Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla relazione antimafia del 1976 scritta da Pio La Torre e dal giudice Cesare Terranova. Un documento che a circa cinquant’anni di distanza rimane ancora attuale.

La gravità della compenetrazione della mafia col sistema di potere democratico in Sicilia agli inizi degli anni '60 è efficacemente documentata nelle relazioni che le Federazioni comuniste della Sicilia occidentale consegnarono alla Commissione parlamentare alla fine del 1963.

Il Pci è stato l'unico partito che ha offerto alla Commissione antimafia simile collaborazione. Vogliamo sottolinearlo a testimonianza della coerenza e della continuità dell'impegno del nostro partito su questo fronte di lotta per il progresso democratico della Sicilia.

Pubblicheremo, pertanto, quelle relazioni in allegato. Nessuno, oggi, a distanza di 12 anni mette in discussione le cose che allora noi scrivevamo. Si sostiene, invece, che la situazione sarebbe profondamente cambiata e che uno dei risultati più rilevanti sarebbe costituito dall'affievolirsi del rapporto tra mafia e potere politico fino quasi ad annullarsi. Non vi è dubbio che molti cambiamenti sono avvenuti e noi comunisti siamo i primi a sottolinearlo.

Nel documento che il Comitato regionale siciliano del Pci ebbe a consegnare alla nostra Commissione in occasione dell'ultimo sopralluogo a Palermo si da un quadro chiaro e sintetico di tali cambiamenti: « Non vi è dubbio che la costituzione dell'Antimafia, la sua semplice presenza nella vita politica, la stessa azione repressiva — che tanto spesso però è stata usata in direzione sbagliata — iniziata dopo la strage di Ciaculli, hanno indebolito il prestigio della mafia.

Leggio? Un perseguitato!

Le inchieste condotte dalla Commissione nei più diversi campi di attività hanno intimorito molti uomini politici, amministratori e pubblici funzionari e li hanno resi più cauti nei loro rapporti con la mafia.

Prima del 1963 molti mafiosi ostentavano i loro rapporti con gli uomini politici e gli amministratori locali e viceversa. La presenza dei mafiosi nei seggi elettorali era sfacciata e aggressiva. Oggi questi fatti vistosi di rapporti tra mafiosi e uomini politici si sono rarefatti».

L’ultimo episodio clamoroso di ostentazione di rapporti ebbe a fornirlo il deputato regionale democristiano Dino Canzoneri proprio pochi giorni dopo la strage di Ciaculli.

Nella seduta del 23 agosto 1963 dell'Assemblea regionale siciliana il deputato comunista Rossitto denunziò l'appoggio che le cosche mafiose avevano dato ad alcuni candidati democristiani e in particolare fece riferimento ai legami fra Luciano Leggio e l’onorevole Canzoneri.

Il Canzoneri in quell'occasione ebbe l'impudenza di disegnare la figura di Leggio come quella di un perseguitato giudiziario a causa delle calunniose accuse ... dei comunisti!

In realtà il Leggio era latitante da anni e grazie alle complicità politiche poteva circolare impunemente. e organizzare la sua rete delinquenziale. Dopo la strage di Ciaculli e l’arresto di Leggio e di altri noti boss mafiosi, l’onorevole Canzoneri si ritirava definitivamente dalla scena politica regionale.

Questo indebolimento del prestigio della mafia è dovuto pure ad un processo di maturazione sociale, civile e culturale del popolo siciliano, alla scolarizzazione di massa e allo sviluppo dell'informazione.

Ma tutto ciò non può far dire che la mafia non esiste più, che i suoi rapporti con il potere politico e pubblico sono stati definitivamente tagliati, né che la mafia si è trasformata in puro e semplice gangsterismo.

Esportare la mafia

In realtà sono avvenuti mutamenti nella dimensione territoriale del fenomeno mafioso — la sua esportazione al Nord — nell'allargamento dei settori e dei campi di azione della mafia, nel suo modo d'essere e nel suo comportamento. La via della semplice repressione — che colpisce la escrescenza, ma che non modifica l'humus economico, sociale e politico nel quale la mafia affonda le sue radici — non ha portato e non poteva portare a risultati definitivi.

Seguendo la via della pura repressione non ci si è spiegati o si è spiegato male il significato della rinnovata virulenza della mafia dalla strage di via Lazio fino ai più recenti fatti della zona Partanna-Pallavicino-San Lorenzo a Palermo. Si è così caduti nella confusione da parte delle forze dell'ordine; si sono fatte delle teorizzazioni su seconde, terze e perfino quarte mafie e si è arrivati alla equazione mafia-delinquenza urbana.

L’esplodere della mafia a Milano e in altri centri del Nord, il moltiplicarsi dei sequestri di persona a scopo di riscatto (nuovo terreno di attività della mafia ma non solo di essa) hanno portato argomenti a queste tesi. Ora è indubbio che nell'esplodere della criminalità al Nord vi è un elemento tipico di tutte le realtà urbane, delle grandi metropoli capitalistiche; ma non v'è dubbio che in questo quadro un posto specifico ed autonomo appartiene alla mafia, il che non esclude che possano aversi intrecci dei fenomeni mafiosi con fenomeni puramente delinquenziali, particolarmente sul terreno del reclutamento della «manovalanza».

Il modo assurdo con cui si sono scelte le località di soggiorno obbligato per i mafiosi ha favorito il loro inserimento al Nord ed una certa facilità di reclutamento di nuove leve fra gli strati più emarginati e disperati di emigrati siciliani, una facilità di presa su attività quali il racket della manodopera, la speculazione edilizia, certe attività commerciali, oltre al contrabbando di droga e i sequestri di persona. In questo quadro che ha elementi di intreccio complesso la specificità mafiosa specie dei «gruppi dirigenti» rimane intatta.

La mafia si presenta oggi come una grande trama che dalla Sicilia si estende al Continente; le sue radici, il suo humus, il suo terreno di accumulazione finanziaria, di reclutamento e di selezione dei migliori quadri ed infine il rapporto con certo mondo politico continuano però a rimanere la Sicilia. Come la mafia si trasferì negli Stati Uniti con l'ondata emigratoria, così è avvenuto con il suo trasferimento al Nord, favorito anche dai soggiorni obbligati.

Ma la «centrale», non solo in termini «ideali» o di tradizioni, ma di terreno di continua riproduzione, rimane la Sicilia. Ciò non esclude che lo strato superiore, lo «stato maggiore» si distribuisca fra la Sicilia, il Nord e perfino Paesi stranieri, e sia ricco di enormi mezzi finanziari, incrementato, particolarmente negli ultimi anni, col traffico di droga e con i sequestri, e quindi di grandi possibilità di spostamenti e di collegamenti. L'arresto di Leggio e la scoperta delle connessioni tra i sequestri in Sicilia e alcuni grossi sequestri al Nord, la personalità e l'attività di alcuni dei mafiosi arrestati, confermano questa valutazione.

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