Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla relazione antimafia del 1976 scritta da Pio La Torre e dal giudice Cesare Terranova. Un documento che a circa cinquant’anni di distanza rimane ancora attuale.

L’onorevole Gioia ha ritenuto di potersi difendere con l'argomento che gli affari tra Vassallo e Cusenza per l'edificio in via Duca della Verdura sono precedenti alla nomina del Cusenza a presidente della Cassa di Risparmio (ma i due si erano già conosciuti bene per la fognatura di Tommaso Natale... quando Cusenza era sindaco di Palermo).

Sempre secondo Gioia le vendite di appartamenti Vassallo alla famiglia di Cusenza (compresa la moglie dell'onorevole Gioia) per un prezzo di quasi 200.000.000 (in lire 1963!), sarebbe avvenuto dopo la morte del Cusenza e quindi ad iniziativa autonoma delle figlie.

Resta il fatto che, negli stessi giorni, quattro giovani signore, sposate e residenti in zone diverse della città, ebbero la felice idea di investire cospicue somme nell'acquisto di appartamenti del costruttore Vassallo. Non è lecito il sospetto che il Vassallo avesse concordato, mentre il Cusenza era in vita, di cedergli degli appartamenti e, essendo sopravvenuta la morte di costui, si siano stipulati gli atti con gli eredi?

D'altro canto tutti gli uomini di Gioia si trovano ad acquistare appartamenti di Vassallo. Il che lascia intravvedere che si è trattato di vendite di favore. Va sottolineato, infine, come la personalità di Vassallo è di chiara estrazione mafiosa come si può ricavare dagli elementi a suo carico forniti dalla Polizia e dai Carabinieri. D’altra parte la vicenda del sequestro del figlio di Vassallo ha messo in evidenza, ancora una volta, il comportamento di tipo mafioso del Francesco Vassallo.

Il conte Cassina

Un altro pilastro del sistema di potere mafioso a Palermo è rappresentato dall'impresario Arturo Cassina che ha gestito, ininterrottamente, per ben 36 anni, il servizio di manutenzione delle strade e delle fogne del comune di Palermo.

Si è verificato, ininterrottamente, alla scadenza del contratto, che il Consiglio comunale sia stato messo di fronte al fatto compiuto del rinnovo automatico dell'appalto alla ditta Cassina. E ciò nonostante le vivaci proteste dell'opposizione di sinistra. Il Cassina, infatti, ha legami ben saldi a destra (basti ricordare la vicenda del giornale filofascista Telestar di cui il Cassina era l'editore...). Il servizio di manutenzione delle strade a Palermo è stato gestito dall'impresa Cassina in maniera indecente.

Il Cassina ha sempre dato in subappalto, a piccoli mafiosi dei vari rioni, i lavori da eseguire. Lo stesso metodo egli ha seguito per la gestione della cava di pietre in località Boccadifalco. Il Cassina si è accaparrato, avvalendosi di metodi mafiosi, vaste aree attorno alla città e particolarmente nella zona di monte Caputo dove i piccoli proprietari sono stati minacciati dai mafiosi per cedere il terreno a Cassina.

Il sequestro del figlio di Cassina, ingegner Luciano, come quello del figlio di Vassallo, si spiega proprio nell'ambito dello scontro fra cosche mafiose. Sistemi analoghi vengono adottati per la gestione della manutenzione stradale alla provincia. (Basti ricordare la denunzia documentata fatta all'Assemblea Regionale siciliana a proposito degli appalti alla ditta Patti della manutenzione delle strade provinciali che ha visto implicati alcuni degli uomini di fiducia di Gioia, quali l'ex presidente dalla Provincia Antonino Raggio). Tutti i servizi del Comune e della Provincia vengono appaltati con criteri mafiosi e con risultati rovinosi per l'interesse pubblico.

In questo ambito si collocano l'appalto dell'illuminazione pubblica (di cui ci occuperemo più avanti quando parleremo dell'onorevole Giovanni Matta) e l'appalto della numerazione civica e toponomastica cittadina, con la truffa operata con l'appalto alla società Contacta.

Abbiamo già sottolineato come il caso Ciancimino non possa essere isolato dal contesto del sistema di potere mafioso a Palermo. Occorre pertanto soffermarsi su altre figure di protagonisti. Vogliamo trascurare i personaggi che sono scomparsi dalla scena politica e amministrativa e soffermarci invece su quelli che mantengono posizioni di spicco per suffragare così la nostra tesi del permanere, ancora oggi, di un rapporto fra mafia e potere a Palermo.

Il caso Di Fresco

Dopo le elezioni del 15 giugno scorso è stato eletto Presidente dell'Amministrazione provinciale di Palermo il dottor Ernesto Di Fresco del gruppo Gioia. Il Di Fresco è un personaggio emblematico di tutto il sistema di potere mafioso a Palermo, così come è stato edificato sotto la guida dell'onorevole Giovanni Gioia.

Egli è uno degli ex monarchici che confluì nella Democrazia cristiana sulla base dell'operazione politica pilotata da Gioia nella seconda metà degli anni cinquanta. Il Di Fresco era molto legato al noto don Paolino Bontà, capo della mafia di Palermo est. Quando il Di Fresco fu eletto consigliere comunale alle amministrative del maggio 1956 nella lista del Partito nazionale monarchico, il capomafia don Paolino Bontà lo accompagnava alle sedute del Consiglio comunale e gli dava precise indicazioni (fra cui quella di passare alla Democrazia cristiana.)

Per la verità il Di Fresco non era un'eccezione in quanto don Paolino Bontà a quell'epoca dava direttive anche a parlamentari nazionali democristiani, come l'onorevole Francesco Barbaccia. Don Paolino Bontà ostentava questi suoi rapporti passeggiando ogni mattina davanti all'albergo Centrale in corso Vittorio Emanuele a Palermo tenendo a braccetto l'onorevole Barbaccia. Anche il Di Fresco e la sua consorte Maidani Peppina hanno acquistato appartamenti dal costruttore Vassallo.

Allorché il Di Fresco era assessore al patrimonio stipulò gran parte dei contratti di affitto degli appartamenti Vassallo per adibirli a scuole o altri servizi comunali. La grande stampa, d'altro canto, ha scritto che quando il Vassallo venne giudicato davanti alla Sezione misure e prevenzione, perché proposto per il soggiorno obbligato, nella piccola folla che lo accompagnava c’era l’assessore comunale Ernesto Di Fresco. Ma l'episodio più clamoroso è quello dell'affitto dell'edificio per la caserma dei Vigili urbani.

Venne affittato un intero palazzo di otto piani e di 114 vani (in via Dogali nella borgata Passo di Rigamo) per adibirlo a caserma dei Vigili urbani con la spesa di oltre 50 milioni all'anno (vedere allegati 6 e 7). Il costruttore dell'edificio preso in affitto è tale Piazza Giacomo legato alla cosca mafiosa di Uditore-Passo di Rigano come risulta dalla documentazione in possesso della Commissione. Ebbene l'appartamento in cui abita la famiglia del Di Fresco in via del Quarnaro, composto di 7 stanze, 2 stanzette e accessori è stato venduto alla moglie del Di Fresco proprio dal costruttore Piazza.

© Riproduzione riservata