Eccolo il mito. Eccola, l’epica. Tutto quanto si temeva si fosse estinto dal tennis dopo il ritiro di Federer e Nadal e l’anzianità di Djokovic. Una di quelle partite che si impongono su qualunque altro impegno uno abbia. Uno di quegli eventi sportivi che alla fine è difficile catalogare e probabilmente non vanno nemmeno inseriti in nessuna lista. Vince Alcaraz perde Sinner dopo quasi cinque ore e mezza di battaglia, dopo discese ardite e risalite che poi sfociano in un attimo o in un insieme di attimi.

Quelli ad esempio che si sono susseguiti quando Jannik ha avuto tre match point nel quarto set e si è irrigidito quel tanto che basta perché bel tennis contemporaneo tre match point diventino tre incubi. E poi il super-tiebreak finale che già per definizione è un gioco a parte, una fabbrica di lampi che può girare da una parte e dall’altra a seconda di come le gambe girano, gli dei decidono, la luce cambia.

Ragioni per gioire

Si alzi in piedi chi ricorda un giocatore come Carlos Alcaraz capace, dopo le già citate cinque ore e mezza o giù di lì, di tirare una sequenza impressionante di vincenti da ogni parte del campo, di giocare sulle righe con un anticipo sulla palla di cui in genere si può disporre a inizio match , non alla fine.

Il tennis gioisce perché dimostra di poter ancora offrite incontri che scatenano l’emozione anche se si rivelano eccezionali sono a tratti. Il team Alcaraz gode per la conquista del quinto titolo Slam e per la dimostrazione che non sarà in vetta alla classifica mondiale ma di sicuro è lui oggi il giocatore che dispone di più soluzione fra lui e Sinner, almeno sulla terra.

Jannik deve gioire lo stesso non foss’altro perché la sua di storia trarrà dalla finale del Roland Garros 2025 l’energia per dare vita a nuovi capitoli. Per quest’anno non si parlerà più di Grande Slam ed è una fortuna. Jannik stava correndo il rischio, a causa del suo essere leader della classifica Atp da oltre un anno, di vedere magari calare quel desiderio di miglioramento che solo gli obiettivi da raggiungere e che si ammantano anche un po’ di mito posso fornire. Come fu per Federer proprio il titolo parigino raggiunto nell’unica opportunità che Rafa Nadal gli ha concesso nel corso del suo straordinario ventennio.

Ora Sinner al quale può essere imputato solo un rendimento al servizio insufficiente (prime al 51 per cento) si è liberato da quel rischio. Ha assaporato l’amarissimo calice che lui stesso ha inflitto a Djokovic in Coppa Davis quando la sua stella ha preso a brillare come una supernova: tre match point sono attimi, sono secondi che per loro stessa natura possono prendere una direzione completamente diversa da quella attesa. Jannik non li ha concretizzati ma forse questa era la destinazione che la sorte aveva immaginato per questa finale: riallacciare il filo con un passato in cui il tennis emozionava anche in forza della qualità dei suoi interpreti. Lui dovrà pensare a essere il prossimo che dopo cinque ore di gioco riesce a giocare almeno una ventina di palle impossibili. Il futuro è cominciato sullo Chatrier in una deliziosa giornata di prima estate.

La vittoria di Errani e Paolini

E la giornata era cominciata con il trionfo nel doppio femminile di Sara Errani e Jasmine Paolini che hanno ribadito superando Danilina e Krunic 6-4 2-6 6-1. Sullo stesso campo dove nell’estate scorsa avevano conquistato l’oro olimpico.

Quella delle due ragazze italiane è un team che oltre a portare onore e gloria ad entrambe (anche se più di qualcuno ogni tanto afferma che senza gli impegni nel doppio Jas vincerebbe di più in singolare) rappresenta un esempio di come si possa essere leader senza perdere il sorriso, anzi: trovando nel fatto stesso di giocare il motivo scatenante di quei sorrisi.

C’è poco da ridere di questi tempi è certamente vero: ma una semplice iniezione di armonia anche come esempio per chi (tutti) nello sport come bella vita corredata dal fatto che perdere non è bello ma vincere non è la sola cosa che conta diciamo che è una bella e piacevole boccata d’ossigeno per tutti è pure una bella traccia di comportamento per chi deve insegnare sport. Se poi si vince meglio.

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