Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alle persone meno note uccise dalla mafia e il cui numero cresce di anno in anno. Dal 1961 si contano circa 1031 vittime innocenti.

Centoquarantatré, centoquarantaquattro: non solo semplici cifre, ma numeri di due vite spazzate via, il 28 settembre 1991.

Demetrio Quattrone e Nicola Severino sono vittime di una delle guerre più sanguinose della storia delle mafie italiane.

Parliamo della seconda guerra di 'Ndrangheta, scoppiata tra il 1985 e il 1991 a Reggio Calabria. Un atroce mattanza tra le 'ndrine calabresi che, causando più di seicento morti accertate ufficialmente, portò alla riorganizzazione gerarchica e strutturale delle cosche calabresi.

La sera del 28 settembre 1991 i due amici si divertivano a provare - tra gli agrumeti di Villa San Giuseppe - la nuova auto acquistata da Demetrio Quattrone. Demetrio viveva lì, nel mulino di proprietà, con la sua famiglia: la moglie Domenica Palamara e i suoi figli Rosa, Antonino e Maria Giovanna che ora abitano a Torino.

Era un ingegnere di 42 anni, consulente tecnico presso i Tribunali di Reggio, Palmi e Locri nonché funzionario dell'ispettorato provinciale del Lavoro con l'arduo compito di coordinare le attività di controllo nei cantieri edilizi. Nicola Severino invece era un medico di 30 anni, nato e cresciuto a Reggio, dove era tornato dopo essersi specializzato in omeopatia a Roma.

Grandi amici, il reale bersaglio era però Quattrone, ma non sarebbe stato possibile risparmiare la vita di Severino, testimone dell'agguato.

Gli assassini travolgono con due colpi di fucile l'uomo al volante. A fare da autista invece in quell'istante è Nicola, che viene ucciso immediatamente, mentre l'ingegnere tenta invano di salvarsi, aprendo lo sportello della macchina e gettandosi a terra.

Domenico purtroppo rimarrà lì a subire la sua condanna a morte.

Sebbene ancora oggi non si sappia né il movente, né chi siano stati gli esecutori materiali di questo terribile delitto, Demetrio rappresentava un serio pericolo per le attività della criminalità organizzata del luogo. Ligio al proprio dovere e con uno spiccato senso civico. Molte, infatti, sono le testimonianze della sua onestà, della sua caparbietà professionale: espone in alcune sue carte con estrema perizia le ingiustizie dello sviluppo edilizio a Reggio Calabria durante il suo apice, sottolineando la centralità del cosiddetto "partito dei palazzinari" nel manovrare le decisioni dell'ufficio urbanistico della città.

Un uomo coraggioso e libero, perché “l’uomo non è né stupido né intelligente. O e libero o non lo è. All’infuori della libertà non si ha niente”, come lui stesso affermò.

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