Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla relazione antimafia del 1976 scritta da Pio La Torre e dal giudice Cesare Terranova. Un documento che a circa cinquant’anni di distanza rimane ancora attuale.

In conseguenza e parallelamente allo spostamento verso il partito della DC a partire dal 1948 e per oltre un decennio si verifica una progressiva infiltrazione della mafia in quasi tutte le attività economiche della provincia e nei gangli amministrativi e politici. Ma il fenomeno non si sviluppa pacificamente: insorgono contrasti a volte violentissimi fra gruppi concorrenti alla scala tanto locale che provinciale.

Accanto ai delitti di ogni genere (furti, danneggiamenti, estorsioni, rapine, sequestri di persona, omicidi e ferimenti) a danno di pacifici cittadini si moltiplicano così i delitti causati da interne rivalità. In queste quadro si collocano un gruppo di gravissimi delitti che per le loro modalità e per la personalità delle vittime non hanno riscontro in nessun'altra provincia siciliana.

Ci riferiamo ai quattro ragguardevoli esponenti della Democrazia Cristiana uccisi in circostante ancora misteriose nella provincia di Agrigento: l'avv. Vincenzo Campo, segretario regionale della DC e candidato alle elezioni per la Camera, fulminato a colpi di mitra al confine della provincia il 22 febbraio 1948 mentre percorreva la strada Alcamo-Sciacca su un furgoncino pilotato dal figlio che rimase anch'egli ferito; Eraclide Giglio di 74 anni, sindaco di Alessandria della Rocca, candidato alle elezioni regionali, ucciso l'8 maggio 1951 sulla soglia della sua casa; Vito Montaperto di 27 anni, segretario provinciale della DC, ucciso nei pressi di Palma Montechiaro mentre viaggiava su una macchina in compagnia degli onn.li Di Leo e Giglia; Giovanni Guzzo, vicesindaco di Licata freddato con tre colpi di pistola il 18.1.1955 dentro i locali del Consorzio Agrario di quella città.

Anche per questi gravissimi delitti le indagini della polizia non hanno approdato ad alcun risultato. Tutto lascia pensare che un meditato riesame dei relativi fascicoli possa suggerire una serie di illuminanti filoni da seguire in vista di una più approfondita conoscenza del fenomeno mafioso quale si manifesta nella provincia di Agrigento. E ciò, sia considerando le possibili causali della loro soppressione che la personalità delle vittime.

Tre politici “collusi”

A parte l'avv. Campo, che era originario di altra provincia e veniva alla politica dopo essere stato organizzatore e dirigente dell'Associazione Cattolica, gli altri tre esponenti della DC uccisi erano tutti e tre di indubbia appartenenza al mondo mafioso. 1) Eraclide Giglio, sindaco di Alessandria della Rocca, era un vecchio autorevolissimo capo mafia della zona. Nei primi anni del dopoguerra sosteneva la Democrazia del Lavoro, finché questo movimento politico non arrivò a disgregarsi. Passò allora alla Dc, ma mai fino al 1951 si era esposto in una campagna politica al di fuori dell'ambito assolutamente sicuro del suo Comune.

A quanto pare la sua candidatura, quale diretto esponente della mafia, fu decisa e imposta dalla Dc nel corso di una riunione di capi mafiosi svoltasi in una chiesa di Aragona nella primavera del '51. La sua elezione veniva data per certa e solo la sua eliminazione lasciò libero ad altri il posto che gli era predestinato all'Assemblea Regionale. È interessante notare che le indagini sul delitto furono svolte dal Commissario Tandoj il quale era riuscito ad identificare i materiali esecutori, ma non fece in tempo ad arrestarli perché i due sicari ingaggiati in un altro comune - sospettati furono trovati a loro volta uccisi.

C’è da chiedersi a questo punto se le indagini della polizia si arrestarono di fonte a quei due nuovi cadaveri o se proseguirono, e con quale esito, in direzione dei mandanti e del movente. 2) Vito Montaperto, segretario provinciale della Democrazia Cristiana, apparteneva ad una famiglia di Campobello di Licata notoriamente mafiosa. Suo padre, che era considerato il capo mafia della zona, fu ucciso per mano di tale Gaetano Velia finito poi in manicomio.

Al momento della inumazione della salma del Montaperto padre, si verificò un episodio che tinge di grottesco il tragico susseguirsi delle vicende che stiano esponendo: il loculo destinato al Montaperto nel cimitero di Campobello di Licata fu trovato occupato da una salma estranea che si scoprì essere quella del noto latifondista Saeli sottratta tempo prima dalla tomba di famiglia a scopo di ricatto e di intimidazione.

Anche della singolare vicenda della salma trafugata si era a suo tempo occupato il commissario di P.S. Tandoj. Un fratello del Vito Montaperto, a nome Calogero, per avere ucciso a sangue freddo un bracciante per una questione di precedenza in un locale pubblico, ha fatto alcuni anni di carcere. Tornato in libertà è attualmente considerato un elemento fra i più autorevoli nell'ambito della mafia, Nonostante i suoi precedenti penali gestisce appalti ferroviari di una certa mole.

Vito Montaperto, divenne segretario provinciale della Dc in sostituzione del suo predecessore e compaesano, l'avv. Luigi Giglia, che era riuscito a farsi eleggere deputato al posto dell'on.Gaspare Ambrosini, attuale Presidente della Corte Costituzionale, cui nulla era valsa l'altissima dottrina e la personale probità di fronte alle altre attitudini del suo giovane competitore.

Le indagini del Commissario Tandoj

Anche a proposito dell'uccisione di Vito Montaperto è interessante notare che delle relative indagini si occupò il Commissario di P.S. Cataldo Tandoj, senza però approdare a nessun concreto risultato.

Egli a quanto pare riuscì ad identificare i misteriosi banditi che la sera del 14 settembre fermarono nei pressi di Palma Montechiaro la macchina sulla quale il giovane segretario della Dc agrigentina rientrava assieme agli onn.li Di Leo e Giglia da Gela dove i tre avevano reso visita all'on.le Aldisio. Com'è noto costretti i tre viaggiatori a faccia a terra un solo colpo partì dalla pistola di uno dei banditi che trapassò il collo della vittima fulminandolo.

Sull'episodio il Commissario Tandoj ebbe occasione di interrogare i compagni di viaggio dell'assassinato, ma non si è mai saputo quali concreti elementi utili al fini delle indagini egli abbia raccolto. 3) Anche la terza vittima della serie Vincenzo Guzzo, era considerata fra le personalità più in vista della mafia di Licata nel cui seno, negli anni seguenti si scatenarono sanguinose lotte nel corso delle quali furono trucidati molti altri esponenti di primo piano (Lauria, Antona, La Rocca).

Vincenzo Guzzo era Vice-Sindaco di Licata, agente del locale Consorzio agrario, Presidente del l'Unione Provinciale delle Cooperative. Il suo passato era burrascoso. Era anche emigrato clandestinamente in America. L'esecutore materiale fu visto da parecchi testimoni però le indagini della polizia non andarono a fondo, affidate come furono al solito commissario Tandoj.

Guzzo fu assassinato alla vigilia delle elezioni del '55, egli era uno dei possibili candidati della DC con probabilità di riuscire data l'antica aspirazione municipalistica del grosso centro di Licata, e i legami che aveva con organizzazioni di carattere provinciale.

Fu ucciso mentre esplodeva la crisi tra due frazioni democristiane al comune di Licata. Era collegato alle vicende della forte pressione mafiosa sui mercati del pesce e soprattutto sui mercati ortofrutticoli (Licata è un centro di larga produzione di piselli primaticci per un valore annuo di alcuni miliardi). Fra le carte rimaste nella scrivania di casa sua fu trovato l'inizio di una lettera cosi concepita: "Caro Presidente gli amici dell'altra sponda mi minacciano, non so come comportarmi". Quando fu ucciso era armato di pistola con il proiettile pronto per sparare.

[…] Le caratteristiche di questi delitti, per la personalità delle vittime, per le modalità di esecuzione, per il tipo di indagini cui diedero luogo, per l'omertoso riserbo dal quale furono accolti nelle sfere ufficiali del partito a cui le vittime appartenevano e che è il partito che ininterrottamente ha governato il paese, hanno suscitato e suscitano molti interrogativi. […].

© Riproduzione riservata