Su Domani arriva il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la serie sull’omicidio di Mario Francese e quella sul patto tra Cosa Nostra e i colletti bianchi, raccontiamo adesso la seconda guerra di mafia, quarant’anni dopo.

Passa alla storia come la “seconda grande guerra di mafia”, in realtà è uno sterminio che cancella dalla faccia delle terra tutti i capi dell'aristocrazia di Cosa Nostra siciliana. Alla periferia dell'impero hanno già ucciso boss di peso come Giuseppe Di Cristina e Pippo Calderone, ma è a Palermo e nella sua provincia che si scatena l'attacco dei Corleonesi contro il potere criminale costituito. E' Totò Riina, il “contadino” sceso dalla Rocca Busambra, che in pochi mesi s'impadronisce della mafia dell'isola grazie ai traditori che ha all'interno di ogni "famiglia” palermitana e che gli svelano i movimenti e tutte le mosse di tutti i suoi nemici.

La capitale della Sicilia diventa una tonnara. Omicidi e stragi, le strade di Palermo che ogni giorno s'insanguinano. E poi la lupara bianca, il sequestro senza ritorno. Uomini attirati in un tranello, rapiti, torturati e “interrogati”. Il loro corpo non verrà mai più ritrovato.

La data ufficiale di questa mattanza risale esattamente a quarant'anni fa. E' l'11 marzo del 1981 quando scompare Giuseppe “Piddu” Panno, il patriarca di Casteldaccia, un anziano capo che ha fatto parte anche della Cupola, il governo della Cosa Nostra. Da quel momento, e sino all'autunno del 1983, la “guerra" farà in Sicilia più di mille morti.

Dopo Giuseppe Panno, il 23 aprile di quel 1981 tocca a Stefano Bontate, il “Principe di Villagrazia”, il mafioso più influente di Palermo, frequentatore dei salotti buoni, amico di uomini politici e dei pezzi grossi dell'imprenditoria palermitana. Dopo Stefano Bontate, l'11 maggio è il turno di Salvatore “Totuccio” Inzerillo, capo della “famiglia” di Passo di Rigano e con tanti “cugini” dall'altra parte dell'Atlantico, a Cherry Hill: i Gambino d'America. E poi tutti i loro alleati, i fidati guardaspalle, i figli, i padri e i fratelli. Di Inzerillo ne cadranno ventuno. Undici i Badalamenti uccisi. Undici anche i parenti di Tommaso Buscetta che verranno ammazzati. Buscetta poi, estradato dal Brasile dove era nascosto, si pentirà con il giudice istruttore Giovanni Falcone diventando il testimone chiave del maxi processo a Cosa Nostra.

In questa serie del Blog Mafie riproponiamo ampi stralci dell'ordinanza sentenza “Abbate Giovanni + 706“ - firmata dal consigliere istruttore Antonino Caponnetto e dai giudici Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Leonardo Guarnotta e Giuseppe Di Lello - che ha rinviato a giudizio nel 1985 i boss che poi saranno i protagonisti nell'aula bunker dell'Ucciardone del più grande procedimento giudiziario mai celebrato contro la mafia siciliana.
Brani tratti da due dei quaranta volumi che rappresentano l'atto di accusa contro i capi della consorteria criminale, il documento che resta la prima pietra della lotta alla mafia in Italia. Molte delle fotografie che pubblicheremo, giorno dopo giorno, provengono dall'Archivio della redazione del giornale “L'Ora” custodito nella Biblioteca centrale della Regione Siciliana.

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