Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata a Cesare Terranova, il primo giudice a mandare a processo per associazione a delinquere la cosca di Corleone.

Il 3/10/79 aveva inoltrato, in qualità di dirigente interinale della Squadra Mobile della Questura di Palermo, un rapporto alla Magistratura, relativo all'omicidio del giudice Terranova e del M.llo Mancuso. Dirigeva la Squadra Mobile dal 22/7 /79, il giorno successivo all'omicidio del Dr. Boris Giuliano.

Aveva avuto notizie dell'omicidio tra le ore 8,30 e le 9,00 mentre a bordo di un'autovettura si recava al lavoro. La radio di bordo segnalava che all'angolo tra Via Rutelli e Via De Amicis c'era stata una sparatoria. Pertanto si recava subito sul posto.

Conosceva personalmente il dr. Terranova e quando arrivava sul posto ne riconosceva il cadavere seduto al posto guida della FIAT 131, così come riconosceva il M.llo Mancuso che dava ancora segni di vita.

La macchina era ferma e aveva inserita la marcia indietro.

Per immettersi da Via Rutelli in Via De Amicis, il dr. Terranova aveva fatto un piccolo tratto di strada a marcia indietro. Giunto all'angolo scattava l'agguato.

Nell'immediatezza del fatto era stato possibile apprendere che avevano sparato due persone di circa trentanni, anche se qualcuno parlava di 18- 20 anni. Uno dei due era biondino e di bassa statura.

Quando arrivava sul posto c'era chi diceva che i Killers si erano allontanati con una macchina rossa, chi diceva con una macchina marrone e chi diceva con un macchina di colore ruggine.

Comunque verso le ore 9,00 la Polizia rinveniva poco distante dal luogo del delitto la Peugeot usata dagli assassini, abbandonata.

La macchina risultava di provenienza furtiva ed aveva applicate targhe di egual provenienza. La targa applicata era P A 537927.

Sul posto del delitto venivano rinvenuti bossoli per pistole cal.9 e bossoli per carabina cal. 7.62.

Le piste investigative

Poco dopo le ore 9,00 giungeva all'Ansa di Roma o ad un giornale della capitale una telefonata con cui "Ordine Nuovo" rivendicava l'attentato, testualente asserendo: "A Palermo abbiamo giustiziato il boia Cesare Terranova".

Le piste investigative seguite furono:

1) l'attività svolte dal giudice in Corte d'Appello, ( subito dopo il rientro in magistratura). Accertavano però che avesse trattato processi "di poco conto" che non giustificavano il delitto. Pertanto questa pista veniva abbandonata.

2) L'attività svolta dal Terranova quale G.I. in Palermo negli anni 60. Aveva infatti istruito un grosso processo contro la criminalità mafiosa, contro centinaia di persone, sfociato in un processo che venne celebrato a Catanzaro.

3) L'attività svolta come membro della Commissione Parlamentare Antimafia.

4) La nota intenzione esternata dal dott. Terranova di andare a dirigere l'ufficio

istruzione penale del Tribunale di Palermo. Al riguardo il giudice aveva anche rilasciato interviste ai giornali di Palermo.

Poiché non c'era dubbio che si trattasse di un delitto di mafia, a suo giudizio la causale risiedeva nelle preoccupazioni che aveva ingenerato nella mafia il ritorno di Terranova al Tribunale di Palermo come capo dell'Ufficio Istruzione Penale. Questa era la pista più valida e ne aveva riferito con apposito rapporto al Procuratore della Repubblica di

Reggio Calabria

Tra le carte di Terranova all'epoca delle indagini veniva trovato uno stralcio di una lettera datata 15/5/65 inviata da Luciano Leggio alla sorella Maria Antonia, contenente espressioni di rancore verso il magistrato.

C'era pure una lettera anonima con la quale l'ignoto, scrivendo per conto del sig. Leggio concludeva che se si fosse stancato dell'azione della Questura il Leggio avrebbe dato degli ordini cui sarebbe conseguito il funerale. La missiva risultava inviata il 27 .3. 71.

Nel 1971 Liggio era latitante. Aveva saputo delle confidenze fatte da Di Cristina al capitano dei C.c. Pettinato sul possibile omicidio di Terranova. Dette confidenze venivano prese in considerazione dalla Squadra Mobile dopo l'omicidio del Di Cristina, avvenuto a Palermo nel 1978. Era al corrente del numero di targa dell'autovettura del Terranova rinvenuto scritto nell'agenda che aveva con se Mutolo Gaspare quando nel maggio del 1976 era stato arrestato.

Ne avevano riferito alla magistratura con rapporto del 2/8/76. Circa i motivi del possesso da parte di Mutolo del numero di targa, nel rapporto erano state fatte due ipotesi:

1) o era da collegare al fatto che il giudice aveva istruito un processo a carico della famiglia mafiosa di Partanna Mondello, capeggiata da Rosario Riccobono, di cui il Mutolo era il braccio destro;

2) o era da collegare al fatto che, quando veniva ucciso l'agente Cappiello veniva ferito anche un operatore economico di Palermo, Angelo Randazzo che era un amico del dott. Terranova, ed autori del reato erano considerati i mafiosi della famiglia di Riccobono.

Dopo l'uccisione di Terranova non venivano fatti accertamenti su Gaspare Mutolo perché nel 1979 era in carcere.

Il Riccobono nel 1979 era irreperibile.

Non venivano svolti accertamenti nemmeno sul suo conto, perché dell'accusa di omicidio in danno del Cappiello era stato assolto insieme al Mutolo, a Micalizzi Salvatore ed altri. Micalizzi Salvatore nel 1979 era libero.

Si era occupato delle indagini relative all'omicidio del dott. 'Terranova sino all' 1/2/80 quando veniva nominato il nuovo dirigente della Squadra Mobile.

In sede di contro esame precisava che le indagini sui numeri rinvenuti in possesso del Mutolo venivano fatte dai dott. Antonio De Luca e Vittorio Vasquez. Avevano riferito all'A.G. che procedeva per l'omicidio Terranova che tre anni prima era stata rinvenuta un'agenda in possesso del Mutolo in cui era annotato il numero di targa del magistrato. «Si riferì questo perché era una cosa che riguardava la persona del giudice Terranova» ma non era stato ritenuto un dato rilevante ai fini delle indagini sull'omicidio.

Il dr. Terranova era rientrato in magistratura perché non era stato più candidato alle elezioni parlamentari.

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