Nella ricerca dei profitti nascosti al fisco italiano c’è un capitolo varie ed eventuali. Nel senso che esistono, oltre ai giganti digitali e del lusso, una serie di multinazionali attive in diversi settori assai remunerativi che sfruttano la sede estera per versare meno tasse in Italia.

Si tratta di banche, gruppi assicurativi, aziende della logistica, della grande distribuzione e compagnie petrolifere. Una truppa di una decina di società colpite dalle contestazioni del nucleo economico finanziario della guardia di finanza di Milano, che a questo insieme variegato di sigle e brand internazionali, peraltro molti dei quali quotati in borsa, ha chiesto di pagare somme considerevoli.

Da questi ambiti nelle casse dello stato è rientrato mezzo miliardo di euro, tra il 2019 e il 2022, grazie alle verifiche della finanza di Milano e agli accordi successivi siglati con l’Agenzia delle entrate.

É la metà di quanto incassato dai colossi digitali, come raccontato da Domani nelle puntate precedenti dell’inchiesta sui grandi evasori, ma pur sempre una quota importante dei quasi 4 miliardi riscossi dal fisco negli ultimi 5 anni da 20 società finite nel mirino dei finanzieri del capoluogo lombardo. Il totale è destinato ad aumentare, l’attività dei “mastini” del fisco non è terminata con queste operazioni e nei prossimi mesi potrebbero affluire ancora un paio di miliardi nelle casse dell’Erario.

Assicurazioni vs Fisco

Il nome finora inedito è il gruppo Axa, il colosso francese delle assicurazioni, quotato in borsa, nel 2021 ha registrato un giro d’affari di 100 miliardi di euro e un risultato operativo di 6,8 miliardi. La finanza ha contestato al gruppo l’omessa dichiarazione dei redditi sulle plusvalenze generate da una cessione di partecipazione.

In pratica la società che gestiva alcuni fondi Axa ha ceduto delle partecipazioni realizzando un profitto “italiano”, tuttavia ha fatto risultare questa operazione come se fosse avvenuta in Lussemburgo, dove non è prevista alcuna tassazione sulla plusvalenza da cessione di partecipazione, mentre in Italia è tassata al 49 per cento. Da qui la contestazione dei finanzieri e successivamente l’accordo, siglato nel 2022, con l’Agenzia delle entrate che ha permesso di riscuotere dai francesi quasi 30 milioni di euro (29.672.014). Contattato da Domani, il gruppo ha preferito non commentare.

Nello stesso settore opera Lombard International Assurance S.A. (LIA), compagnia assicurativa acquistata dal fondo americano Blackstone nel 2014. Lombard Assurance, sede principale in Lussemburgo, è specializzata nelle assicurazioni vita. Nel 2021 la guardia di finanza e la procura di Milano contestavano inizialmente alla società un imponibile sottratto a tassazione pari a 500 milioni di euro.

A luglio 2022 ha siglato l’accordo con l’Agenzia delle entrate accettando di pagare 52,7 milioni di euro. La contestazione iniziale della finanza riguardava la stabile organizzazione occulta. La società, contattata da Domani, ha confermato che «un accordo è stato concluso» e che «L.i.a. opera con una sede secondaria in Italia, rispettando tutti gli obblighi legali, normativi e fiscali locali».

Sul settore assicurativo si stanno concentrando le attenzioni dei pm milanesi. Il Sole 24 Ore aveva anticipato alla fine di luglio che sono almeno 100 le compagnie sulle quali proseguono le verifiche della finanza.

Banche

Nel lungo elenco di società che negli ultimi cinque anni hanno trovato l’accordo con il fisco in seguito alle contestazioni dei finanzieri di Milano troviamo anche alcuni istituti di credito.

A fine 2018 il Gruppo Mediolanum ha siglato con l’Agenzia delle entrate la pace per 79 milioni di euro. Le contestazioni avevano come oggetto i rapporti con la controllata Mediolanum International Funds Limited, sede in Irlanda, e le controversie sulla società Gamax. Le sanzioni riguardavano la complessa materia dei prezzi di trasferimento, cioè la verifica della congruità dei corrispettivi praticati negli accordi commerciali e di servizi tra imprese appartenenti allo stesso gruppo, ma residenti in paesi diversi.

La questione si è chiusa con la «rideterminazione dei prezzi di trasferimento per le annualità dal 2010 al 2013». La società inoltre conferma a Domani che «il contenzioso è stato definito con il pagamento di maggiori imposte per un ammontare complessivo pari a circa euro 72 milioni, senza irrogazione di sanzioni». Gli altri 7 milioni sono stati versati per Gamax Management Ag, «prevedendo anche in tale fattispecie una rideterminazione dei prezzi di trasferimento con varie entità italiane». Da qui il calcolo e l’accordo sui 79 milioni di euro, che ha pagato la banca fondata da Ennio Doris.

La banca svizzera Ubs ha, invece, chiuso il contenzioso nel 2019: ha pagato quasi 102 milioni di euro per il periodo 2012-2017 e prende le mosse dall’attività di indagine dell’Agenzia delle entrate insieme alla procura della repubblica di Milano. I rilievi riguardavano la mancata dichiarazione di redditi di capitale e redditi di impresa oltre alle sanzioni per la violazione degli obblighi sul monitoraggio fiscale. L’accordo ha permesso, inoltre, di formalizzare la presenza in Italia di Ubs, con la garanzia di entrate tributarie costanti. Contattata da Domani, Ubs non ha risposto.

Petrolio e Coca Cola

Anche la società direttamente controllata dal governo dell’Arabia Saudita è stata costretta a pagare. Si tratta di Aramco Overseas company, con sede nei Paesi Bassi. Aramco è tra le più grandi industrie petrolifere al mondo, la più importante fonte di finanziamento peraltro del governo di Riad. In Europa opera con Aramco Overseas che, dopo le verifiche dei detective di Milano, l’anno scorso ha siglato la pace con il fisco pagando 13,5 milioni di euro. La finanza contestava ai sauditi la stabile organizzazione occulta, tramite la quale creava utili in Italia ma non pagava il dovuto allo stato. Aramco ha declinato la nostra richiesta di commentare la vicenda.

Nel 2022 è toccato a Coca-Cola Hbc Italia: 32,3 milioni di euro per chiudere il contenzioso. L’accusa mossa dalla finanza di Milano è complessa, ma può essere sintetizzata così: la società italiana remunerava quella americana per lo sfruttamento del marchio a un valore più basso di quello che sarebbe stato pagato tra parti terze e indipendenti. Coca-Cola Hbc ha risposto a Domani spiegando di «non avere un commento specifico da fare in merito».

Supermercati e logistica

Dalla logistica e dalla grande distribuzione lo stato ha recuperato quasi 200 milioni di euro nel 2022. La contestazione più comune per le multinazionali che operano in questo ambito è la frode comunitaria dell’Iva.

Gls Enterprise è tra le più note aziende della logistica, appartenente al gruppo britannico delle poste Royal mail. La trattativa tra Agenzia e Gls ha obbligato quest’ultima a versare quest’anno quasi 38 milioni di euro. Gls alle domande di Domani ha preferito non rispondere.

Ancora più recente è l’inchiesta che ha riguardato le società Bartolini e Geodis, entrambe controllate da holding di stato francesi. L’accusa è di frode fiscale, la finanza ha sequestrato 81 milioni alle due aziende. L’indagine è talmente fresca che è prematuro immaginare nell’immediato una trattativa con l’Agenzia delle entrate.

Le verifiche nel settore della grande distribuzione hanno colpito Margherita distribuzione (ex Auchan, ora proprietà di Conad e di una società lussemburghese) e Gs Spa (gruppo Carrefour). A settembre sono state coinvolte in un’inchiesta sulle frodi Iva. Nel frattempo hanno trovato l’accordo per la parte fiscale.

Per Margherita il contenzioso è concluso con il versamento di 61,5 milioni di euro. L’azienda ha fatto sapere che «si è prontamente attivata al fine di interrompere ogni condotta potenzialmente illecita. Inoltre, con il coinvolgimento fattivo di Auchan Retail, suo precedente unico azionista, Margherita Distribuzione ha fornito piena collaborazione alla Agenzia delle entrate, condiviso tutta la documentazione disponibile, nonché già versato tutti gli importi contestati e continueranno a collaborare con le autorità per perseguire i responsabili della frode».

Discorso diverso per Gs Spa. Dai dati in nostro possesso risulta che in questo caso sono stati pagati 26,2 milioni di euro per concludere l’accordo con l’Agenzia delle Entrare.

L’azienda, per il tramite dell’ufficio stampa italiano, tuttavia, pur confermando l’accordo con il fisco sostiene che la cifra non è stata ancora riscossa e che l’importo citato si riferisce a quanto sequestrato dalla procura. «Carrefour Italia si è immediatamente attivata per un confronto costruttivo e collaborativo finalizzato al chiarimento e alla definizione delle contestazioni avanzate, relative a ipotesi di presunte frodi fiscali e riferite a vecchie annualità fiscali. La società ha quindi portato avanti positive interlocuzioni con l’Agenzia delle entrate, definendo la controversia nei giorni precedenti il Natale». Sotto l’albero altre entrate garantite per le casse dello stato.

per le casse dello stato (3.continua)

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