Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla vicenda di Silvana Saguto, la giudice del Tribunale di Palermo che gestiva i beni sequestrati alla mafia finita al centro di un’indagine partita nel 2015 dalla procura di Caltanissetta. Nella condanna di primo grado i magistrati hanno accertato scambi di favori e di soldi tra la Saguto, avvocati e amministratori giudiziari.

Nello schema corruttivo in contestazione si innestano una serie di utilità che Silvana Saguto ritrae a titolo di controprestazione per l'esercizio distorto del proprio potere nelle forme di manifestazione che si sono dinanzi esaminate. Deve, peraltro, premettersi come tra i vantaggi che il presidente della sezione misure di prevenzione di Palermo riceve e che le vengono assicurati quale prezzo della corruzione ve ne sono alcuni che si caratterizzano per essere l'origine, la causa, il motivo dell'intessersi del rapporto corruttivo in disamina.

Si tratta segnatamente dell'utilità volta a soddisfare la spasmodica aspirazione della Saguto a che il figlio potesse portare a compimento il già intrapreso e fino a quel momento fallimentare percorso universitario e conseguisse l’agognata laurea. Ragionare in altri termini significherebbe, secondo quanto è emerso dalla istruttoria dibattimentale espletata, non riuscire a spiegare perché Silvana Saguto, presidente della sezione misure di prevenzione di Palermo, stimata esperta della materia che quotidianamente trattava, già legata a doppio filo dal reato corruttivo di cui sì è trattato con Gaetano Cappellano Seminara, personaggio a sua volta unanimemente riconosciuto come il più capace, il più organizzato, il più efficiente degli 635 amministratori giudiziari di tutta la penisola, nel 2013 (e l’anno non è casuale) avesse la necessità ed il bisogno di rivolgere la propria attenzione a Carmelo Provenzano, fino a quel momento sconosciuto assistente di economia dell'Università Koré di Enna, consentendogli di diventare, nel torno di pochi anni, una figura cardine del mondo delle misure di prevenzione di Palermo.

Oltre Cappellano Seminara

Ed è bene rilevare come il rapporto corruttivo tra Silvana Saguto, Carmelo Provenzano e - a causa delle esigenze di quest'ultimo che si sono già spiegate - Roberto Nicola Santangelo sorge nel 2013, cioè in un periodo in cui il giudice non era attanagliato né da problemi economici - considerato che il suo elevatissimo tenore di vita era assicurato da quelle provvidenze economiche che a vario titolo Cappellano Seminara le garantiva e di cui si è detto nell'analisi del rapporto corruttivo con il medesimo - né da quell'annoso problema della tensione mediatica sulle nomine degli amministratori giudiziari nelle procedure di prevenzione di Palermo sollevata dall'emittente televisiva Telejato e da Pino Maniaci.

Ecco, dunque, che, se una ragione giustificativa all'origine della corruzione Saguto, Provenzano-Santangelo deve ricercarsi, non la si può rinvenire né nelle particolari abilità nell'amministrazione giudiziaria dei due gestori Provenzano e Santangelo, abilità che non si vogliono in questa sede sminuire né tampoco misconoscere, ma che comunque non sono minimamente paragonabili all'esperienza e all'organizzazione maturata nel settore da Gaetano Cappellano Seminara, né nell'astratta possibilità di ricavare incarichi e provvidenze legate alla gestione dei compendi in sequestro, vantaggio che un qualsiasi altro amministratore giudiziario disposto al compromesso avrebbe potuto assicurare a Silvana Saguto.

La ragione giustificativa della nascita del rapporto corruttivo in disamina deve piuttosto essere ricercata nel carattere di infungibilità della controprestazione all'attribuzione di incarichi che solo Carmelo Provenzano poteva assicurare a Silvana Saguto, una intangibilità legata proprio all'inserimento del professore di economia nel mondo accademico ennese e alla possibilità, ostentatamente offerta alla donna (per come in prosieguo si dirà), di "spianare" il percorso universitario del figlio Emanuele Caramma ed aiutarlo a raggiungere l'agognato traguardo della laurea.

Una riprova della correttezza di tale impostazione la si coglie nelle stesse parole "i figli sono la mia debolezza ... " pronunciate da Silvana Saguto e rivolte a Carmelo Provenzano, che il 17 luglio 2015 le rimproverava di aver consentito al giovane Emanuele di partire per Ustica a pochi giorni dalla laurea, quando avrebbe dovuto sostenere una prova orale di discussione della tesi davanti ad una commissione e ad un pubblico.

E non vi è chi non veda come questa frase, di per sé apparentemente neutra, quasi naturale esprimendo un sentimento comune alla maggior parte dei genitori, assuma un significato sicuramente diverso se indirizzata ad un "coadiutore strategico e direzionale" da lei nominato in vari compendi in sequestro, il quale si era tanto prodigato per far laureare il figlio del giudice.

E come si è visto e come si dirà, l’aspirazione della Saguto a garantire un elevato tenore di vita ai propri figli e a consentire loro il migliore cursus honorum fino all'inserimento nel mondo lavorativo non si risolve solo in una debolezza che si sostanzia nel proprio personale impegno e sacrificio, ma si connota per essere piuttosto una facilità al compromesso e all'accettazione di indebiti vantaggi a fronte dell'esercizio legittimo o meno dei propri poteri di giudice.

Ed ecco perché, nella trattazione delle utilità corrisposte alla Saguto dai corruttori bisogna principiare, per dare coerenza e logicità alla trattazione, proprio da quelle connesse al percorso universitario ed alla laurea di Emanuele Caramma, pur nella consapevolezza che queste non costituiscono l'unico beneficio ritratto dalla Saguto in questo illecito rapporto sinallagmatico e nella coeva consapevolezza che le altre utilità contestate - e così pure la dazione della somma di denaro di € 15.000,00 o la fornitura costante di beni di consumo - altro non sono che un quid pluris che serve solo ad ulteriormente connotare in termini di gravità la corruzione contestata, ma che non consentono comunque di spiegare la scelta di Provenzano e Santangelo operata per la instaurazione di un illecito rapporto.

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