mosaico di Rupnik presente a Santa Marta durante un messaggio a un congresso mariologico brasiliano, segno inequivocabile di sostegno al discusso confratello.

Tre giorni fa, la direttrice del Centro, Maria Campatelli, che non ha mai fatto mistero di essere totalmente dalla parte di Rupnik, anche attraverso lettere pubbliche in cui l’ex sacerdote veniva dipinto come vittima di stampa e gesuiti, è stata ricevuta dal papa in colloquio privato. Oggi, alla luce dell’esito della visita canonica, non è difficile immaginare che al cuore dell’incontro in Vaticano ci sia stato un cordiale avallo delle attività del Centro, che potrà quindi portare avanti le redditizie opere di Rupnik con la benedizione di Francesco.

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