Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata sul giudice Paolo Borsellino e sull’attento di via d’Amelio a trent’anni di distanza.


All’alba del 4 maggio del 1980 sono ancora a Monreale, fra i vicoli dove è passata la processione del Santissimo Crocifisso.

Di mattina scendo alla caserma «Carini» di Palermo, dietro il mercato del Capo.

Ci sono tre ufficiali dei carabinieri stravolti, per tutta la notte hanno interrogato – e forse anche torturato – i tre killer del capitano.

Ma quelli non hanno aperto bocca.

Verso le dieci arriva la notizia che sono stati appena arrestati una ventina di mafiosi della borgata dell’Uditore. Gli Spatola, gli Inzerillo, i Gambino. È un’altra operazione, questa volta si è mossa la polizia.

C’è confusione. Noi giornalisti siamo disorientati. Non riusciamo a capire il collegamento che c’è fra i tre killer del capitano Basile e i boss dell’Uditore.

Sappiamo ancora poco di quello che sta accadendo dentro la mafia palermitana, non conosciamo esattamente chi sono i Corleonesi di Totò Riina. Nei nostri articoli chiamiamo «vincenti» quelli che vengono dai paesi della provincia e «perdenti» quegli altri della città.

Sto per tornare al giornale per scrivere in fretta il mio «pezzo», ed è allora che si diffonde la notizia.

Non è solo una voce.

Il questore di Palermo Vincenzo Immordino, all’una del mattino, ha svegliato tutti i funzionari della squadra mobile e li ha convocati d’urgenza «per sedare una sommossa all’Ucciardone».

Ma non c’è rivolta, nei bracci del carcere è tutto tranquillo.

Il questore Immordino ha fatto scortare alla Lungaro – da agenti scelti da lui, uno per uno – i funzionari della squadra mobile.

E li ha rinchiusi lì dentro, nella caserma della polizia stradale, fino all’alba.

Sono «consegnati» in alcune stanze, praticamente prigionieri. Non possono uscire, non possono telefonare, non possono parlare con nessuno. Il questore non si fida di loro.

Deve partire la retata contro i boss dell’Uditore e, per non farseli scappare, ha chiamato poliziotti da fuori. Alcuni sono arrivati da Roma, altri da Reggio Calabria. Non so come iniziare il mio articolo. Dall’arresto dei killer del capitano? Dal sequestro di persona compiuto dal questore Immordino? Dalla retata?

Palermo fa paura

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