Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata a Cesare Terranova, il primo giudice a mandare a processo per associazione a delinquere la cosca di Corleone.

Nell'immediatezza delle indagini, indizi di reità emergevano a carico di Luciano Leggio in danno del quale veniva esercitata l'azione penale.

Successivamente, sulla scorta delle dichiarazioni rese al G.I. Falcone da Tommaso Buscetta, un secondo procedimento penale veniva instaurato contro i componenti della c.d. cupola o commissione provinciale della mafia palermitana.

Come evincesi dalla sentenza n. 51/86 emessa dalla Corte Assise d'Appello di Reggio Cal. nel procedimento penale contro Leggio Luciano, passata in giudicato il 10/5/88, orientavano le indagini verso Luciano Leggio le dichiarazioni rese dai familiari del m.llo Mancuso e soprattutto le dichiarazioni rese da Giovanna Giaconia, vedova del giudice Terranova.

Il 26/9/79 dichiarava al Sostituto Procuratore della Repubblica di Palermo che il marito, avendo condotto importanti inchieste contro il clan mafioso capeggiato da Leggio Luciano era consapevole dei rischi cui andava incontro. Rammentava la donna due casi particolari che il marito era aduso raccontare a comprova dell'odio che Leggio nutriva contro di lui.

Il primo riguardava il contegno tenuto nei suoi confronti dal Leggio in occasione di un interrogatorio avvenuto nel 1964 nel carcere dell'Ucciardone. L'imputato, assumendo di essere ammalato, voleva essere interrogato in infermeria, ma il giudice, accertata la pretestuosità della malattia, lo aveva fatto portare in barella al suo cospetto.

Poiché il Leggio si era rifiutato di rispondere e di declinare le proprie generalità, Terranova aveva dettato al cancelliere che l'imputato non sapeva di chi fosse figlio.

L’incontro all’epoca della Commissione Antimafia

Il secondo episodio riguardava un incontro avuto dal Terranova, in qualità di componente della commissione parlamentare antimafia, con Leggio nel 1974 nel carcere di Panna. In quell'occasione il detenuto lo aveva costantemente fissato con "uno sguardo di odio personale".

Espletate, sommarie e preliminari indagini, veniva avviata la procedura per la designazione del giudice competente a norma dell'art. 60 c.p.p. dell'epoca, a conclusione della quale la Corte di Cassazione rimetteva gli atti al Tribunale di Reggio Cal., per l'ulteriore corso.

Proseguiva le indagini il P.M. del Tribunale di Reggio Cal. che assumeva a verbale i congiunti delle due vittime, i testi già esaminati dalla PG e gli stessi verbalizzanti.

La Giaconia confermava le rese dichiarazioni, aggiungendo che il giudice era sereno e conduceva una vita normale e senza precauzioni frequentando circoli privati ubicati anche in posti solitari e bui.

Aggiungeva però che nel marzo del 78 quando veniva informato dal Col. dei C.C. Satoriale delle confidenze fatte dal Di Cristina, aveva redatto testamento, conferendo nel maggio - giugno successivi l'incarico di esecutori testamentari agli amici Micicchè e Randazzo.

Questi ultimi confermavano la circostanza. Relativamente alle confidenze fatte ai C.C. dal Di Cristina, venivano esaminati il Capitano Pettinato, il M.llo De Salvo ed il Col.Satoriale.

Le confidenze del boss Di Cristina

Il Pettinato dichiarava che il Di Cristina, dopo che due suoi amici erano morti in un attentato, il 26/2/78 aveva dichiarato il M.llo De Salvo che Luciano Leggio avrebbe potuto evadere dall'istituto penitenziario ove era ristretto e che la "cosca Leggio" aveva deciso di sopprimere il giudice Terranova.

Aggiungeva che successivamente si era incontrato in un casolare con il Di Cristina il 14/4/78 ed aveva avuto conferma di quanto riferitogli dal M.llo Di Salvo.

Quest'ultimo confermava il racconto del capitano, esprimendo la convinzione che il Di Cristina avesse detto cose fondate, in quanto a sua specifica domanda sulla fondatezza aveva risposto: se glielo dico io vuol dire che trattasi di notizie fondate.

Il col. Satoriale dichiarava di essere stato informato di tutto dal cap.no Pettinato e di aver a sua volta informato il dott. Terranova ed il M.llo Mancuso. A salvaguardia del magistrato erano stati predisposti servizi di vigilanza che dopo alcuni mesi erano stati allentati.

Antonio Di Cristina, fratello del confidente, dava conferma dell'incontro del germano con il capitano Pettinato in una zona di campagna nei pressi di Riesi. Non aveva assistito al colloquio, quanto era rimasto fuori casa ad attendere in compagnia del De Salvo.

Quest'ultimo confermava questo particolare.

Venivano acquisiti dal P.M. la copia di un rapporto datato 10.3.69 della Questura di Bari e la fotocopia di un'intervista rilasciata il 22/10/78 dall'On.le Terranova al "Giornale di Sicilia".

Nel primo documento si asseriva che, nel corso di una udienza davanti alla Corte di Assise di Bari in cui Leggio rispondeva dell'omicidio del dr. Navarra, avesse definito Terranova come un "tronfio e volgare nazista".

Dal secondo emergeva che Terranova avesse dichiarato alla stampa di essere a conoscenza delle confidenze del Di Cristina e di non avere paura delle minacce di morte. Soggiungeva di essere consapevole dell'ostilità nutrita nei suoi confronti dal Leggio dato che questi lo riteneva - ed infatti così era - il responsabile esclusivo della sua fine.

Riferiva che aveva cooperato all'arresto del Leggio a Milano nel 1974, fornendone una particolareggiata descrizione ai carabinieri e che quando aveva incontrato il predetto nel carcere di Parma era stato da lui "fissato con intenzione per tutta la durata dell'incontro".

Concludeva l'intervista asserendo che un detenuto di grosso calibro, nel corso di un secondo incontro cui aveva preso parte quale membro della Commissione Parlamentare Antimafia, gli avesse detto: "si guardi da Leggio".

In esito a siffatte risultanze, il P.M. emetteva contro il Leggio ordine di

cattura. Successivamente si procedeva con il rito formale ed, espletati gli incombenti istruttori, il G.I il 31.3.82 rinviava l'imputato al giudizio della Corte d'Assise di Reggio Calabria

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