Su Domani continua il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la serie sull’omicidio di Mario Francese e quella sul patto tra Cosa Nostra e i colletti bianchi, raccontiamo adesso la seconda guerra di mafia, quarant’anni dopo.

Alle ore 00,15 del 26 dicembre 1982, con una telefonata anonima, la centrale operativa del gruppo carabinieri di Palermo veniva avvisata di un duplice omicidio verificatosi poco prima nell'area condominiale del civico n. 26 di via Salvatore Cappello.

I militari dell'arma, recatisi sul posto, rilevavano che, tra le molte autovetture parcheggiate, vi erano una Fiat Ritmo targata PA-581281 con all'interno il cadavere di FICANO MICHELE, ed una Fiat 127 con il cadavere di FICANO GASPARE.

Gli stessi, attinti in più parti da colpi di arma da fuoco, erano rimasti esanimi nei rispettivi posti di guida.

Si apprendeva, inoltre, che CALABRESE ROSA – moglie di FICANO GASPARE e madre di FICANO MICHELE - al momento del fatto si trovava sull'auto del secondo e, rimasta illesa nel corso dell'attentato, era stata accompagnata in ospedale in stato di shock.

Veniva sentita informalmente in ospedale la vedova FICANO che riferiva come la figlia FRANCESCA fosse "fuggita" con GIOVANNI GRECO "GIOVANNELLO", circostanza questa già conosciuta, come si dirà, dagli inquirenti i quali, proprio sulla base di questo legame affettivo tra i due citati GIOVANI, non avevano difficoltà ad inquadrare il duplice omicidio nel più generale contesto della "caccia" scatenata dalle cosche "vincenti" per scovare e sopprimere detto "GIOVANNELLO".

Ed, infatti, nella impossibilità di conseguire quest'ultimo scopo, si stava attuando una azione tesa a fare intorno al predetto "terra bruciata" al fine - improbabile - di costringerlo a venir fuori o, quanto meno, di impedirgli, in caso di rientro a Palermo, un qualsiasi supporto "logistico".

[…] FICANO MICHELE - cugino della omonima vittima - riferiva che la cugina FRANCESCA, con grande disappunto dei suoi, era fuggita con GIOVANNELLO GRECO e successivamente aveva regolarizzato la sua posizione sposando il giovane con il solo rito civile.

Aggiungeva che, malgrado l'iniziale opposizione dei familiari, la ragazza si era riappacificata con gli stessi tanto che qualche volta aveva notato il "GIOVANNELLO" nella abitazione dei suoceri.

[…] Esprimeva, infine, la convinzione che i due fossero stati soppressi proprio a causa del vincolo di affinità stretto con GIOVANNI GRECO, anche perché sapeva come analoga sorte fosse toccata al padre di quest'ultimo, GRECO SALVATORE, nonché allo zio CINA' GIACOMO e a MARCHESE PIETRO.

Veniva sentita, inoltre, GRECO EVELINA fidanzata di FICANO MICHELE, la quale riferiva che il giovane aveva trascorso con lei la giornata precedente la sua uccisione, senza esternare alcuna preoccupazione per la sua incolumità.

Aggiungeva di essere a conoscenza del legame che univa FICANO FRANCESCA e "GIOVANNELLO" GRECO, notoriamente coinvolto in un grosso giro di mafia, e di avere esternato al fidanzato le sue preoccupazioni dopo la uccisione di altri parenti del primo, ma aveva ricevuto dal detto FICANO assicurazioni sulla estraneità sua e della famiglia ai fatti che vedevano coinvolti i citati GRECO.

Detto per inciso, GRECO EVELINA non risultava essere in alcun modo collegata con le famiglie GRECO che interessano il presente procedimento penale.

Il racconto della vedova

Veniva di nuovo sentita CALABRESE ROSA la quale, oltre a riferire di essere a conoscenza delle disavventure della figlia e di "GIOVANNELLO" GRECO, culminate con il loro arresto in Svizzera, aggiungeva che questa, posta in libertà dopo un breve periodo di detenzione, era tornata a Palermo ove era rimasta ospite dei suoi futuri suoceri.

Sull'ultima giornata dei suoi congiunti, riferiva di aver pranzato, insieme con il marito, presso il cognato FICANO UMBERTO il quale li tratteneva anche a cena, mentre il figlio MICHELE aveva trascorso quasi tutto il giorno con la fidanzata GRECO EVELINA.

Aveva avvisato il figlio che la Fiat 127 del padre, forse a causa della pioggia, non si metteva in moto per cui era necessaria la sua presenza per far ritorno a casa con l'altra auto, la Ritmo in suo possesso.

Il figlio, poco dopo, giungeva nella abitazione dello zio e provvedeva a far ripartire la Fiat 127 e, cosi', mentre il marito si poneva alla guida della predetta auto, lei prendeva posto a bordo della Fiat Ritmo condotta dal primo.

Riferiva, altresì, che, raggiunta l'area condominiale dello stabile ove era ubicato l'appartamento, aveva udito ripetute deflagrazioni subito attribuite a colpi di arma di fuoco e, d'istinto, abbracciava il figlio per proteggerlo.

Scesa dalla vettura per chiedere aiuto al marito che si trovava dietro e che stava effettuando la manovra di parcheggio, doveva constatare che anche questi aveva subito la stessa sorte.

Non aveva notato i killers, data l'oscurità e il loro precipitoso allontanamento, ma ricollegava il duplice omicidio alla "parentela" con GIOVANNELLO GRECO, nonché agli omicidi di GRECO SALVATORE, CINA' GIACOMO, MARCHESE PIETRO e SPICA ANTONINO.

Gli inquirenti ribadivano, quindi, il convincimento che la duplice esecuzione fosse da ricollegare alla strategia della "terra bruciata" cui prima si accennava, anche alla luce dei concomitanti avvenimenti culminati, quella stessa sera del 26 dicembre, nel triplice omicidio di GENOVA GIUSEPPE, D'AMICO ANTONINO e D'AMICO ORAZIO - genero, il primo, di TOMMASO BUSCETTA per averne sposato la figlia FELICIA -, nonché nel duplice omicidio di BUSCETTA VINCENZO e BUSCETTA ANTONINO, avutosi il successivo giorno 29 dicembre.

Ed, infatti, essendosi recato "GIOVANNELLO" GRECO in precedenza in Brasile, si poteva ipotizzare, in quei giorni di Natale, un rientro a Palermo sia di questi, sia di TOMMASO BUSCETTA con il quale il primo poteva essere in contatto, stante, appunto, quella trasferta brasiliana.

Il rilevante numero di omicidii avutisi proprio nel 1982 tra i congiunti ed amici e di "GIOVANNELLO" GRECO e di TOMMASO BUSCETTA, non ha consentito, per ragioni di sistemazione cronologica degli eventi, una trattazione contestuale degli stessi.

Un accorpamento, sulla base delle acquisizioni testimoniali, può essere operato in relazione agli omicidi dei FICANO e dei fratelli AMODEO, PAOLO e GIOVANNI, dovendosi ricercare la causale degli stessi nei legami di parentela e di amicizia che univa le vittime a "GIOVANNELLO" GRECO.

La vendetta dei Greco di Ciaculli

Prima di passare ad esaminare le modalità delle esecuzioni degli AMODEO, sarà necessario riferire quanto dichiarato da CALZETTA STAFANO sui FICANO.

Sin dalle sue prime dichiarazioni, parlando degli omicidi seguiti a quello di STEFANO BONTATE il CALZETTA elencava le vittime e tra queste poneva "i FICANO padre e figlio uccisi in via Salvatore Cappello come ritorsione per il tentativo in danno di qualcuno dei GRECO, credo PINO GRECO, da parte di GIOVANNELLO GRECO...".

Successivamente, parlando delle varie famiglie mafiose, aggiungeva significanti particolari su quanto avvenuto quel Natale del 1982.

"[…] Aspettai per quasi un'ora fintanto che non mi raggiunse ONOFRIO ZANCA. Gli chiesi che cosa fosse successo ed egli, che era visibilmente seccato, non mi rispose; insistetti ulteriormente ed egli mi rispose testualmente: "ci fu tufiata ai Ciaculli", il che equivale a: "hanno sparato ai Ciaculli". Chiesi altre spiegazioni ed ONOFRIO ZANCA mi disse: "vittiru a GIUVANNELLO GRECO cu l'AMERICANU".

Dalle scarne delucidazioni che ONOFRIO ZANCA mi diede capii che GIOVANNELLO GRECO insieme all'AMERICANO erano andati ai Ciaculli per dare il cattivo Natale ai GRECO. L'AMERICANO è un individuo di circa 40-45 anni, quasi calvo, bassino, magro, brutto in viso che, prima che scoppiasse la guerra tra le famiglie mafiose, commerciava con gli stupefacenti con PATRICOLA STEFANO e MATRANGA GIOVANNI. Questo era chiamato l'AMERICANO perché aveva vissuto per alcuni anni negli Stati Uniti e si era allontanato da Palermo, come STEFANO PATRICOLA, perché faceva parte del clan BONTATE.

Queste notizie, sia pure scarse, le ricevetti grazie ai particolari rapporti amichevoli che avevo con ONOFRIO ZANCA, ma mai mi sarei sognato di fare tali domande a CARMELO ZANCA, il quale essendo il capo della "famiglia" non mi dava alcuna confidenza.

Quella stessa sera, ad ora molto tarda, uccisero i FICANO padre e figlio, rispettivamente padre e fratello della ragazza che era fuggita con GIOVANNELLO GRECO.

Compresi immediatamente che tale duplice omicidio era stata la risposta dei GRECO di Ciaculli alla sparatoria che GIOVANNELLO GRECO e l'AMERICANO avevano fatto la mattina del 25 dicembre 1982.

Io non so a chi GIOVANNELLO GRECO e l'AMERICANO hanno sparato, ma sono certo che si trattasse di qualcuno dei GRECO".

"Ricordo che nei giorni successivi gli ZANCA erano piuttosto guardinghi ed evitavano di uscire la sera affermando che erano tempi brutti. Solo ultimamente li ho visti più tranquilli.

Ho appreso successivamente a tale episodio che la persona da me indicata come l'AMERICANO è stata uccisa negli Stati Uniti, all'incirca un mese e mezzo o due mesi addietro. Ho appreso altresì che la salma è stata trasportata dagli Stati Uniti a Palermo.

So pure che, lo stesso giorno di Natale, è scomparso un giovane abitante a Ciaculli, il cui fratello a nome ANGELO, abitante in Corso Dei Mille nell'edificio costruito da CAPITUMMINO FILIPPO, lavora in un deposito di ferro vecchio ubicato in via Macello. Non so quali siano le cause di questa scomparsa, ma mi sembra significativo che sia avvenuto nello stesso giorno della sparatoria ai Ciaculli".

[…] A questo punto, riprendendo in esame l'ipotesi avanzata dagli inquirenti circa la probabile connessione tra gli omicidi del 26-29 dicembre e un rientro a Palermo di GIOVANNELLO GRECO e TOMMASO BUSCETTA, è opportuno ricordare quanto riferito da quest'ultimo sul punto: "...... faccio presente che il BADALAMENTI mi disse che il giorno prima dell'uccisione di mio genero, GENOVA GIUSEPPE, vi era stato un tentativo di uccidere PINO GRECO "SCARPUZZEDDA" ai Ciaculli e che tale tentativo non era andato a buon fine; a questo punto, mi resi subito conto che tale attentato era collegato con la ritorsione nei confronti dei miei familiari, per cui contestai al BADALAMENTI di essere stato incauto nel chiamarmi in causa, facendolo sapere all'esterno, in vicende cui volevo rimanere estraneo".

Il BUSCETTA - che ha sempre negato qualsiasi collegamento con GIOVANNELLO GRECO, nonché qualsiasi suo coinvolgimento in tentativi di "riscossa" quale, appunto, il tentato omicidio di "SCARPUZZEDDA" - confermava, per averlo appreso dal BADALAMENTI, la sparatoria ai Ciaculli del 25 dicembre.

[…] Orbene queste dichiarazioni del BUSCETTA costituiscono un ulteriore formidabile riscontro della veridicità delle affermazioni di STEFANO CALZETTA in relazione alla "tufiata" e, conseguentemente, al movente degli omicidi dei FICANO, dei D'AMICO, di GENOVA GIUSEPPE: non a caso, infatti, l'unico autore dell'attentato a "SCARPUZZEDDA" raggiunto dai killers era il ROMANO al quale non risultava utile nemmeno la fuga negli U.S.A. e che veniva soppresso proprio mentre era in compagnia di un fedele amico di TOMMASO BUSCETTA.

Si uccide anche il 27 dicembre

Esaminato quanto emerso dal rapporto dei carabinieri e dalle dichiarazioni di CALZETTA STEFANO in merito alla soppressione dei FICANO, prima di vagliare criticamente le ipotesi accusatorie formulate dagli inquirenti, si procederà adesso all'esposizione delle circostanze della soppressione dei fratelli AMODEO e ad analizzare le testimonianze dei congiunti degli stessi per rilevare i nessi logici e probatori che legano tutti questi omicidi.

Il 27 dicembre 1982, verso le ore 10,30, agenti della Squadra Mobile si recavano in via Butera 44 ove era stato segnalato un omicidio, e, effettivamente, all'interno della salumeria contraddistinta da quel numero civico, trovavano il corpo esanime di un uomo colpito alla testa da numerosi colpi di arma da fuoco.

La vittima veniva identificata per AMODEO PAOLO e dal figlio della stessa, AMODEO GAETANO, che aveva assistito all'omicidio, si apprendeva che quest'ultimo alle ore 10,30, mentre era nel negozio del padre, aveva notato una fiat 131 di colore celeste con tre persone a bordo fermarsi poco più avanti. Delle tre, una rimaneva alla guida con il motore acceso, mentre altre due si avviavano verso la salumeria. Trattavasi, sempre secondo l'AMODEO, di due giovani di circa 20-25 anni, alti e snelli, con capelli scuri e corti, uno dei quali aveva un pantalone marrone ed un maglione, mentre l'altro aveva un giubbotto di renna marrone e si copriva un po' il viso con una sciarpa.

Quest'ultimo faceva immediatamente fuoco sul padre, mentre il primo rimaneva sulla soglia della porta per poi fuggire insieme all'altro dopo aver ripreso posto sull'autovettura condotta dal terzo complice.

L'AMODEO riferiva, altresì, che negli ultimi tempi non aveva notato nulla di anormale nel padre, né sapeva di minacce dallo stesso ricevute.

[…] CROCE DOMENICO, firmatario di alcuni effetti cambiari trovati addosso al morto, riferiva di aver contratto un debito con l'AMODEO avendo da lui acquistato una auto, debito che stava saldando un po' alla volta per sue difficoltà economiche.

Detto per inciso, CROCE DOMENICO - imputato in questo procedimento penale a seguito dell'emissione del mandato di cattura n.323/84 - risulta essere figlioccio di GRECO FERRARA SALVATORE "IL SENATORE".

Poiché dalle indagini era emersa la amicizia tra la famiglia di AMODEO PAOLO e quella di GRECO SALVATORE – padre di GIOVANNELLO GRECO - veniva sentita nuovamente BONANNO SANTA e questa - confidenzialmente - riferiva che proprio la amicizia con GIOVANNELLO GRECO era stata la causa della morte del marito e del fratello di questi - AMODEO GIOVANNI - ucciso il successivo 16.3.83.

Dette dichiarazioni confidenziali la BONANNO, ovviamente, le rendeva in un secondo tempo e, cioè, dopo l'uccisione del cognato: il rapporto giudiziario relativo alla morte di AMODEO PAOLO, infatti, porta la data del 6 ottobre 1983.

Come già accennato, il 16 marzo 1983 veniva ucciso AMODEO GIOVANNI all'interno della salumeria di via Garibaldi 78 dallo stesso gestita.

Il figlio della vittima - AMODEO VINCENZO - si trovava nell'esercizio al momento del delitto per esservisi recato verso le ore 8, insieme con la madre e col padre. […] Verso le 9,30, mentre si trovavano tutti all'interno del negozio, improvvisamente udiva diversi colpi di arma da fuoco e notava un individuo che impugnava una pistola. Cercava di bloccarlo e riusciva a fargli cadere la pistola per terra, ma non poteva impedire che si divincolasse e fuggisse via. Descriveva il killer come un individuo piuttosto mingherlino che indossava una giacca di color marrone.

Precisava che il fucile trovato nel negozio era di sua proprietà e che tutti i giorni si recava in detto esercizio e rimaneva seduto dietro una "barriera" di latte di olio per controllare l'ingresso.

Dette precauzioni erano dovute al fatto che lo zio (PAOLO) era stato ucciso senza alcun motivo il giorno dopo il duplice omicidio dei FICANO, parenti dei GRECO di Ciaculli (SALVATORE e GIOVANNELLO) i quali ultimi erano legati da antica amicizia al proprio genitore.

L'ipotesi investigativa

[…] A questo punto è necessario esaminare il perché di tanto accanimento profuso dalle cosche nella ricerca di GIOVANNELLO GRECO.

GIOVANNELLO GRECO era cognato di MARCHESE PIETRO per avere questo ultimo sposato la sorella ROSARIA, mentre detto MARCHESE era anche cognato di MARCHESE FILIPPO, per averne questi sposato la sorella.

I due - MARCHESE PIETRO e GIOVANNELLO GRECO - erano gli uomini di punta della nuova generazione all'interno della cosca di Ciaculli - Croceverde Giardini e, nella ricerca di nuovi spazi di potere, erano passati dalla parte di STEFANO BONTATE e SALVATORE INZERILLO.

Il 12 giugno 81, a Zurigo, la polizia svizzera arrestava MARCHESE PIETRO, la moglie GRECO ROSARIA, il fratello di questa GIOVANNELLO GRECO, FICANO FRANCESCA convivente di quest'ultimo, nonché SPICA ANTONIO figlioccio del MARCHESE, trovati tutti in possesso di documenti di identità falsi mentre tentavano di raggiungere in aereo il Brasile.

Il gruppo portava con sé anche la somma di lire 120.000.000 in banconote italiane, marchi tedeschi, dollari degli Stati Uniti ed altra valuta. Si accertava che parte delle banconote italiane provenivano dal riscatto pagato per il sequestro SUSINI, mentre poche altre banconote provenivano dal riscatto pagato per il sequestro ARMELLINI.

Lo SPICA riusciva ad evadere, ma veniva subito ripreso e, poco dopo, con il MARCHESE ed il GRECO, veniva estradato in Italia.

[…] Di ciò si è detto a proposito dell'omicidio dello SPICA, ma l'accenno a questi fatti serve a mostrare come spietata fosse la caccia ai traditori PIETRO MARCHESE e GIOVANNELLO GRECO. Ed, invero, il concomitante tentativo di fuga in Brasile sicuramente accomunava i tre giovani anche nelle ragioni di quella stessa fuga da Palermo e dall'Italia, ragioni che potevano essere ricercate anche nella eliminazione, poche settimane prima del giugno 81, dei capi mafia STEFANO BONTATE e SALVATORE INZERILLO.

La "ipotesi" del collegamento tra i tre giovani ed i bosses soppressi, avanzata dagli inquirenti con il citato rapporto del 13 luglio 82 (nel quale, appunto, si evidenziava come il BONTATE e l'INZERILLO avessero progettato la eliminazione dei bosses di Ciaculli e di Corleone cercando, ed ottenendo, l'aiuto di PIETRO MARCHESE e GIOVANNELLO GRECO), veniva indirettamente confermata da TOMMASO BUSCETTA, il quale era a conoscenza del "progetto", ma non dei dettagli operativi che sicuramente includevano la utilizzazione dei due "traditori".

[…] La "caccia" a PIETRO MARCHESE si doveva concludere nel carcere di Palermo ove questi veniva ucciso a coltellate, come pure, in modo cruento, si doveva concludere la caccia allo SPICA, al suo amico romano e a tanti altri di cui si è detto o si dirà.

Solo GIOVANNELLO GRECO riusciva a sottrarsi ai suoi inseguitori e, ottenuta la liberta' provvisoria, si dileguava nel nulla.

Chiara, quindi, la necessita' di trovarlo ad ogni costo e di impedirgli, comunque, un qualsiasi appoggio logistico nel caso fosse tornato a Palermo: per conseguire ciò, venivano trucidati il padre, GRECO SALVATORE, gli zii CINA' GIACOMO e PESCO VINCENZO, i FICANO e gli AMODEO.

La lucida e dettagliata descrizione di quel Natale del 1982 fatta da STEFANO CALZETTA evidenzia come GIOVANNELLO GRECO fosse tornato a Palermo - insieme con ROMANO GIUSEPPE "L'AMERICANO" - per un disperato tentativo di eliminare PINO GRECO (SCARPUZZEDDA).

A seguito della "tufiata" vi era stata una immediata reazione delle cosche avversarie che individuavano proprio in GIOVANNELLO GRECO ed in TOMMASO BUSCETTA l'esecutore (il primo) ed il mandante (il secondo) dell'attentato. […] La sequenza degli omicidi è chiaramente indicativa del citato convincimento: 26 dicembre 82, vengono uccisi FICANO GASPARE e MICHELE, nonché GENOVA GIUSEPPE, D'AMICO ANTONIO e D'AMICO ORAZIO, rispettivamente genero e nipoti di TOMMASO BUSCETTA; 27 dicembre 82, viene ucciso AMODEO PAOLO, ritenuto amico di famiglia di GIOVANNELLO GRECO; 29 dicembre 82, vengono uccisi BUSCETTA VINCENZO e BUSCETTA BENEDETTO, rispettivamente fratello e nipote di TOMMASO BUSCETTA; 8 febbraio 83, a Fort Lauderdale (Florida), vengono uccisi ROMANO GIUSEPPE "L'AMERICANO" e il suo amico, nonché amico di TOMMASO BUSCETTA, TRAMONTANA GIUSEPPE; 16 marzo 83, viene ucciso AMODEO GIOVANNI, amico di famiglia di GIOVANNELLO GRECO.

Il nesso logico che lega questi omicidi è, dunque, chiaramente rinvenibile nella deliberata - ed attuata - strategia di soppressione degli amici e dei congiunti dei "traditori" e degli avversari, strategia della quale i FICANO e gli AMODEO erano consapevoli, come emerge dalla citata testimonianza di AMODEO VINCENZO. […].

Testi tratti dall'ordinanza del maxi processo

© Riproduzione riservata