Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla vicenda di Silvana Saguto, la giudice del Tribunale di Palermo che gestiva i beni sequestrati alla mafia finita al centro di un’indagine partita nel 2015 dalla procura di Caltanissetta. Nella condanna di primo grado i magistrati hanno accertato scambi di favori e di soldi tra la Saguto, avvocati e amministratori giudiziari.

Il 17 luglio 2015, in violazione dell'art. 2484 cc che indica i presupposti per la messa in liquidazione delle società, emetteva in calce all'istanza depositata il 15 luglio 2015, il provvedi memo autorizzativo in relazione alla messa in liquidazione della Elgas srl, società parte del compendio in sequestro nel proc. 104/2015 Acanto, e al licenziamento di tutti i dipendenti.

É stato provato, attraverso la documentazione acquisita al fascicolo del dibattimento, che nell'istanza depositata il 15 luglio 2015 presso la Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Roberto Nicola Santangelo rappresentava al Giudice delegato la sussistenza di “prassi illegali” e di “plurime e diffuse criticità” in ordine al rispetto della sicurezza sui luoghi di lavoro presso la società in sequestro Elgas s.r.l. e la circostanza che “il puntuale rispetto della disciplina legislativa” a seguito dell'immissione in possesso dell'amministrazione giudiziaria aveva condotto ad una diminuzione dei ricavi della Elgas srl e chiedeva la liquidazione della società 617 “per insussistenza di concrete possibilità di prosecuzione dell'attività aziendale, tenuto conto della natura dell'attività esercitata, dell’ambiente in cui essa viene svolta, della capacità produttiva e del mercato di riferimento”, oltre alla sua nomina quale liquidatore della società ed il licenziamento di tutti i dipendenti come conseguenza della liquidazione.

Silvana Saguto, giudice delegato della procedura, il 17 luglio 2015, emetteva il provvedimento autorizzativo della messa in liquidazione della società e del licenziamento di tutti i dipendenti. Con lettera del 6 agosto 2015 Santangelo nella qualità di amministratore giudiziario della Elgas s.r.l. disponeva il licenziamento dei dipendenti della predetta società per giustificato motivo oggettivo.

Il teste Arduino Gioacchino, escusso all'udienza dibattimentale del 23 maggio 2018, ha riferito di aver lavorato per la società Elgas come imbottigliatore di bombole e che il 5 maggio 2015 la società era stata posta sotto sequestro e si era insediato l'amministratore giudiziario; che da quel momento era stata abbandonata la vecchia prassi secondo la quale i clienti andavano allo stabilimento portando bombole vuote - appartenenti anche ad altre ditte - e ricevevano bombole riempite di gas di proprietà della Elgas; che le bombole di altre ditte venivano ritirate dalla Elgas, accantonate e poi scambiate vuote con gli altri operatori del mercato del gas del territorio; che l'abbandono di tale prassi diffusa tra gli operatori del settore da parte della Elgas aveva cagionato una perdita della clientela (da 35 bombole vendute al giorno a 4); che i provvedimenti assunti dall'amministrazione giudiziaria con i quali era stato disposto l'ingiustificato abbassamento del prezzo del gas e la riduzione dell'orario di apertura al pubblico avevano portato l'azienda al collasso; che il giorno in cui i dipendenti della Elgas erano stati licenziati si erano recati nello studio di Santangelo di via Don Orione, lì avevano parlato prima con Santangelo stesso che il teste vedeva per la prima volta in quell'occasione, poi era intervenuto Carmelo Provenzano che, non gradendo la rimostranze dei lavoratori di rivolgersi all’emittente televisiva Telejato, con fare arrogante e atteggiamento di chi realmente comandava, aveva intimato loro di stare zitti e aveva preannunciato che anche loro avrebbero iniziato una campagna mediatica.

Le false dichiarazioni dell’amministratore giudiziario

Le dichiarazioni rese dal teste Arduino sono state confermate anche da un altro lavoratore della Elgas, D'Agostino Andrea, escusso quale teste alla medesima udienza del 23 maggio 2018.

Ciò posto, considerato che anche i testi Arduino e D'Agostino hanno dichiarato che le bombole di altre ditte non venivano riempite, ma solo stoccate vuote in magazzino e poi scambiate tra gli operatori del settore, deve ritenersi che, con l'istanza del 15 luglio 2015, l'amministratore giudiziario Santangelo abbia operato una rappresentazione non corrispondente alla verità e ciò al solo fine di vedersi autorizzato dal Giudice Delegato allo scioglimento e alla liquidazione della società e al licenziamento dei dipendenti.

Tale mistificazione della realtà dei fatti da parte dell'amministratore giudiziario è ravvisabile nella dichiarazione contenuta nel corpo dell'istanza del 15 luglio 20 I 5, secondo la quale «è diffusa è illegale la prassi che le bombole di GPL in genere vengono riempile e commercializzate da parte di altri stabilimenti non solo senza la preventiva autorizzazione al riempimento, ma anche senza il preventivo controllo della scadenza dei collaudi, abbattendo così i costi di manutenzione ordinaria, mettendo di fatto sul mercato prodotti altamente pericolosi a rischio esplosione degli impianti di imbottigliamento di gas».

È dunque evidente come, a fronte della accertata esistenza di una prassi dello scambio di vuoto contro pieno praticata dalla Elgas - e rispetto alla quale nessuna ragione di divieto è comunque contenuta nel testo del D.lgs 128/2006 [...], nell'istanza di autorizzazione alla messa in liquidazione oggetto dell'imputazione, invece, l'amministratore giudiziario Santangelo rappresentava al Giudice Delegato un abusivo riempimento di bombole per nulla comprovato, anzi smentito dalle risultanze della istruttoria dibattimentale.

Lo stesso Santangelo attestava pure la indimostrata circostanza secondo la quale i cosiddetti "vuoti" venivano recuperati in giro per la Sicilia da soggetti privi dei requisiti richiesti dalla normativa vigente in materia per il trasporto di tali materiali, peraltro senza regolare contratto di lavoro e riconsegnati alle varie aziende dietro il pagamento di un corrispettivo.

È dunque evidente come il Santangelo abbia rappresentato al Giudice delegato Silvana Saguto false ragioni inerenti un preteso ripristino dell'osservanza della normativa di settore a sostegno dello stato di decozione della Elgas, presupposto della richiesta di scioglimento della società stessa.

Ciò posto sotto il profilo della condotta posta in essere dal Santangelo, deve pure dirsi che, se da un lato è rimasto accertato che la conoscenza di una differente situazione rispetto a quella rappresentata nell'istanza fosse certamente di dominio dell'amministratore giudiziario, lo stesso però non può dirsi rispetto al Giudice delegato Saguto.

Invero, nessuna prova è stata acquisita dall'istruttoria dibattimentale che l'imputata sapesse che quella richiesta di liquidazione e di licenziamento di tutti i dipendenti della Elgas s.r.l. depositata in cancelleria affinché lei la autorizzasse, celasse, invece di uno stato di decozione per vicende dovute al doveroso rispetto delle norme vigenti in materia di riempimento e trasporto della bombole del gas, piuttosto l'assoluta incapacità gestoria dell'amministratore giudiziario e dei suoi coadiutori.

Ne consegue che non può dirsi che Silvana Saguto nell’emettere il provvedimento autorizzativo del 17 luglio 2015 abbia consapevolmente posto in essere un atto contrario ai doveri d'ufficio attraverso la violazione del disposto dell'Art. 2484 e.e., ovvero di quella norma che disciplina lo scioglimento della società e che individua tra le ipotesi ivi contemplate la sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, che nel caso di specie era appunto la commercializzazione del gas nel rispetto della normativa di settore.

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