Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata all’omicidio del giornalista Giuseppe Fava, direttore de “I Siciliani”, ucciso con cinque colpi di pistola il 5 gennaio del 1984 a Catania. Nel 2003 la Cassazione condanna il boss Nitto Santapaola all’ergastolo perché ritenuto il mandante dell’omicidio. Mentre Aldo Ercolano e Maurizio Avola (reo confesso) sono stati condannati come i killer dell’omicidio.

Così come è puntualmente avvenuto per il rilievo relativo alla inverosimiglianza della circostanza, riferita da Grancagnolo, relativa alle pistole esposte da Avola sopra il banco frigorifero all’interno del bar annesso al rifornimento Agip, l’interrogativo suindicato prima della Corte se lo è posto lo stesso Avola Maurizio, in seno al confronto con Grancagnolo del 7.12.1994.

[…] Nella specie il tanto vituperato Avola, pur avendo espressamente appreso dalla viva voce del pm quale era stata la dichiarazione resa da Grancagnolo (che peraltro conosceva perfettamente, perché riportata in seno alla ordinanza di custodia cautelare notificatagli in carcere il 17.12.1993, con la quale gli era stato contestato il reato associativo, e perchè depositata presso il Tribunale della Libertà di Catania adito da Avola in sede di riesame), ad appena nove mesi dall’inizio della collaborazione non solo si è guardato bene dall’assecondare e dall’adeguarsi al dictum di Grancagnolo, ma ha sottoposto il racconto di quest’ultimo ad una analisi critica, tanto spietata quanto logica e puntuale, quale ci si sarebbe aspettati che fosse provenuta solo dai banchi della difesa più accanita e non pure da colui che è stato definito come il maestro degli adeguamenti e degli infingimenti più sofisticati ed acrobatici.

Ebbene Avola Maurizio il 7.12.1994 ha detto a Grancagnolo, che insisteva nella sua rappresentazione degli eventi relativi a quella sera del 5.1.1984 al Motel: “dove c’eri tu ?” ed, avendo Grancagnolo risposto: “non nell’omicidio attenzione, quando vi ho visto partire, Maurizio”, Avola in maniera veramente brillante, a parere della Corte, ebbe a replicare così: “ma potevamo andare anche a prenderci un caffè….tu lo sai….che ne sai dove siamo andati?”.

[…] Orbene non c’è dubbio che Grancagnolo ha visto solo partire dal Motel Agip di Ognina sei persone armate con tre macchine in un orario che è non è incompatibile con quello della uccisione di Fava, ma null’altro ha visto e neanche detto per scienza diretta o anche de relato in ordine a quanto i sei personaggi, che aveva visto partire, avessero fatto appena un secondo dopo avere superato la concessionaria Alfa Romeo sita sulla circonvallazione e comunque più in genere nulla ha saputo dire sulla fase strettamente esecutiva del delitto, e cioè con riferimento alla uccisione di Fava ed ai momenti immediatamente precedenti alla stessa.

E’ proprio il caso di dire che nella propalazione di Grancagnolo è ravvisabile un enorme “buco nero” che parte dalla concessionaria Alfa Romeo ubicata sulla circonvallazione di Catania e finisce in via della Stadio davanti al Teatro Stabile e trattasi di un buco enorme lungo diversi chilometri.

Va a questo punto precisato, in punto di diritto, che la concreta e reale incidenza di una determinata dichiarazione sul piano della accusa, per di più individualizzante, nei confronti dell’imputato deve essere trovata ed analizzata esclusivamente all’interno della stessa dichiarazione, la quale in questa fase deve essere considerata assolutamente autarchica e non può essere vicariata ovvero anche solo supportata da altri elementi esterni, con i quali solamente in un secondo momento (e, cioè, all’esito della analisi relativa alla attendibilità intrinseca della stessa dichiarazione, che si compie e si esaurisce all’interno dello stesso dichiarato) potrà essere posta a confronto per accertare se sussiste o meno una ipotesi di convergenza del molteplice rilevante ai sensi dell’art. 192 comma terzo cpp.

Dubbi e interrogativi senza risposta

Ora, ciò premesso, è bene porsi un interrogativo drammatico: chi può escludere, sulla base della sola propalazione di Grancagnolo, che il commando dopo avere superato la concessionaria Alfa Romeo (e cioè in un momento successivo a quello in cui Grancagnolo ebbe a separarsi dal corteo di macchine) nella sua composizione soggettiva originaria di sei persone si sia progressivamente ovvero anche istantaneamente frazionato e disciolto, nel senso che (per esempio) due delle tre macchine abbiano preso una strada ed una direzione lontane mille miglia da via dello Stadio, lasciando che ivi si fosse recato solo Avola (il quale è stato ritenuto responsabile in ordine all’omicidio di Fava con sentenza del gip presso il Tribunale di Catania del 16.1.1996 e condannato alla pena di anni sei mesi tre di reclusione così come determinata nel giudizio di secondo grado dalla sentenza della Corte di Assise di Appello del 5.3.1997 passata in cosa giudicata) ed, analogamente, è bene interrogarsi anche per accertare (nel caso in cui - in via di mera ipotesi - il commando non si fosse disciolto integralmente ed Avola fosse stato accompagnato in via dello Stadio da alcuno ovvero da alcuni dei componenti del commando nella sua composizione originaria partita dal Motel Agip) quale indicazione è lecito inferire dalla dichiarazione di Grancagnolo al fine di potere affermare che Avola è stato accompagnato ed aiutato in via dello Stadio, per esempio, da Tizio e Caio mentre Sempronio Filano e Martino sono andati a prendersi il caffè di cui ha parlato Avola ovvero in pizzeria ovvero ancora in discoteca ovvero ancora più semplicemente a casa per dormire.

Sono interrogativi certamente drammatici a cui la dichiarazione di Grancagnolo non consente affatto di rispondere e paradossalmente è lo stesso interrogativo che ha indotto il medesimo Grancagnolo in sede di confronto del 7.12.1994 ad estromettere il Tuccio dai soggetti indicati siccome “presenti all’omicidio”, solo che sarebbe stato il caso di chiedere a Grancagnolo un chiarimento in ordine alla motivazione che lo ha indotto, per così dire, a “stralciare” la posizione di Tuccio da quella degli altri componenti il commando nella sua composizione originaria.

E se gli interrogativi suddetti rimangono purtroppo desolatamente senza risposta alcuna, devesi necessariamente concludere, a parere della Corte, che la indicazione accusatoria riveniente sul piano individualizzante dalla dichiarazione di Grancagnolo con riferimento alla fase esecutiva dell’omicidio di Fava è, non evanescente, ma assolutamente pari a zero, e cioè del tutto nulla, mancando un riferimento anche solo di carattere minimale ad un qualunque intervento materialmente spiegato dal singolo imputato, che possa consentire al giudice di ritenere che questo singolo imputato (e non altro ovvero altri ancora) abbia tenuto anche solo un misero segmento di condotta di partecipazione nell’omicidio di Giuseppe Fava, segmento che possa connotarsi siccome dotato di una efficacia causale rispetto all’assassinio di Fava avvenuto in via dello Stadio alle ore 22 circa.

Ora reputa la Corte che in nessun caso, ma proprio in nessun caso, anche a volere aderire alla più accanita delle logiche accusatorie, il segmento della condotta di partecipazione suindicato possa essere ravvisato in un comportamento che sia consistito, per ciascuno degli imputati chiamati in reità da Grancagnolo, nell’essere partito armato di una pistola cal. 7,65 (uguale a quella dalla quale furono esplosi i colpi mortali) dal Motel Agip in un orario non incompatibile con quello della uccisione di Fava e nell’avere percorso la circumvallazione di Catania fino alla concessionaria Alfa Romeo, quando nulla ha detto Grancagnolo di ciò che è avvenuto dopo nel c.d. “buco nero” di cui si è detto.

Ed infine osserva la Corte che anche il tipo di scandaglio effettuato dal pm in sede di confronto avvenuto il 7.12.1994 tra Avola e Grancagnolo nella fase delle indagini preliminari appaia emblematico della considerazione svolta, per cui il racconto di Grancagnolo in ordine alla partenza del commando dal Motel Agip si presta a qualunque sviluppo possibile ed immaginabile (ferma restando, ovviamente, la considerazione che pistola cal. 7,65 mostrata a tutti nel bar del Motel Agip non era certo l’unica circolante a Catania in quel periodo).

Le domande del pm

Ebbene in quella sede (di elevatissimo profilo investigativo) lo stesso pm (mostrando di essere indubbiamente alla ricerca della verità sostanziale), alla luce anche delle divergenze profonde emerse, con riferimento allo stesso evento, tra il dictum di Grancagnolo e quello di Avola, ha specificamente invitato Grancagnolo a riflettere su una ipotesi (in cui è, pregevolmente, compendiata tutta la tematica svolta in questa sede) che così è stata formulata, a pag. 17 del verbale, dallo stesso pm: «potrebbe essere accaduto che lei si trovasse al rifornimento Agip allorché sia partita un’altra spedizione per andare a compiere un altro omicidio. Come fa lei ad essere certo che si sia trattato proprio dell’omicidio Fava?», per poi chiedere al collaborante ancora più espressamente: «ma in effetti è sicuro che quella sera non furono commessi altri omicidi?».

Anche il rappresentante della Pubblica Accusa ebbe il dubbio, avvertito subito in sede di confronto e lealmente esternato al Grancagnolo, che questi potesse essersi trovato quella sera al Motel Agip allorché partì un commando destinato a commettere un omicidio diverso da quello di Fava.

Non c’è dubbio alcuno in conclusione: il dictum di Grancagnolo sulla partenza del commando dal Motel, pur volendo prescindere da tutte le ombre in tema di attendibilità intrinseca di cui si è fatto cenno in precedenza, più che contenere una vera e propria indicazione accusatoria, per di più individualizzante, nei confronti degli imputati in ordine alla esecuzione dell’omicidio di Giuseppe Fava avvenuto in via dello Stadio alle ore 22 circa, si appalesa, per usare una metafora, come un vestito buono per ogni stagione e per qualsiasi circostanza, e fuori di metafora, come il segmento iniziale di una spedizione omicidiaria della quale però si sconosce assolutamente lo sviluppo successivo ed ovviamente l’esito.

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