Il governo, a fine novembre, ha nominato Guido Longo commissario per la Sanità in Calabria. Il presidente del Consiglio era ancora Giuseppe Conte, il ministro della Salute era Roberto Speranza, poi riconfermato in quel ruolo. Una nomina arrivata dopo dimissioni, rinunce e polemiche. Sono passati quattro mesi da allora, ma Longo è rimasto completamente solo, senza il supporto degli uomini e del personale promesso. Un ritardo che ha un effetto devastante nel contrasto al Covid-19.

Una sanità al collasso

In Calabria la pandemia ha trovato una sanità al collasso, impreparata ad affrontare l’emergenza. La situazione è ancora troppo simile a quella di qualche mese fa. È una sanità sfasciata da anni di conflitti di interesse con i piedi di alcuni politici in consiglio regionale e, contemporaneamente, nelle cliniche private, con le mani della ’ndrangheta nella distribuzione della giostra degli appalti, come dimostrano anche le recenti inchieste. Prima che la scelta cadesse sull’ex prefetto, il governo Conte le aveva sbagliate tutte. La scelta del commissario, per un intero mese, era stata affrontata come una nomina di sottogoverno, chi mandare in Calabria se il candidato vicino a quel partito o all’altro, mentre, invece, era ed è una figura chiave per salvare vite e risollevare i conti.

Il caos era iniziato a inizio novembre con l’addio del generale Saverio Cotticelli che non aveva capito che, in quanto commissario, spettasse a lui il compito di elaborare il piano anti Covid. Poi è arrivato Giuseppe Zuccatelli costretto a fare un passo indietro dopo la diffusione di un video in cui parlava di mascherine che non «servono a un cazzo» e «virologi che sono la coda della coda dei medici». Infine Eugenio Gaudio, il commissario durato una notte, indagato (in via di archiviazione) come rivelato da Domani in una inchiesta sui concorsi truccati, e che ha declinato l’invito con la originale scusa della moglie che non voleva trasferirsi a Catanzaro. Alla fine la scelta di Longo, il superpoliziotto, già prefetto di Vibo Valentia, in passato questore e poi al servizio centrale della polizia di stato dove ha seguito la cattura di latitanti e combattuto le mafie.

Una scelta in nome della legalità e per recuperare la credibilità perduta. A distanza di quattro mesi, per il governo, a guida Draghi, la credibilità, in merito al caso, è tornata nuovamente a rischio. Il decreto Calabria, infatti, prevedeva la nomina di subcommissari, fino a tre, e uno staff di 25 unità. Dove sono? Dal ministero della Salute ci dicono che non ci sono novità. «Dei 25 funzionari promessi ne sono arrivati solo quattro, i subcommissari, invece, li aspetto ancora», dice il commissario Longo. La situazione, in Calabria, è drammatica. «Al momento il piano contro il Covid non è stato ancora approvato dal governo, ma anche sul piano vaccinale abbiamo gravi ritardi, non sappiamo neanche quando si vaccineranno gli over 80. Abbiamo dosi nei frigoriferi e altre ne arriveranno, ma manca il personale», dice Angelo Sposato, segretario della Cgil Calabria.

I sindacati, Cgil, Cisl e Uil, hanno firmato un appello unitario al presidente del Consiglio Mario Draghi e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedere risposte. Non basta un commissario credibile, ma occorrono soluzioni. «Il commissario doveva essere un esperto della materia e non lo è, se non si nominano subito i subcommissari competenti il rischio è di bruciare la credibilità di Longo e realizzare l’ennesimo fallimento», dice Sposato.

© Riproduzione riservata