Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alle persone meno note uccise dalla mafia e il cui numero cresce di anno in anno. Dal 1961 si contano circa 1031 vittime innocenti.

Giuseppe Rumore è un personaggio appartenente a un altro mondo, vittima di una mafia lontana da inseguimenti in macchina e sparatorie per vendetta, ma vicina agli schemi mafiosi di sempre.

Viene dalla Sicilia del primo Novecento, terra calda e arida che in questi anni è divisa tra le lotte dei contadini e le prepotenze dei gabellotti e dei proprietari terrieri. Dopo aver combattuto nella Grande Guerra, Giuseppe diventa segretario della Lega dei contadini e si iscrive al Partito Socialista, perché crede davvero che la sua terra sia meglio delle prepotenze e delle disparità che adesso la dividono.

Il suo sogno di uguaglianza non conosce paura per gli avversari: combatte a fianco di Nicola Alongi e riesce a creare un’alleanza fra i lavoratori delle leghe e gli operai di Palermo contro i latifondisti, tiene comizi nei comuni tra Prizzi e Palazzo Adriano e continua a parlare al popolo fino al 31 agosto 1919, quando lui e Nicola raggiungono il loro obiettivo e occupano i latifondi locali in quello che verrà ricordato come “lo sciopero delle campagne prizzesi”.

Questa alzata di testa, però, genera paura e rabbia dall’altra parte della barricata. I proprietari latifondisti temono che il movimento dei contadini si allarghi troppo. Se sono arrivati ad occupare le campagne, dove altro possono arrivare?

Quindi, fanno la scelta più semplice. Si alleano con i mafiosi del posto per avere protezione e risolvono con l’omicidio tutti i loro problemi.

La sera del 22 settembre 1919, Giuseppe non entra più a casa. È davanti la sua porta, gira il chiavistello e si prepara a salutare sua moglie e la figlia di quattro anni, ma due colpi di fucile la pensano diversamente e lo uccidono lì, davanti ai loro occhi. L’Avanti gli dedica un articolo e lo definisce il “nuovo martire” del socialismo, ma nulla di più. Alongi resta solo e indignato per ciò che è successo, accusa polizia e magistratura di essersene fregati di Giuseppe e di aver lasciato che morisse sotto la mano mafiosa, anche se sapevano benissimo a cosa andasse incontro. Prova a fargli giustizia da solo continuando il loro progetto di libertà, ma non c’è nulla da fare.

Cinque mesi dopo, Nicola verrà ucciso come il suo amico Giuseppe.

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