Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla relazione antimafia del 1976 scritta da Pio La Torre e dal giudice Cesare Terranova. Un documento che a circa cinquant’anni di distanza rimane ancora attuale.

Nel 1946, l'anno in cui la vita democratica riprese nel pieno delle sue forme con le prime elezioni politiche e amministrativo, si registrarono in provincia di Agrigento tre gravissimi delitti di indubbia natura politica e di altrettanto indubbia impronta mafiosa: il tentato omicidio del segretario della Camera del Lavoro di Burgio, Antonino Guarisco (3 febbraio '46) l'omicidio del sindaco socialista di Naro, Pino Camilleri (28 giugno 1946); l'omicidio del vicesindaco socialista di Favara, Gaetano Guarino (14 luglio 1946).

Nell'attentato di Burgio rimase uccisa una donna incinta. Di nessuno dei tre delitti sono stati scoperti gli autori. Ma la mafia agrigentina stava organizzando un delitto destinato ad assumere un rilievo e un significato politico più ampio. Nei primi dell'anno successivo il 4 gennaio '47 viene ucciso a Sciacca il Segretario di quella Camera circondariale del Lavoro: Accursio Miraglia.

Il delitto destò enorme indignazione. La vittima era una personalità conosciuta e popolare anche al di fuori del Comune, nella provincia e nella regione.

Egli aveva diretto l'azione dei contadini che reclamavano in base alle leggi Gullo, la concessione di estesi possedimenti latifondistici mal coltivati gestiti da gabelloti mafiosi in tutto il circondario del Tribunale di Sciacca (presso ogni tribunale esisteva allora, come è noto, una commissione per 1'assegnazione delle terre). Bisognava infliggere un colpo al movimento dei contadini di Sciacca, Ribera, Menfi, S.Stefano, Bivona, S.Margherita, Sambuca ecc., come dire una delle zone più avanzate di tutto il movimento contadino siciliano dove Miraglia rappresentava l'animatore, l'uomo di punta.

Dopo l'attentato di Villalba a Li Causi, era questa la più grave sfida al movimento contadino e democratico di sinistra. I contadini dell'agrigentino erano decisi a passare a rappresaglia di massa contro gli agrari e contro i gruppi mafiosi della provincia responsabili materiali e morali dell'assassinio di Miraglia e dei precedenti delitti; e fu con grande senso di responsabilità e dando prova di grande capacità politica e organizzativa che i sindacati e i partiti dei lavoratori riuscirono ad incanalare la protesta entro i termini di una possente e democratica pressione popolare rivolta ad ottenere dal nuovo Stato repubblicano che aveva dato ai contadini nuove leggi per la terra, giustizia nei confronti di quelle forze del feudo e della mafia che per ostacolarne l'applicazione non esitarono a ricorrere all'assassinio.

Un'esemplare condanna avrebbe significato una completa saldatura nell'azione del nuovo stato, l'impunita degli assassini sarebbe stata invece la prova che nulla era mutato, ma che anzi nei momenti decisivi, lo Stato assumeva lo stesso volto che sempre nella nostra provincia i contadini e il popolo avevano conosciuto.

Le indagini del Commissario Tandoj

Come sempre avviene nei delitti di mafia, i nomi dei mandanti e degli esecutori materiali erano facilmente individuabili (se non lo fossero del resto, il delitto di mafia perderebbe gran patte della sua efficacia intimidatoria). Poco dopo il delitto per la prima volta in un caso del genere, la polizia riuscì a condurre in porto le indagini identificando e arrestando non solo i presunti autori ma anche i mandanti del crimine (fu una delle prime esperienze del Commissario Tandoj all'inizio della sua carriera).

Questi però furono successivamente assolti essendosi ritenute le confessioni rese all'autorità inquirente estorte con la violenta e pertanto a loro volta gli inquirenti furono sottoposti a procedimento penale. Senonché anche questo procedimento penale si concluse con una assoluzione. Il caso è dunque ancora aperto dato che ci si trova dinnanzi a due sentenze tra loro in aperta contraddizione.

Ma nonostante le ripetute e autorevoli sollecitazioni, la competente autorità giudiziaria non ha mai provveduto a rinnovare il procedimento a carico delle persone accusate dell'omicidio. Chi sono costoro? Quale organizzatore del delitto la polizia indicò tale Carmelo Di Stefano nativo di Favara. Costui viene oggi considerato dalla voce pubblica come il capo della mafia di Sciacca e dintorni.

Un suo fratello a nome Giovanni è considerato come uno dei capi mafia di Favara. Un terzo fratello fu tempo fa ucciso, sempre a Favara. Il suo assassino fu a sua volta ucciso e il Carmelo Di Stefano fu sospettato di quest'ultimo delitto. Giunto a Sciacca senza personali basi di fortuna egli è diventato nel giro di pochi anni una delle persone più facoltose della città. All'epoca dell'assassinio del sindacalista Accursio Miraglia era amministratore dei possedimmnti agricoli del latifondista Enrico Rossi.

Arrestato sotto l'accusa di correità nel delitto fu scagionato, una prima volta dopo aver presentato un alibi basato su un certificato medico rilasciato dal dott. Raimondo Borsellino dell'Ospedale di Sciacca (successivamente eletto deputato nella lista della DC). Fu poi di nuovo arrestato e ancora rilasciato questa volta a quanto si dice per intervento dell'ispettore di PS, Messana.

Da allora le fortune personali di Carmelo Di Stefano sono salite alle stelle: appaltatore di lavori pubblici, proprietario di macchine per costruzioni stradali (è fra l'altro l'appaltatore consuetudinario della manutenzione del tratto Ribera-Sciacca-Menfi), costruttore di palazzi a Sciacca, titolare di crediti bancari. Gode di altolocate amicizie politiche fra cui l'on. Gaetane Di Leo che egli appoggia calorosamente nelle campagne elettorali.

La mafia a Sciacca

La pubblica opinione fra gli attuali capi di mafia di Sciacca indica anche Francesco Segreto che fu arrestato (e poi scagionato) assieme a Carmelo Di Stefano sotto l'accusa di concorso nell'omicidio di Accursio Miraglia. Anche il Segreto ha ora raggiunto una considerevole posizione economica personale pur partendo dalla modesta condizione di autista di piazza.

Proveniente da una famiglia di noti mafiosi (il padre fu condannato all'ergastolo e poi graziato) il Francesco Segreto, dopo l'episodio Miraglia, si occupò attivamente di compravendita di terre per le più soggette alla riforma agraria lucrando nella intermediazione e accumulò così notevole patrimonio. Da circa tre anni si è trasferito a Palermo dove ufficialmente si occupa di compravendita di automobili usate.

[...] Le prime indagini della polizia sul delitto Miraglia indicarono come uno degli esecutori materiali tale Marciante Pellegrino da Caltabellotta, anche egli successivamente scagionato. Uomo senza professione ormai in precarie condizioni di salute, continua a vivere ozioso e tranquillo grazie a redditi economici di ignota provenienza. Un altro degli imputati, infine, tale Gurreti, proprio nel periodo successivo all'approvazione della legge istitutiva dalla On.le Commissione Parlamentare, cui il presente memoriale è indirizzato, è pacificamente emigrato la America.

A molti anni di distanza un altro delitto che presenta molte analogie con l'assassinio di Miraglia, anche se ebbe minore ripercussione politica, ebbe luogo a Lucca Sicula dove il 27 settembre del 1960 fu ucciso con due fucilate a lupara il Segretario di quella Camera del Lavoro Paolo Bongiorno. La vittima di questo delitto era un onesto lavoratore, da tutti stimato, e un valoroso dirigente sindacale. Proprio in quei giorni era stato incluso quale candidato nella lista del PCI per le imminenti elezioni amministrative. La lista contrapposta era formata dalla unione della DC con il MSI. Gli assassini non sono stati mal scopertii.

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