Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata a Cesare Terranova, il primo giudice a mandare a processo per associazione a delinquere la cosca di Corleone.

Il P.M. esibiva alla Corte alcune dichiarazioni rese da Buscetta Tommaso al G.I. del Tribunale di Palermo in merito al fatto omicidiario, ottenendo la riapertura del dibattimento, perché la Corte decideva di esaminare il collaboratore. Buscetta sostanzialmente asseriva di aver saputo da Salvatore Inzerillo che l'omicidio del Terranova era stato decretato dalla Commissione provinciale della mafia palermitana.

Notava però la Corte che interrogato dal G.I. il 25.7.84 il predetto avesse dichiarato di aver appreso dall'Inzerillo che gli omicidi di Boris Giuliano, di Cesare Terranova e di Pier Santi Mattarella erano stati decisi dalla Commissione all'insaputa di Inzerillo, di Stefano Bontade e di Rosario Riccobono.

Pertanto, non essendo possibile sapere da chi l'Inzerillo avesse avuto le notizie fornite al Buscetta, le dichiarazioni da quest'ultimo rese non potevano considerarsi concludenti.

L'interposto appello veniva così rigettato.

La sentenza veniva gravata di ricorso in Cassazione parimenti rigettato il 10/5/88, in quanto il Supremo Collegio riteneva corretto l'iter logicogiuridico delle motivazioni poste dal giudice di merito a sostegno della adottata decisione.

Puntualizzava in particolare il Supremo Collegio che le rivelazioni del boss Di Cristina erano "de relato" e non indicavano la fonte, in quanto non si era potuto stabilire come ed attraverso quali canali il confidente avesse appreso la notizia della progettata uccisione del giudice Terranova.

Anche Greco Michele, Brusca Bernardo, Riina Salvatore , Geraci Antonino, Madonia Francesco, Calò Giuseppe e Provenzano Bernardo, componenti della commissione provinciale della mafia palermitana, venivano, con un secondo procedimento penale, incriminati per l'eccidio, ma con sentenza del G.I. di Reggio Cal. del 23.10.89, modificata, relativamente alla formula, dalla Corte d'Appello con sentenza del 28.6.90, venivano prosciolti dall'imputazione loro ascritta.

Quest'ultimo procedimento penale veniva, in seguito a nuove prove acquisite dal P.M., riaperto. Ed infatti, con atto depositato il 18/2/97 il P.M. chiedeva al GIP del Tribunale di Reggio Cal. di revocare il proscioglimento di Greco Michele, Brusca Bernardo, Riina Salvatore, Geraci Antonino, Madonia Francesco, Calò Giuseppe e Provenzano Bernardo, relativamente al processo per l'omicidio del giudice Terranova, disposto con sentenza del G.I. del Tribunale di Reggio Calabria il 23-10-89, riformata, quanto alla formula di proscioglimento, dalla sezione istruttoria della Corte d'Appello di Reggio Cal. il 28.6.90.

Il G.U.P., in data 2.6.97, fissava l'udienza in Camera di Consiglio per deliberare in ordine alla richiesta e con ordinanza del 20/6/97, decidendo in esito alla svolta udienza, revocava il disposto proscioglimento in quanto ravvisava sussistenti nuove fonti di prova, quali le dichiarazioni di Mutolo Gaspare e Di Carlo Francesco, le indagini effettuate a loro riscontro ed alcune pronuncie giurisprudenziali passate in giudicato.

Nuovi imputati

Successivamente, all'esito dell'udienza preliminare, con sentenza-decreto dell' 11/8/97, il GUP proscioglieva dal reato ascrittogli Marino Francesco Paolo e rinviava al giudizio della Corte d'Assise di Reggio Cal. - sez. prima - gli imputati menzionati, nonché Farinella Giuseppe, Bagarella Leoluca Biagio e Madonia Giuseppe.

All'udienza del 3.1.98, costituite in giudizio le parti, il patrono della parte civile Giovanna Giaconia Terranova eccepiva l'incompetenza per territorio della Corte d'Assise del Tribunale di Reggio Cal., assumendo che il procedimento in corso fosse diverso rispetto a quello celebrato contro Luciano Leggio.

La Corte, pur convenendo che in questo procedimento gli imputati dell'omicidio del giudice Terranova e della sua scorta fossero persone diverse dal Leggio, riteneva la circostanza ininfluente, giacchè la competenza per territorio si radica non già in relazione al procedimento, inteso come complesso dei suoi tradizionali elementi identificativi, bensì in relazione al semplice fatto - reato, come evincesi dall'art. 8 comma 1 ° c.p.p laddove recita che la competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato.

All'udienza del 5.3.98, veniva discussa un'istanza, depositata in cancelleria dalla difesa di Riina Salvatore e Geraci Antonio, con la quale, richiamati i due procedimenti conclusi di cui si è detto, si chiedeva il proscioglimento degli imputati o l'emissione di una

declaratoria d'improcedibilità, per precedente giudicato.

La Corte non ravvisando la sussistenza delle condizioni necessarie per l'applicazione del principio del ne bis in idem, ordinava procedersi oltre nel dibattimento.

Nel corso della stessa udienza veniva sollevata dalla difesa eccezione d'illegittimità costituzionale dell'art. 146 bis delle norme d'attuazione del c.p.p. che, con ordinanza emessa in pari data, non veniva accolta.

All'udienza del 27.1.99, in accoglimento della richiesta fatta dal P.M., la Corte disponeva, relativamente a tutti gli imputati detenuti, la sospensione, ai sensi dell'art. 304 comma 2° c.p.p, dei termini di durata massima della custodia cautelare durante il tempo in cui erano tenute le udienze, negli intervalli tra un'udienza e l'altra e per il tempo

necessario alla deliberazione della sentenza.

All'udienza del 17 .9 .99 la Corte prendeva atto dell'impossibilità di procedere all'esame di Badalamenti Gaetano, chiamato a deporre dalla difesa.

Il Badalamenti avrebbe dovuto essere esaminato ai sensi dell'art. 210 c.p.p, in qualità di imputato di reato connesso. Essendo notorio che fosse detenuto negli USA si disponeva, con rogatoria, l'esame tramite video-conferenza. Ma così come riferito e documentato dalle autorità statunitensi, Gaetano Badalamenti, a mezzo del proprio legale Charles F. Carnesi, faceva sapere di non voler rispondere alle autorità italiane e di non essere a conoscenza dei fatti di causa.

Con successiva nota del 16.9.99, il dipartimento della giustizia degli USA precisava che l'unico modo legittimo con cui una persona rappresentata da un legale potesse comunicare con le autorità giudiziarie americane era il proprio legale e che, secondo l'ordinamento giuridico statunitense, non si poteva obbligare Badalamenti a presentarsi alla video-conferenza in quanto non era tenuto a rispondere alle domande che avrebbero potuto essergli poste.

Parimenti impossibile era procedere all'audizione di Buscetta Tommaso, anch'egli chiamato a rendere l'esame dalla difesa, ex art. 210 c.p.p., in quanto, risiedendo negli USA, al pari del Badalamenti faceva sapere, tramite il proprio difensore, di non volere rendere esame alcuno. Va però precisato che, effettuata la rogatoria, le autorità statunitensi comunicavano che erano pronte ad effettuare la videoconferenza internazionale ma delegavano l'autorità rogante a contattare il legale dell'interessato avvocato Luigi Ligotti, residente in Italia, per concordale le modalità temporali dell'atto. L'avvocato Luigi Ligotti interpellato da quest'ufficio, faceva pervenire, in risposta, quanto già detto.

Veniva altresì revocato, con motivata ordinanza (ud. 17/9/99) il già ammesso esame di Antonio Calderone e Francesco Marino Mannaia, chiamati a deporre dalla difesa.

Essendosi reso irreperibile, non era possibile citare per rendere l'esame Giuseppe Pellegritti, teste a discarico.

Si ricomincia da capo

All'udienza del 10.1.2000 gli imputati presenti ed i loro difensori chiedevano che il processo venisse concluso con il rito abbreviato, eccependo, in linea subordinata, l'incostituzionalità dell'art. 438 c.p.p. nella parte in cui nulla prevedeva relativamente ai processi in corso. Sentito il P.M. e le parti civili, la Corte rigettava il richiesto cambiamento di rito e giudicava manifestatamente infondata la sollevata eccezione d'incostituzionalità.

Venivano escussi, come testi d'accusa, il cap.no dei C.C. di Fazio Carmelino, Conti Francesco, Cavaliere Amedeo, Randazzo Francesco Paolo, Vasqquez Vittorio, Santi Donato, Botti Giusppe, Schipani Staulislao, Mulone Salvatore, Zerillo Nicolò, Alberti Maddalena, Pettinato Alfio, Pellegrini Angiolo, De Salvo Pietro, Mancuso Carmine, Mancuso Franco, Contrada Bruno, De Luca Antonio, Rizzo Santo, Giordano Santo, Michela Giuliana, Gerlando Miccichè, D' Antone Ignazio, Bertero Mario, Pagliotto Arrigo, Pace Luciano, Baldini Stefano, Panzica La Manna Michele, Scalia Luigi, Despinosa Giovanni, Filicaro Alessandro, De Simone Rocco, Magnoli Alfredo, Rizzo Aldo, Misiti Francesco, Fantasia Antonio, Spadoliatore Gaetano, Galantucci Simonetta, Battaglia Francesca, La Commare Giuseppe, Alberti Domenco, Urro Giuseppe, Rizzo Santo, Randazzo Angelo, Mulone Salvatore, Catonia Santo, Giunta Salvatore, Spanò Eugenio, Pellerita Salvatore, Puleo Pietro, Giaconia Giovanna, Del Tufo Caterina, Di Mattia Sergio, Michelangelo Morsellino.

Non tutti i testi sono personalmente comparsi.

Alcuni, infatti, per motivi vari hanno disertato il pretorio ma sull'accordo delle parti si è provveduto a fare includere nel fascicolo del dibattimento le dichiarazioni rese, su quanto era a loro conoscenza, nel corso del precedente processo celebrato per l'omicidio di Cesare Terranova.

Quando successivamente si riassumeranno le rese deposizioni, verrà indicata la data dell'udienza nel corso della quale i relativi verbali sono stati acquisiti al fascicolo del dibattimento.

Su richiesta del P.M. venivano esaminati ex art. 210 c.p.p. I collaboratori di guiustizia Mutolo Gaspare, Gangemi Salvatore, Contorno Salvatore, Brusca Giovanni, Sinagra Vincenzo, Marchese Giuseppe, Di Maggio Baldassarre, Drago Giovanni, Di Carlo

Francesco, Francesco Marino Mannoia, Spatola Rosario.

Era indicato tra i collaboratori da esaminare anche Tommaso Buscetta, ma sull'accordo delle parti si acquisivano i verbali dell'esame già dal predetto reso alla Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria il 15.4.86 nel corso del procedimento penale nr. 1/84 R.G. Ass. App. ed i verbali degli interrogatori resi al G.I. del Tribunale di Palermo, dalla Corte d'Assise d'Appello richiamati ed acquisiti davanti a quella Corte dal Buscetta confermati.

Successivamente, venivano esaminati gli imputati che avevano acconsentito a rendere l'esame.

Esaurito l'incombente venivano esaminati ex art. 210 c.p.p., i seguenti collaboratori di giustizia su richiesta della difesa: Giovanni Brusca, Baldassarre Di Maggio, Salvatore Contorno, Davì Francesco, Brusca Enzo Salvatore, cancemi Salvatore, Di Carlo Francesco, Mutolo Gaspare, Ienna Giovanni, Ganci Raffaele Calogero, Scarantino Vincenzo, Drago Giovanni, Ferro Giuseppe, Spatola Rosario, Siino Angelo, Di Matteo Mario.

Nel corso del processo le parti depositavano atti e documenti vari che, come da verbali di udienza, previo esame e parere di controparte, venivano acquisiti al fascicolo del dibattimento.

Espletati gli incombenti istruttori il P.M., i patroni di parte civile e le difese concludevano come in atti. Esauriti gli interventi difensivi gli imputati facevano spontanee dichiarazioni. Dichiarato chiuso il dibattimento, il processo veniva posto in decisione e deciso come da dispositivo.

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