A Bruxelles, con il coordinamento degli stati membri, si sta costruendo l’aspis (scudo in greco) che proteggerà le imbarcazioni che transitano nel mar Rosso dagli attacchi degli Houthi. Dopo l’intesa trovata all’interno del Consiglio europeo Affari esteri, la missione militare “Aspides” molto probabilmente diventerà realtà verso metà febbraio, ci sono ancora diversi nodi da sciogliere.

Italia, Francia e Germania hanno preso l’iniziativa politica e hanno già ottenuto il consenso di altri paesi come il Belgio. Dovrebbero aderire anche i paesi che fanno parte della missione europea Emasoh/Agenor (Danimarca, Portogallo, Danimarca, Grecia e Paesi Bassi), già attiva nello stretto di Hormuz (tra Iran, Oman ed Emirati Arabi Uniti) nella parte opposta della Penisola arabica rispetto al mar Rosso e con quartier generale nella base francese di Abu Dhabi.

L’ipotesi è di allargare la missione Agenor, ma Aspides non solo sarà attiva in una zona marittima diversa, rischierà di avere anche un ampliamento del mandato. La Agenor, infatti, ha una natura più diplomatica, di de-escalation, visto che le fregate militari europee operano in un’area molto vicina all’Iran, mentre Aspides è prettamente di autodifesa. A differenza di quanto affermato dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che hanno escluso il parlamento nella vicenda, un ampliamento del mandato presuppone un passaggio con le camere che allungherà l’iter burocratico.

La partecipazione italiana

Al momento le regole d’ingaggio, ovvero quelle che determinano come reagire a seconda della minaccia che si palesa, sono tutte da definire, e spetta a Bruxelles farlo. La guida, come accade in altre missioni simili dell’Ue, sarà invece a rotazione tra gli stati aderenti (per 4-6 mesi). Al momento, per esempio, la Spagna è a capo dell’altra missione attiva nel mar Rosso (Atalanta), ma dal prossimo febbraio quel posto spetterà all’Italia. Probabilmente, quindi, per evitare contrapposizioni tra le due missioni, nei primi mesi sarà un altro stato a prendere il comando dell’Aspides. L’unica certezza è che la missione ha natura di autodifesa, visti i continui attacchi degli Houthi contro le navi mercantili, e quindi presuppone una reazione all’eventuale fuoco nemico.

Nulla a che vedere con la missione Prosperity Guardian a guida di Stati Uniti e Regno Unito che al momento ha compiuto otto attacchi in territorio yemenita contro depositi, fabbriche e postazioni militari. Ma i piani di Bruxelles sono altri, non è un caso se la forte divisione tra i vari paesi ha spinto Roma, Parigi e Berlino a dare vita a un nuovo progetto militare, che il ministro Tajani spera possa essere un passo verso la difesa comune europea. Tuttavia, con i paesi che prendono parte a Prosperity Guardian ci sarà un coordinamento, visto che l’area sorvegliata non è molto grande (40 chilometri di larghezza per 70 chilometri di lunghezza).

«L’Italia, con la Marina militare, è pronta a fare la sua parte», ha detto Tajani. Al momento è previsto l’invio di almeno una fregata militare per ogni stato. L’Italia sta ancora decidendo quale mandare, di sicuro non è la Fasan che ha attraversato il canale di Suez il 24 dicembre per rafforzare l’impegno italiano nella missione Atalanta e di cui a breve è previsto il rientro dopo i sei mesi trascorsi in mare. Saranno comunque navi con sistema di difesa Samp-T (a fabbricazione italo-francese) e con sistemi di cannoni contraerea. Conterranno un equipaggio di circa 170-200 militari per fregata. Prima di vedere i risultati della missione ci vorranno mesi, gli stati europei però sono decisi a difendere il 40 per cento del commercio mondiale che passa per quel fazzoletto di terra.

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