«A Londra controllano quasi tutte le piazze di spaccio, sono protagonisti nel traffico mondiale di cocaina», dice il procuratore capo di Napoli nell’intervista rilasciata a Nello Trocchia, inviato di Domani, e pubblicata nel libro Invincibili, edito da Rizzoli. Un’inchiesta sul potere e gli affari segreti della mafia albanese
Ho parlato con diversi imprenditori, conoscitori dell'Albania. Auto di lusso, palazzoni, resort, qualcuno la chiama la Dubai alle porte dell'Europa. Lei come definirebbe quel Paese e il livello di contrasto ai fenomeni corruttivi e di riciclaggio?
Oggi, i gruppi criminali albanesi dispongono di enormi capitali e possono contare su appoggi e coperture in ambito istituzionale. Fanno costante ricorso alla corruzione, avvalendosi delle più moderne tecnologie informatiche. Contrariamente ad altre mafie che non investono nei territori d'origine, i gruppi criminali albanesi riciclano i loro proventi in varie industrie e settori imprenditoriali del loro Paese e sono sempre più orientati verso la conquista di nuovi mercati.
L'Albania è diventata una sorta di Eldorado del cash flow. Il contante oggi è trasferibile grazie a sistemi antichi, ma utilissimi, come l'hawala, ed è utilizzabile anche in Europa in virtù delle asimmetrie sul limite che esiste nel suo uso, diverso da Paese in Paese. Come giudica il sistema normativo di contrasto al crimine organizzato in Albania?
È un sistema che va affinato. Non è all'avanguardia. Bisognerà combattere le connessioni tra criminalità e settori politico-economici, la corruzione, potenziando il sistema di sequestri e confische di beni provenienti da attività illecite. Inoltre, è necessario garantire l'isolamento totale dei detenuti pericolosi per impedire comunicazioni esterne con gruppi criminali ed è essenziale riformare e migliorare il sistema giudiziario per preservarne l'integrità e l'efficacia proteggendolo da corruzione e influenze politiche. Comunque, qualcosa sta cambiando, grazie alle squadre investigative comuni. Per esempio, negli ultimi tempi, sono finiti in carcere alcuni importanti narcotrafficanti albanesi, alcuni dei quali hanno deciso di collaborare con la giustizia. Con le dichiarazioni dei primi collaboratori di giustizia albanesi si inizia a elevare il livello delle indagini, con importanti risultati nella lotta al riciclaggio dei proventi illeciti.
Nel recente passato diversi osservatori e l'ex presidente Sali Berisha definivano l'Albania un narcostato, è un'esagerazione?
No, tutt'altro. I gruppi albanesi hanno iniziato a trafficare in marijuana per passare successivamente all'eroina, grazie ai rapporti con la mafia turca, e infine alla cocaina, di cui sono diventati broker internazionali. I proventi di queste attività hanno dato ulteriore potere economico e politico ai gruppi albanesi che hanno molte affinità con la 'ndrangheta, dal familismo ai rigidi codici comportamentali, basati sulla besa, il senso dell'onore e della parola data, dalla capacità di infiltrazione nel tessuto economico-finanziario al condizionamento del settore politico-amministrativo.
Tra i protagonisti del mio libro ci sono i narcotrafficanti, alcuni pianificano omicidi dal carcere, gestiscono traffici, ordinano rappresaglie. Che ruolo ha la mafia albanese in Europa?
È molto forte. È presente nei porti di Rotterdam, Anversa e Amburgo; gestisce gran parte della cocaina venduta in Europa e controlla quasi tutte le piazze di spaccio a Londra. È una delle organizzazioni criminali che sta aumentando in modo esponenziale il peso della sua presenza a livello internazionale, consolidando il controllo su rotte di traffico, in particolare nel settore della droga, della prostituzione e delle armi. Grazie a una struttura molto impermeabile e a legami sinergici con altri gruppi transnazionali, i clan albanesi sono riusciti a infiltrarsi in vari mercati legali e illegali, aumentando la loro influenza non solo in Albania, ma anche in Europa e in altre aree del mondo.
Le autorità di controllo italiane quanto stupefacente (in percentuale) in ingresso riescono a intercettare?
È difficile quantificare la percentuale dello stupefacente che viene sequestrato, ma non dovrebbe superare il 10-15 per cento.
Quali rapporti ha la mafia albanese con le nostre mafie?
È diventata partner commerciale della 'ndrangheta, grazie alla quale è riuscita a radicarsi in America Latina e in particolar modo in Ecuador, Colombia e Brasile. E ha rapporti con le principali organizzazioni criminali transnazionali che operano in Europa, Nord e Sud America. E guarda con crescente interesse ai mercati asiatici e australiani. Quanto l'economica illegale contamina quella legale? E pensa che l'Europa stia facendo abbastanza? Le cifre parlano chiaro. In Europa si riesce a confiscare meno del 2% dei beni illegalmente conseguiti. Il resto entra con una facilità impressionante nell'economia legale. Bisognerebbe fare di più, omologando le strategie di contrasto. È opportuno dare la caccia ai facilitatori e ai faccendieri che spesso sono alla base delle strategie di reinvestimento dei
capitali mafiosi.
Nella sua lunga carriera di magistrato, quando si è accorto che la mafia albanese stava diventando egemone?
Da almeno dieci anni, continuo a dire che i gruppi albanesi non sono più quelli che facevano irruzione nelle ville delle regioni del nord. Da tempo, sono entrati nel grande giro del narcotraffico internazionale, diventando una potenza economica e finanziaria, come dimostrano gli investimenti in Albania che stanno cambiando il volto di città come Tirana, Durazzo, Elbasan e Valona.
A Roma la colonna romana degli albanesi ha ucciso, spacciato, torturato, importato tonnellate di coca e non c'è una sentenza per mafia. Quanto siamo indietro anche sul piano giudiziario nella lotta al crimine organizzato?
Siamo molto indietro, soprattutto nel contrasto alle mafie non autoctone, tuttora molto sottovalutate. Nel caso dei gruppi albanesi, mi sento di dire che hanno tutte le caratteristiche delle nostre mafie: dal controllo del territorio, soprattutto nelle regioni del centronord, alla capacità di offrire servizi e garantire sicurezza e protezione. Oltre ariscuotere crescenti quote di consenso, si avvalgono di una radicata connivenza omertosa, sviluppando rapporti sempre più stretti con imprenditori, politici e professionisti.
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