Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla relazione antimafia del 1976 scritta da Pio La Torre e dal giudice Cesare Terranova. Un documento che a circa cinquant’anni di distanza rimane ancora attuale.

Il sistema di potere mafioso ricevette, invece, nuovo alimento dal modo in cui, da parte di alcuni settori della grande industria, dell'agraria siciliana e della DC, si operò per rovesciare il governo Milazzo. Si sviluppò una campagna allarmistica, affermando che tutti i mezzi erano buoni per raggiungere lo scopo di far cadere quel governo.

E i mezzi usati furono quelli del ricatto e della corruzione verso alcuni esponenti di quel governo utilizzando, ancora una volta, la mafia. Contemporaneamente, per riconquistare la direzione della Regione la DC non esitò a dar vita allo «schieramento anti-marxista» a consegnare la Presidenza della Regione al monarchico Majorana (oggi senatore del MSI) e a imbarcare nel governo esponenti del MSI. Si faceva compiere alla Sicilia un passo indietro di almeno dieci anni, dando nuovo spazio alle forze peggiori del clientelismo e dell'ascarismo mafioso.

La sconfitta della «rivolta milazziana», costituì un'altra delusione del popolo siciliano e aprì un periodo di difficoltà nelle lotte per l'autonomia e il rinnovamento democratico della Sicilia. A tanti anni di distanza, quella breve, contraddittoria e complessa esperienza va ricondotta al suo vero significato legato ai termini dello scontro politico, aspro e violento, che in quel periodo vi fu fra Dc e partiti di sinistra.

Emersero da quell'esperienza i guasti profondi che la rottura e la prolungata contrapposizione frontale fra la Dc e i partiti di sinistra avevano prodotto nella vita e nel funzionamento delle istituzioni autonomistiche in Sicilia.

Il mancato scioglimento del Comune di Palermo

L'apertura di una nuova fase nella vita politica italiana con la formazione dei governi di centro-sinistra offrì alcune possibilità nuove di iniziativa per lo sviluppo della democrazia anche in Sicilia.

Non è casuale che la costituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla mafia avvenne proprio nel 1962, all'inizio della esperienza dei governi di centro-sinistra. E al tempo stesso si manifestarono i limiti e le contraddizioni del nuovo schieramento di governo anche per quanto riguarda la lotta contro il sistema di potere mafioso.

L'esempio più significativo di queste contraddizioni è costituito dal comportamento del governo regionale verso il Comune di Palermo. Fu il Presidente della Regione del primo governo di centro-sinistra in Sicilia, l'onorevole Giuseppe D'Angelo, ad accogliere la proposta comunista di un'inchiesta sul rapporto mafia-Enti locali nella Sicilia occidentale e, in primo luogo, a Palermo.

Ma quando il prefetto Bevivino depositò la sua clamorosa relazione sul Comune di Palermo e il gruppo parlamentare comunista all'Ars presentò la mozione per lo scioglimento del Consiglio comunale, il presidente D'Angelo e la maggioranza di centro-sinistra non furono capaci di compiere, sino in fondo, il proprio dovere e la mozione comunista venne respinta con 43 voti contro 43.

In conseguenza di quel voto, Lima e soci rimasero in sella e, utilizzando l'incoerenza di D'Angelo, poterono organizzare la loro vendetta sino a estrometterlo, con l'aiuto dei gestori delle esattorie, dalla scena politica siciliana

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