Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla vicenda di Silvana Saguto, la giudice del Tribunale di Palermo che gestiva i beni sequestrati alla mafia finita al centro di un’indagine partita nel 2015 dalla procura di Caltanissetta. Nella condanna di primo grado i magistrati hanno accertato scambi di favori e di soldi tra la Saguto, avvocati e amministratori giudiziari.

Le dichiarazioni di Claudia Rosini appaiono, quindi, in grado di descrivere efficacemente e, si ribadisce, dall’interno, il contesto venuto alla luce con le intercettazioni telefoniche ed ambientali disposte nel presente procedimento.

Claudia Rosini ha riferito che: era stata in servizio presso la sezione delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo dal maggio 2012 al 13 settembre 2015; a giugno del 2015 aveva presentato domanda di trasferimento ad altra sezione, perché avvertiva un senso di disagio e di isolamento all'interno della sezione delle Misure di Prevenzione; con riferimento all'organizzazione interna della sezione, la testimone ha chiarito che non vi era un sistema automatico per l’assegnazione delle procedure ai magistrati o per la composizione dei collegi; nel tempo si era accorta che non veniva coinvolta nelle procedure di prevenzione più complesse, che venivano gestite dal collegio composto da Silvana Saguto, Fabio Licata e Lorenzo Chiaramonte, che erano magistrati assegnati in via esclusiva alla sezione delle Misure di Prevenzione.

Sempre gli stessi amministratori

Dal 2013 era iniziata una campagna mediatica molto pressante da parte di Pino Maniaci, direttore dell'emittente Telejato, nella quale si parlava di metodo mafioso nella gestione delle misure di prevenzione e della concentrazione degli incarichi più importanti nelle mani degli stessi amministratori giudiziari, con particolare riferimento a Gaetano Cappellano Seminara.

L’attacco mediatico aveva portato i giudici della sezione a parlare tra loro delle questioni sollevate da Pino Maniaci; nel momento in cui doveva essere nominato un amministratore giudiziario in una procedura di prevenzione, era il giudice delegato che solitamente proponeva un nome al collegio che, di norma, accoglieva la proposta; gli amministratori giudiziari venivano scelti in base alla tipologia di misura di prevenzione: nel caso di procedure consistenti o complesse si sceglievano soggetti che avevano maggiore esperienza nelle amministrazioni giudiziarie; la presidente Saguto proponeva per le procedure più complesse Gaetano Cappellano Seminara; Fabio Licata, invece, l'avvocato Andrea Aiello; per le procedure più semplici, invece, si nominavano anche gli amministratori meno esperti, seguendo un criterio di rotazione; sulla base dei criteri che si erano seguiti in sezione, le era sembrata una vistosa eccezione alla regola la nomina di Walter Virga, figlio del magistrato Tommaso Virga, nella procedura Rappa, che era di enorme complessità; Claudia Rosini aveva anche avanzato qualche perplessità parlando con Fabio Licata, questi tuttavia le aveva risposto che Walter Virga si era dimostrato capace nella procedura Giardina, quindi era stato nominato anche nella procedura Rappa. 

La lettera al Csm 

Nel gennaio 2014 aveva espresso dei dubbi sulla nomina di Cappellano Seminara quale amministratore giudiziario nella procedura Sbeglia, poiché vi era in atto la campagna mediatica contro la sezione, ma la presidente Saguto e i colleghi avevano ritenuto di nominare Cappellano Seminara, perché si trattava di un "seguito", cioè di una procedura collegata ad una precedente già gestita da Cappellano Seminara; aveva saputo dopo qualche mese dalla stampa che l'amministratore giudiziario si trovava, per la procedura Sbeglia, in conflitto di interessi poiché Cappellano Seminara era proprietario dell'hotel Brunaccini e la procedura Sbeglia aveva all'interno un hotel; aveva quindi rappresentato ai colleghi che lei non sapeva che Cappellano Seminara avesse un hotel e le era stato risposto che era una circostanza nota a tutti e, comunque, ciò avrebbe garantito una maggiore professionalità dell'amministratore giudiziario nella gestione dell'albergo in sequestro; ad ottobre del 2013 aveva aderito ad una richiesta di pratica a tutela avanzata dalla sezione al CSM per rispondere agli attacchi mediatici che provenivano soprattutto da Telejato; dopo la trasmissione delle lene, di maggio 2015, in cui si metteva sotto accusa l'operato della sezione e del suo Presidente, Claudia Rosini aveva trovato i colleghi riuniti in ufficio intenti a preparare una lettera per difendersi dalle accuse rivolte dalla trasmissione televisiva; aveva sottoscritto la lettera, ritenendola una sorta di commiato dalla sezione, dalla quale aveva ormai deciso di allontanarsi, non aveva invece firmato la nota predisposta dai colleghi in risposta a quella del presidente Di Vitale, il quale aveva chiesto dei chiarimenti in ordine ai fatti rappresentati dal servizio delle lene.

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