Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla vicenda di Silvana Saguto, la giudice del Tribunale di Palermo che gestiva i beni sequestrati alla mafia finita al centro di un’indagine partita nel 2015 dalla procura di Caltanissetta. Nella condanna di primo grado i magistrati hanno accertato scambi di favori e di soldi tra la Saguto, avvocati e amministratori giudiziari.

La Saguto aveva rilasciato in data 3 maggio 2014 un'intervista al Giornale di Sicilia, nel corso della quale aveva fatto la seguente dichiarazione: «Al presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi ed ad Alfano abbiamo detto come stanno le cose. Cappellano Seminara ha 11 incarichi attualmente. Il maggior numero di incarichi li ha Alessandro Scimeca, che ne ha 16».

In realtà, però, per come emerso chiaramente in dibattimento, che lo Scimeca non fosse "il re degli amministratori'' lo sapeva bene anche la Saguto.

Infatti, nella conversazione ambientale intercettata il 17.07.2015, la Saguto e Fabio Licata stavano parlando della opportunità di sostituire Walter Virga e discutevano, appunto, della tipologia di misure che ha Alessandro Scimeca; Fabio Licata diceva, «però, noi ti diamo uno, qui ci vuole .. prendiamo ad Aiello, qualcuno del genere, e ce lo mettiamo, per sostituire Walter Virga", Silvana Saguto diceva io penso che Scimeca abbia moltissima rilevanza", Fabio Licata rispondeva "Scimeca va benissimo", "che è da tanto tempo che non ha misure", e Silvana Saguto concludeva dicendo "ha misure...cretinissime».

Quindi Scimeca, definito il re degli amministratori nella citata intervista, forse aveva un numero di sequestri superiore anche a quelle di Cappellano Seminara, ma in realtà, secondo il giudizio della stessa Saguto, aveva solo misure "cretinissime” già da tempo e, peraltro, aveva ricevuto l'ultimo incarico dalle misure di prevenzione di Palermo nel 2012 (fatta eccezione per un incarico nel 2014 relativo ad un'estensione di un precedente sequestro, che in sede di sit durante le indagini preliminari lo Scimeca non aveva subito ricordato, perché di nessuna consistenza patrimoniale).

Il concetto era ribadito da Silvana Saguto nella ulteriore conversazione ambientale captata il 22 giugno 2015, allorquando, parlando delle amministrazi.oni giudiziarie di Cappellano Seminara, diceva «lui (Cappellano Seminarara) ne ha otto incarichi, sono pochi rispetto ad altri, pero lui ha quelle importanti».

Quindi, è da ritenere dato pacifico in giudizio che gli incarichi conferiti a Cappellano Seminara fossero i più importanti e, di conseguenza, i più remunerativi tra quelli affidati dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. Non può, poi, assumere rilievo l'argomento, utilizzato dalle difese, secondo cui il reato non sussisterebbe in ragione della natura collegiale della decisione di conferire i singoli incarichi.

Invero, come è pacifico in giurisprudenza, la presenza all'interno cli un organo giurisdizionale collegiale di un componente privo del requisito dell'imparzialità - perché partecipe di un accordo corruttivo - inficia, nonostante l'estraneità degli altri componenti all'accordo corruttivo, la validità dell'intero "iter" decisionale, per sua natura dialettico e sinergico, e conseguentemente la validità del provvedimento giudiziario emanato, poiché il giudice corrotto è del tutto privo di legittimazione.

[…] La ponderazione degli opposti interessi in vista del perseguimento del bene pubblico non può, dunque, prescindere dall'apporto dialettico di ciascun membro del collegio. Si aggiunga che nel caso di specie, come già si è detto in precedenza la Saguto aveva un indubbio peso nell'ambito della decisione collegiale, oltre che per il ruolo di Presidente del Collegio e di giudice delegato delle procedure, anche per l'indiscusso carisma all'interno della sezione.

Ciò posto, l'elemento decisivo da cui si ricava l'antidoverosità degli atti di nomina di Cappellano Seminara è costituito dalla "vendita" della discrezionalità accordata dalla legge, […]. In altre parole, avendo la Saguto scelto di nominare Cappellano Seminara in forza del patto corruttivo in essere, l'interesse pubblico sottostante al potere discrezionale del Tribunale di nominare un amministratore giudiziario è stato in concreto condizionato dalla "presa in carico" dell'interesse del privato corruttore

Sotto questo profilo, è del tutto irrilevante il fatto, pacificamente emerso dalle risultanze dibattimentali, che, nel periodo in cui Silvana Saguto è divenuta presidente della sezione misure di prevenzione di Palermo (ad ottobre 2010), Gaetano Cappellano Seminara era certamente uno degli amministratori giudiziari più esperti e meglio attrezzati dell'area palermitana ed uno dei soggetti maggiormente qualificati anche a livello nazionale.

La professionalità di Cappellano Seminara

Sul punto, è stato dimostrato nel processo che lo studio professionale dell'imputato Cappellano Seminara era, in effetti, una struttura articolata, dotata al suo interno di diverse professionalità che divenivano utili allorquando occorreva procedere alla gestione di aziende complesse.

I diversi testimoni sentiti nel corso dell'istruttoria dibattimentale (dr. Testimonianze di Gioacchino Natoli, Claudia Rosini, Antonio Balsamo, Piero Grillo) hanno conformato la particolare preparazione ed esperienza, nel campo delle misure di prevenzione, di Cappellano Seminara. Del resto, il presente processo non ha avuto ad oggetto la professionalità di Cappellano Seminara, bensì i rapporti che lo stesso aveva instaurato con la presidente della Sezione delle misure di prevenzione e le reciproche ed indebite cointeressenze economiche che si erano create in funzione di tale rapporto.

Ma, come è stato dimostrato, Cappellano Seminara non riceveva lucrosi incarichi dalla Saguto per le sue indiscusse capacità professionali, quanto, invece, perché lo stesso poteva ricambiare attraverso il conferimento di incarichi al marito e attraverso le dazioni di utilità indebite. Proprio il percepimento di tali utilità indebite ha inciso in radice la possibilità di un corretto esercizio da parte della Saguto dei poteri che regolano l'esercizio del suo potere giurisdizionale, impedendole qualsiasi apprezzamento rispondente a criteri di correttezza e di discrezionalità tecnica od amministrativa [...].

Ciò che si richiedeva alla Saguto nell'esercizio delle sue funzioni di Presidente del Tribunale misure di prevenzione e giudice delegato alle procedure era di esprimere una valutazione autonoma ed imparziale in merito alla scelta del soggetto da nominare, di volta in volta, amministratore giudiziario dei beni in sequestro.

Invece, l'aspettativa di ricevere, secondo moduli ormai consolidati, da Cappellano Seminara denaro ed altre utilità ha inevitabilmente condizionato i procedimenti valutativi della Saguto, che ha quindi fatto uso del potere discrezionale prescindendo del tutto, per sua consapevole volontà, dall'osservanza del dovere istituzionale di effettuare una valutazione comparativa degli interessi pubblici da perseguire. Ed allora, l'antidoverosità delle nomine di Cappellano Seminara si concretizza nella violazione, da parte della Saguto, della regola "giusta" nel concreto operare della discrezionalità amministrativa.

Il concreto interesse pubblico sotteso all'esercizio della funzione della Saguto, che era quello di occuparsi della gestione dei compendi in sequestro, è stato certamente condizionato ed inquinato dall'esigenza di soddisfare gli interessi privati posti a carico con l'accordo corruttivo.

Né l'interesse pubblico può ritenersi soddisfatto per il solo fatto che il privato corruttore sia una persona professionalmente capace.

Ed invero, non può revocarsi in dubbio che la scelta di Cappellano Seminara sia intervenuta a fronte di ragionevolmente possibili esiti diversi, non potendosi escludere che, in assenza del pactum sceleris, il Collegio misure di prevenzione del Tribunale di Palermo avrebbe potuto nominare un diverso professionista, essendo il Cappellano Seminara in effetti uno dei più competenti, ma non certo l'unico soggetto ad avere i requisiti per la nomina.

Del resto, come si avrà modo di apprezzare in seguito esaminando gli altri capi di imputazione, nel processo è stata raggiunta la prova che il modus operandi che ha accompagnato nel tempo la condotta della Saguto era proprio quello di scegliere le persone cui affidare gli incarichi di amministratore giudiziario non in base alle loro capacità professionale, bensì in base alle utilità che da loro poteva ricevere.

Ne sono palese dimostrazione le nomine di Roberto Nicola Santangelo e la nomina di Giuseppe Rizzo, il primo nominato al fine di ottenere la disponibilità di Carmelo Provenzano per garantire il buon esito degli studi del figlio Emanuele e per prodigarsi per coinvolgerlo successivamente nel lavoro, il secondo in ragione delle promesse di utilità di Rosolino Nasca, rappresentate dal coinvolgimento lavorativo del marito Lorenzo Caramma nella medesima procedura, nonché del figlio Francesco Caramma e della fidanzata di quest'ultimo, Mariangela Pantò, nel contesto di altri incarichi che eventualmente Rizzo avesse ottenuto.

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