Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla relazione antimafia del 1976 scritta da Pio La Torre e dal giudice Cesare Terranova. Un documento che a circa cinquant’anni di distanza rimane ancora attuale.

L’estensione del fenomeno mafioso nella provincia di Caltanissetta, il dominio che l'organizzazione ha assunto in alcuni gangli vitali dell'economia, il potere che essa ha in enti pubblici, l'immunità da essa praticamente goduta in tanti anni, hanno potuto versificarsi per la forza politica determinante che la mafia ha nella provincia di Caltanissetta. E non si tratta solo di forza derivante da appoggi elettorali, dati e poi compensati, ma anche di una compenetrazione tra classe dirigente Dc e mafia con la direzione di sezioni Dc e al livello provinciale.

Dalle prime incertezze circa l'orientamento politico da assumere, nell'immediato dopo guerra la mafia uscì quasi subito per iniziativa di Calogero Vizzini. Già verso la fine del 1944 Calogero Vizzini orientò decisamente le sue preferenze politiche verso la Dc. 

Questo partito, nelle sue sfere provinciali e regionali, ben comprese il grande apporto che alle fortune politiche dei dirigenti e del partito stesso poteva arrecare l'orientamento di Calogevo Vizzini e perciò della mafia in generale, e non esitò ad accogliere i mafiosi nelle sue fila.

E in questo quadro che vanno visti l'articolo pubblicato dall'on. Mattarella il 24 settembre 1944 in cui si prendono le difese dei mafiosi aggressori di Villalba e il discorso pronunciato a Villalba nel 1947 dall'on. Alessi in cui l'oratore affermava che «dietro l'illustre e onesto casato della famiglia Vizzini vi era tutta la democrazia cristiana».

Dopo l'aperta presa di posizione politica di Calogero Vizzini per la Dc, tutti gli altri esponenti della mafia si affrettarono ad entrare in quel partito raggiungendo rapidamente posti di direzione in sede locale e provinciale. A Villalba, praticamente, l'intera mafia entrò nella Dc.

A Vallelunga Lillo Malta passò alla Dc con tutto il suo seguito: i Madonia, i Sinatra, ecc., anche il gruppo Cammarata passò alla Dc. A Mussomeli Genco Russo e tutto il suo seguito si iscrissero nella Dc assumendo la direzione della sezione.

Il processo continuò e si sviluppò con ritmo impressionante: i Di Cristina assumono la direzione della sezione di Riesi; i Cinardo quella di Mazzarino; i Samperi quella di Niscemi; i Valletta quella di Campofranco; i Vario quella di Acquaviva Platani e così via in quasi tutta la provincia.

Di conseguenza la direzione provinciale Dc, ha finito col subire le influenze decisive della massiccia presenza della mafia nelle sezioni locali.

I mafiosi nella Dc di Caltanissetta

Sono stati e sono dirigenti provinciali della Dc di Caltanissetta mafiosi di grande rilievo come: Calogero Vizzini, Genco Russo (è stato segretario amministrativo), Beniamino Farina, Calogero Sinatra, Antonio Di Cristina, Ludovico Cinardo, Angelo Annaloro e numerosi altri.

Un esame dei componenti il consiglio provinciale della Dc succedutisi in tutti questi anni nel dopo guerra darebbe materiale di seria riflessione sulla ipoteca che la mafia ha mantenuto, e tuttora conserva in questo partito nella provincia di Caltanissetta.

Né si può dire che si tratti di elementi sconosciuti come mafiosi che di soppiatto si sono infiltrati nel le file della Dc e nei suoi organi dirigenti locali e provinciali. Infatti si tratta di persone che sono note a tutta l'opinione pubblica come mafiose.

D'altra parte non sono mancate denunce esplicite della presenza di mafiosi in detto partito. Ripetutamente in comizi e manifesti la Dc è stata invitata a disfarsi di così triste convivenza. Nell'ultima campagna elettorale l'on. Volpe venne invitato in tutti i comizi a dichiarare se: a) rigettava i voti ed ogni appoggio della mafia; b) condannava la mafia come fenomeno delittuoso che andava estirpato; e) avrebbe appoggiato in tutti i modi la Commissione parlamentare di inchiesta sulla mafia. L’on. Volpe non rispose a questi inviti, anzi a Mazzarino osò addirittura fare l'apologia della mafia (distinguendola dalla delinquenza) e considerando il mafioso "uomo rispettabile e d'onore".

[…] I comunisti e con essi i socialisti hanno sempre posto l'accento sulla necessità per le forze democratiche cristiane di liberarsi dai collegamenti con la mafia. La collusione del quotidiano Sicilia del Popolo, almeno fino al 1950, trasuda di attacchi alla diffamazione social-comunista contro la Dc, ma nello stesso organo di stampa è possibile notare l'elezione alle cariche provinciali di ben note figure della mafia. Occorre dire che oggi si fa strada anche nei giovani democristiani della provincia la esigenza di una rottura almeno con gli elementi maggiormente compromessi con la mafia.

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