Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata a Cesare Terranova, il primo giudice a mandare a processo per associazione a delinquere la cosca di Corleone.

Gaspare Mutolo dichiarava di aver aderito a Cosa Nostra nel 1973, entrando a far parte del mandamento di Partanna Mandello capeggiato da Rosario Riccobono e successivamente da Gambino Giacomo. Micalizzi Salvatore era suo compare d'anello. Micalizzi Michele, fratello di, Salvatore, era genero di Rosario Riccobono avendone sposato la figlia Margherita. Entrambi i fratelli erano uomini d'onore. Nel 75 era stato coinvolto con il Micalizzi nell'omicidio di tal Cappiello. Furono entrambi latitanti sino al suo arresto avvenuto nel maggio del 76.

Il Micalizzi aveva un appartamento, sito al primo piano di uno stabile frontistante quello abitato dal giudice Terranova. Egli si recava spesso in quell'appartamento da dove, tra l'altro insieme al Micalizzi controllava i movimenti del giudice Terranova. L'incarico di controllare il magistrato lo avevano avuto conferito entrambi dal Riccobono e da Salvatore Riina che volevano sapere gli orari in cui il magistrato usciva e rincasava ed il tipo di protezione di cui godeva. Il motivo dell'incarico non veniva spiegato ma loro sapevano che i controlli predisposti erano finalizzati all'assassinio del controllato. Tra l'altro era a loro noto che Salvatore Riina e Luciano Liggio odiavano moltissimo il giudice Terranova in quanto sostenevano che, dopo il capitano Russo, era stato la causa della loro rovina.

I controlli, su insistenza di Riccobono e Riina, si protraevano dai quattro ai sei mesi. Volevano sapere e loro riferivano se la macchina usata dal magistrato si fermasse davanti al portone o a distanza, come alle volte accadeva. Se l'autista scendesse o salisse in casa.

Le informazioni le davano a Riccobono, ma quando incontravano Riina costui chiedeva particolari e cioè se c'era traffico, se c'erano persone, se qualche volta passasse qualche macchina della Polizia che si fermava a guardare, se il Terranova uscisse sempre con l'autista o anche da solo con macchina diversa.

Salvatore Riina gli aveva dato il numero di targa dell'autovettura del giudice che egli aveva annotato su un'agendina che gli era stata sequestrata. Era stato interrogato sul numero annotato e si era giustificato dicendo che era un numero di telefono datogli da una ragazza. Quando il giudice Terranova veniva ucciso, si trovava in galera.

Tra i mafiosi del suo gruppo era scontato che l'omicidio del dott. Terranova , "risaliva ai vecchi rancori che c'erano" con Liggio e Riina.

Ammetteva che in occasione di incontri carcerari con Bagarella Leoluca, Madonia Francesco, Puccio Vincenzo, Madonia Giuseppe ed altri componenti di Cosa Nostra aveva commentato l'omicidio del Terranova, apprendendo che alcuni dei kiilers erano stati: Gambino Giacomo Giuseppe, Madonia Giuseppe, figlio di Francesco e Greco Giuseppe, detta Scarpuzzedda.

Ne parlava nel 1980 anche con Micalizzi che confermava quanto egli sapeva sui killers e gli comunicava che ce ne erano altri e cioè il Bagarella ed altri. Tra il 1986 ed il 1987 era stato all'Ucciardone insieme a Liggio Luciano. Liggio era ancora carico d'odio verso alcuni personaggi dello Stato. In particolare non perdonava ancora a Cesare Terranova ed al Russo che avessero arrestato anche persone che lavoravano alle sue dipendenze.

La Commissione di Cosa Nostra

Diceva che se usciva qualche altra persona da uccidere c'era sicuramente. Nel 1978 Gaetano Badalamenti veniva estromesso e perciò nel 1979 l'organo direzionale di Cosa Nostra era così costituito:

1) Rosario Riccobono per il mandamento di Partanna Mandello;

2) Francesco Madonia per il mandamento di Resuttana;

3) Pippo Calò per il mandamento di Palermo Centro;

4) Bernardo Brusca per il mandamento di S. Giuseppe Iato;

5) Michele Greco

6) Antonino Geraci per il mandamento di Partinico;

7) S.Riina e Bernardo Provenzano per il mandamento di Corleone;

8) Totò Scaglione per il mandamento di Ganci;

9) Stefano Bontade per il mandamento di S.Maria del Gesù;

10)Raffaele Ganci per il mandamento della Noce.

Costoro formavano la Comissione Provinciale di Palermo. La Commissione veniva costituita a partire dal 1975. Precedentemente influenzavano tutte le famiglie Luciano Liggio, Gaetano Badalamenti e Stefano Bontade.

In sede di controesame dichiarava che nel periodo in cui sorvegliava il giudice non aveva mai visto che disponesse di una scorta, cioè di "macchina della Polizia o dei Carabinieri". Controllava Terranova comodamente seduto, da dietro 1 vetri della finestra che c'era nel salone della casa del Micalizzi. Fino all'arresto di Leggio, avvenuto nel 1974, Salvatore Riina stava dietro le quinte. Veniva fuori alla fine del 1974, anche se a comandare era sempre Liggio. La Commissione si riuniva per trattare argomenti che interessavano tutta le mafia (pag. 59 Trascrizione). Quando teneva d'occhio il giudice c'era allarmismo, specialmente tra i Corleonesi che lo conoscevano e si parlava della tenacia con cui egli, al pari del col. dei C.C. Russo, (conduceva le indagini). Non sapeva perché il giudice fosse stato ucciso nel 1979, mentre egli i controlli li aveva fatti negli anni 75-76. Comunque quando si uccideva a Palermo qualcuno, non avveniva immediatamente dopo i controlli fatti , gli omicidi si facevano nei momenti opportuni. Egli, per esempio, sapeva sin dal 1982 che Rocco Chinnici sarebbe stato ucciso e che il capo famiglia di Tommaso Natale riferiva sul giudice a Rosario Riccobono, in quanto Chinici stava edificando un villino nella località Tommaso Natale. Il giudice è stato poi ucciso nel 1983 ma avrebbe potuto essere ucciso anche nell'84. Per uccidere si sceglievano i momenti favorevoli. Sia Liggio che Salvatore Riina avevano esternato in sua presenza il proprio odio verso il giudice Terranova.

La volontà della Commissione si formava a maggioranza, ma anche la minoranza era obbligata ad ottemperare a quanto era stato deciso. Non ricordava se il giudice era stato eletto al Parlamento quando lo sorvegliava. Era però certo che non lo vedesse ogni giorno e che quando lo vedeva dovesse riferire dettagliamente ogni particolare a Salvatore Riina. Sapeva delle intenzioni di Riina di uccidere il dr. Terranova ed il C.llo dei C.C. Russo già dal 72-73. L'omicidio avvenne nel 79 perché allora si presentò l'occasione propizia per farlo. Sicuramente prima del!' omicidio dovettero essere reiterati i controlli.

Le conferme di Salvatore Cancemi

Era stato mafioso del mandamento di Porta Nuova capeggiato da Pippo Calò. Dopo l'arresto di Calò, avvenuto nel 1987, aveva fatto parte della Commissione Provinciale. La Commissione era un organo direttivo di Cosa Nostra che si occupava delle cose più importanti e degli omicidi eccellenti. Riina e prima di lui Michele Greco, capi della Commissione, si riunivano e prendevano le decisioni. Sulla scorta della propria esperienza personale nessuno si era mai opposto alle decisioni.

Nel 1979 la Commissione era così composta: Il Capo era .Michele Greco, capomandainento di Ciaculli; Saro Riccobono, Pippo Calò, Nenè Geraci, S.Riina e B.Provenzano, Bernardo Brusca, Ciccio Madonia, Giuseppe Farinella. Aveva saputo dallo stesso Riina che il mandamento di Corleone era retto congiuntamente con B. Provenzano. Sapeva che Terranova era un giudice che combatteva Cosa Nostra ed era un giudice scomodo per i Riina, i Provenzano ed i Madonia. Queste cose le aveva apprese nel tempo da Pippo Calò, da Ganci Raffaele e dallo stesso Riina. E' stato un delitto voluto dalla Commissione al mille per mille. [...].

Le parole di Salvatore Contorno e Giovanni Brusca

Salvatore Contorno dal 75 al 1981 era stato aderente alla famiglia mafiosa di S.Maria del Gesù, comandata da Stefano Bontade.

[…] Dopo la morte di Luciano Liggio m commissione c'era anche Bernardo Provenzano. Quando si dovevano fare cose importanti, omicidi o cose eclatanti, si riuniva la Commissione che decideva il da farsi. Le decisioni della Commissione vincolavano tutti. Il giudice Terranova aveva fatto carcerare Luciano Liggio e persone a lui vicine. L'omicidio era partito dai corleonesi. E' stato un delitto deciso dalla Commissione. Egli, all'epoca, era uomo di fiducia di Stefano Bontade. Tutto ciò lo aveva appreso in Cosa Nostra, nella sua famiglia mafiosa ed in particolare da Stefano Bontade che era il suo capo – mandamento. […].

Giovanni Brusca aderiva a Cosa Nostra nel 1976, nel mandamento di S.Giuseppe Iato, capeggiato da Antonino Salamone,[...]. La Commissione Provinciale di Palermo nel 1979 era così composta: Capo Provincia era Michele Greco, c.m. di Ciaculli;

1) Rosario Riccobono; 2) Salvatore Scaglione; 3) Antonino Geraci; 4) Antonino Salamone; 5) Stefano Bontade; 6) Inzerillo Salvatore

7) Peppino Farinella; 8) Francesco Intilli; 9) Matteo Motisi; 10) Pippo Calò; 11) Francesco Madonia; 12) Salvatore Riina e Bernardo Brusca.

Da sempre, da quando era venuto a sapere che esistesse la Commissione, essa "serviva per giudicare, per deliberare tutto quello che competeva a Cosa Nostra". Quando c'era un problema – "dipende dal tipo di problema" - si andava in commissione, si andava a discutere e si decideva il da farsi. Le decisioni in linea di massima venivano

sostenute da una maggioranza, giacchè quando si andava in Commissione si andava con un risultato "già ben preciso". Le decisioni adottate vincolavano tutti 1 componenti della Commissione.

[…] Quando si seppe dell'omicidio del giudice il padre gli disse di non saperne niente, in quanto Antonino Salamone era in Sicilia. A detta del padre, l'omicidio del Terranova era stato eseguito richiesta di Luciano Liggio e con l'approvazione di tutta la Commissione perché (il giudice era) ritenuto nemico di Cosa Nostra per via delle inchieste da lui condotte.

Tra i Killers più fidati all'epoca dell'omicidio, c'erano lui stesso, Filippo Marchese, Leoluca Bagarella, Pippo Madonia, Pippo Gambino, Madonia Antonino.

Le riunioni della Commissione si tenevano in quegli anni alla Favarella, nella proprietà di Michele Greco, ove aveva "un sacco di volte" accompagnato il padre ed altri esponenti dell'organizzazione. […].

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