Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla relazione antimafia del 1976 scritta da Pio La Torre e dal giudice Cesare Terranova. Un documento che a circa cinquant’anni di distanza rimane ancora attuale.

E a completare il quadro ecco scoppiare lo scandalo della Cassa rurale «S. Giuseppe » di Mussameli. Trattasi della Cassa rurale che ha favorito le operazioni bancarie intese a sostenere l'attività del gruppo di mafiosi guidato da Genco Russo per impadronirsi del feudo Polizzello.

A Genco Russo la Commissione ha dedicato un ampio profilo, nella « Relazione sull'indagine riguardante casi di singoli mafiosi ». Presidente di tale Banca è l'avvocato Vincenzo Noto, ex sindaco di Mussameli, noto capo elettore di Calogero Volpe. Il suo nome ricorre negli atti relativi al profilo di Genco Russo. In atto i soci della Cassa sono 237. Nel 1940 erano 1.500, nel 1945 erano 1.050, nel 1954 erano scesi a 500 per raggiungere il numero attuale di 237.

La raccolta di fondi è valutata a circa sei miliardi di lire e riguarda piccoli depositi di circa un migliaio di piccoli risparmiatori.

Il presidente avvocato Noto ha utilizzato la Cassa ad esclusivo vantaggio di un ristretto gruppo familiare comprendente: 1) Noto Angelo, nipote di Vincenzo; 2) dottoressa Scozzari, moglie dell'avvocato Vincenzo Noto.

Le operazioni di investimento (almeno quelle che si conoscono) portate a termine da tale clan familiare riguardano le seguenti iniziative:

«Pastifici riuniti Valle dei Platani», di cui l'avvocato Vincenzo Noto è stato amministratore delegato;

«Laterplatani», industria di manufatti per l'edilizia, di proprietà di Angelo Noto, nipote dell'avvocato Vincenzo;

acquisto di abitazioni in Mussomeli, Palermo, Enna, Cinisello Balsamo;

acquisto di aree fabbricabili nel territorio urbano di Mussomeli. Tali aree costituiscono una notevole percentuale delle aree disponibili nel piano regolatore di Mussomeli.

La elencazione di tali beni è ricavata da un atto in notaio Ielo di Caltanissetta in data 25 maggio 1975, con il quale i proprietari di tali beni chiedono ed ottengono l'accensione di ipoteca su di essi a garanzia di un debito con il Banco di Sicilia per circa un miliardo e settecento milioni. Non si conosce se, oltre a quelli elencati in tali atti, siano presenti altri beni intestati al suddetto clan familiare capeggiato dal Noto.

La sofferenza dell'Istituto pare che ascenda a ed rea sei miliardi, di cui è documentabile in beni solo la suddetta quota di 1.700 milioni circa, peraltro coperta da ipoteca del Banco di Sicilia. Non si conosce la destinazione degli altri quattro miliardi.

Qualche settimana prima dello scoppio dello scandalo il reverendo Giuseppe Mule, vice presidente della Cassa, ha ritirato un suo deposito personale di 1 milione e 700 mila lire per depositarlo in altro Istituto. Analoga operazione è stata condotta dall'arciprete di Mussomeli per circa 37 milioni.

Hanno intrapreso azione legale dinanzi al Tribunale di Calttarassetta soltanto sei dei piccoli risparmiatoti depositanti, che hanno avanzato istanza di liquidazione giudiziaria.

Il Tribunale di Calitanissetta ha già richiesto la informativa alla Banca d'Italia, che non l'ha ancora inviata. Nelle settimane antecedenti al crac pare che sia stata tentata una operazione di camuffamento della situazione economica, costruendo crediti vantati dalla Banca e nient'affatto esistenti. Infatti qualche ex cliente della Banca che aveva estinto da diverso tempo ogni pendenza debitoria e chiuso ogni conto si è visto arrivare una lettera raccomandata con la quale la Banca lo invita a sanare un debito finanziario effettivamente non esistente.

Lo scandalo delle preture

Da diversi anni risulta non coperto il posto di Pretore. Le funzioni della Pretura sono affidate ad un vice pretore onorario: l'avvocato Giuseppe Sorce. il quale è contemporaneamente vice presidente della Banca popolare di Mussomeli.

L'avvocato Giuseppe Sorce è suocero di un figliuolo dell'avvocato Vincenzo Noto, presidente della « S. Giuseppe » di Mussomeli. L'avvocato Sorce è lo stesso che coprì la carica di sindaco di Mussomeli dal 1946 al 1956. Esiste una dichiarazione apologetica in favore di Giuseppe Genco Russo, sottoscritta dal Sorce nella sua qualità di sindaco.

Oltre a quella di Mussomeli le Preture dalla provincia di Caltanissetta che da anni sono rette da vice pretori reggenti sono: 1) Villalba: da tempo immemorabile non c'è un Pretore (titolare. Il mandamento della Pretura di Villalba comprende anche il comune di Vallelunga, anche quest'ultimo centro di mafia (i Madonia, i Sinatra sono di Vallelunga).

Detta Pretura è sempre retta da un avvocato del luogo il quale, come reggente, è regolarmente stipendiato, e naturalmente si mette al servizio di chi lo fa nominare (chi si muove per le nomine è l'onorevole Volpe!) ; 2) Butera: anche qui il titolare della Pretura manca da tempo immemorabile. Il vice pretore reggente è sempre stato un avvocato del gruppo di potere che fa capo al commendatore Guido Scichilone, capo della Dc più volte sindaco del Comune, e consigliere della Cassa di Risparmio, impresario di trasporti extraurbani; 3) Riesi: attualmente è senza titolare e il reggente è un avvocato del luogo, nonostante sia centro di mafia (patria dei Di Cristina); 4) Sommatino: da circa 10 anni è retta da un avvocato del luogo, Giuseppe Pappalardo (uomo di Volpe), benché ci sia un titolare che, però, non appena nominato nel 1973, è stato applicato alla Pretura di Caltanissetta per sette giorni la settimana! Si dice che l'operazione sia stata fatta per favorire il Pappalardo « ben protetto ».

Tutte queste Preture sono in generate anche senza cancelliere titolare e si rimedia con qualche cancelliere a scavalco o col segretario comunale che per legge deve fare il cancelliere in assenza di questi.

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