I buoni pasto per i dipendenti della pubblica amministrazione sono diventati insostenibili per i supermercati, così con pagine su tutti i quotidiani Conad, Coop, Confesercenti, Federdistribuzione, Fida e Fipe Confcommercio hanno annunciato che il 15 giugno non accetteranno i buoni per dimostrare il malessere e chiedere che vengano cambiate le modalità per effettuare le gare Consip in vista del nuovo bando che sarà pubblicato a giugno.

Lo scambio

Consip, la centrale per gli acquisti pubblici, organizza delle gare per l’acquisto dei buoni pasto per i dipendenti della pubblica amministrazione. La centrale, però, rilevano in un documento esplicativo supermercati e associazioni, è mossa dall’interesse a massimizzare il risparmio sulle commesse e nella valutazione dell’offerta economica e ha reso preponderante il criterio del ribasso sul valore facciale dei buoni pasto, «incentivando le società emittenti ad adottare politiche commerciali aggressive».

Infatti anche se la legge prevede il miglior rapporto qualità-prezzo e Consip è solita riconoscere massimo 85 punti all’offerta tecnica e 15 a quella economica, le prestazioni chieste dal punto di vista tecnico possono essere assicurate «dalla totalità dei concorrenti», con la conseguenza che, di fatto, tutta la competizione viene incentrata sull’elemento dell’offerta economica.

I supermercati lo sanno

La norma di legge prevede che le società che emettono i buoni pasto debbano indicare anche la commissione che applicheranno agli esercenti e, così per come è configurata, non può essere inferiore al valore dello sconto, dunque qualunque sia l’entità verrà di fatto girata ai supermercati.

In pratica, la società emittente vende a Consip a un prezzo scontato i buoni pasto, ad esempio buoni da 10 euro a 8 euro. Il dipendente pubblico riceve il buono pasto da 10 euro e va a comprare merce per quella cifra. Il problema rilevato dalla grande distribuzione, è che poi con il meccanismo della commissione, il supermercato fattura il buono per il valore di 8 euro.

Nelle ultime due gare Consip, denunciano gli esercenti, i supermercati si sono trovati a pagare, rispettivamente negli anni 2018 - 2020, una commissione di quasi il 20 per cento.

I supermercati lo sanno prima. A fronte dell’accordo con il datore di lavoro, la società che si occupa di fornire i buoni pasto si legge stipula un apposito contratto di convenzione con la rete degli esercenti, che previo pagamento di una commissione (c.d. “sconto incondizionato”) da parte di questi ultimi garantisce ai lavoratori la spendibilità di tali titoli. Il rimborso verrà effettuato solo a seguito della fatturazione, seguendo le tempistiche indicate nel calendario dei pagamenti stabilito unilateralmente (nelle gare pubbliche seguendo le informazioni Consip) dalle società emettitrici.

Le leggi di mercato

I supermercati hanno prevenuto la domanda: perché li accettate? Più che dire sì, il problema è che nessuno se la sente di dire no, visto che i clienti che ruotano attorno a questi buoni restano molti e nessuno se li vuole inimicare mandandoli in un altro supermercato. «Il mercato dei buoni pasto con un valore annuo di 3,2 miliardi di euro, tra settore pubblico e privato esercita di fatto una dipendenza economica che costringe le imprese della filiera agroalimentare, obtorto collo, ad accettare nelle committenze pubbliche commissioni oggettivamente insostenibili».

In sostanza «negli ultimi anni, per dare da mangiare ai dipendenti pubblici, agli esercizi si chiede il pagamento di un supplemento di circa 200 milioni di euro per ogni gara indetta dalla Consip».

La nuova gara

Sulla prossima gara è arrivata un’interrogazione del Pd. Daniele Manca, primo firmatario e capogruppo Pd in commissione Bilancio a Palazzo Madama, chiede di sapere «quali iniziative intendano adottare i ministri, nell'ambito delle proprie competenze, affinché la prossima gara Consip per la fornitura dei buoni pasto, di imminente pubblicazione nel mese di giugno 2022» affinché venga aggiudicata «con commissioni economicamente sostenibili per la rete degli esercizi convenzionabili» ed eventualmente se si può intervenire a tal proposito sul Codice degli appalti.

Il parlamentare teme che nessuno accetti più di fornire il servizio: «Il rischio, che noi chiediamo di evitare, consiste nell’azzerare l'utilizzo degli stessi che può coinvolgere milioni di lavoratori».

© Riproduzione riservata