Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata sul generale Carlo Alberto dalla Chiesa ucciso quarant’anni fa il 3 settembre del 1982.


La prima generazione di brigatisti italiani sta per scomparire quasi del tutto decimata dal reparto del generale quando – è il 1976 – il Nucleo Speciale Antiterrorismo è smantellato. Per Carlo Alberto dalla Chiesa ricomincia un’altra stagione difficile e penosa. È a Torino, aspetta la promozione a generale di Divisione ma i suoi superiori gli fanno sapere che da lì a pochi giorni sarà sollevato anche dal Comando della Brigata.

Ritornano i fantasmi di quindici anni prima: l’isolamento, le umiliazioni, i silenzi dell’Arma. Dopo i successi contro le Br gliela stanno facendo pagare un’altra volta. È troppo scomodo, troppo svincolato dai «giri» romani.

È una mattina dell’ottobre del 1976 quando a Torino va a trovarlo l’ex vicecomandante dei carabinieri, il generale Franco Picchiotti. Una visita improvvisa. È un dalla Chiesa abbattuto quello che racconta le sue traversie a Picchiotti, che lo ascolta e alla fine gli dice: «Le vie sono infinite, vieni con noi».

Un gruppo di amici: una loggia massonica segreta, la P2 di Licio Gelli.

Gli spiega che sono tanti lì dentro. Anche al Comando Generale dell’Arma.

Carlo Alberto dalla Chiesa è dubbioso. Sulla sua scrivania Picchiotti lascia una domanda di adesione alla P2. Poi si fa vivo, una, due, tre volte. Fino a quando dalla Chiesa cede e firma. Ma il suo nome non sarà mai ritrovato negli elenchi della loggia segreta sequestrati a Castiglion Fibocchi, nella villa di Gelli. Solo una domanda di iscrizione rimasta lì, in “sospeso”.

Pochi mesi dopo è a capo del coordinamento degli istituti di prevenzione e pena. Un incarico amministrativo che il generale trasforma in una «centrale» antiterroristica. A modo suo. Con infiltrati, informatori nelle prigioni. Nascono le «supercarceri» di dalla Chiesa, nove fortezze inespugnabili per i capi delle Brigate Rosse.

Favignana, Fossombrone, l’Asinara, Cuneo, Trani, Novara, Termini Imerese, Pianosa e Nuoro.

Il terrorismo però, come molti credono o fanno finta di credere, non è sconfitto e non è finito. La tragedia pubblica più grande si consumerà presto.

La tragedia privata di Carlo Alberto dalla Chiesa è già avvenuta.

Il 19 febbraio del 1978 muore Dora, la moglie. Un infarto. Il suo cuore non ce la fa più a sopportare un’angoscia senza fine Con un marito sempre in pericolo, nel mirino dei brigatisti, sempre lontano, nascosto, oramai in clandestinità anche lui.

Un’ansia che per anni la moglie si tiene tutta dentro.

Per Carlo dalla Chiesa è un dolore insopportabile. Non si staccherà mai da lei. In quel febbraio comincia a scriverle ogni notte. Farà così sino alla fine dei suoi giorni. È un diario che, anni dopo, scoprirà la vita interiore di un generale italiano e rivelerà il marcio che ha avuto intorno.

Mentre il cappellano militare della caserma di Torino nella sua omelia funebre ricorda Dora Fabbo come «la vittima più silenziosa del terrorismo», il Paese precipita con clamore nell’inferno.

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