Nel passato recente di Giuseppe Zuccatelli, da pochi giorni nominato dal governo commissario straordinario alla sanità calabrese, non c’è solo la famosa frase che ha diviso la maggioranza «Le mascherine non servono a un cazzo», ma anche altro.

«Togliti la mascherina che sono sordo», dice Zuccatelli a un medico invitandolo a rimuovere il dispositivo di protezione. «I virologi sono la coda della coda della coda dell’area medica», dice sempre il commissario. Sono due frasi inedite contenute nella lunga conversazione, di quasi un’ora, che Giuseppe Zuccatelli ha avuto, qualche mese fa, con due attiviste del collettivo Fem.in, cosentine in lotta. 

Il video integrale

Un filmato che Domani ha potuto visionare e dal quale qualche giorno fa era stata estrapolata la frase: «Le mascherine non servono ad un cazzo, sai cosa serve la distanza perché per beccarti un virus sai che devi fare devi stare con me e baciarmi con la lingua in bocca». Ma in quell’ora di conversazione c’è anche altro. A partire dalla richiesta surreale di rimuovere la mascherina rivolta a un medico. Richiesta che arriva da chi oggi dovrebbe gestire una regione indicata dal governo come zona rossa.
Non solo, l’incontro, che viene ripreso nella consapevolezza dell’attuale commissario, non avviene a marzo, come continua a ripetere Zuccatelli, seguito a ruota dal ministro Roberto Speranza che lo difende, ma a fine maggio, precisamente il 27. A fine maggio tutti sapevano dell’utilità della mascherina e a ridimensionarne l’importanza c’erano solo i negazionisti.

Sempre a metà maggio la compianta presidente della regione Calabria, Jole Santelli, aveva emanato un’ordinanza, la numero 43, che prevedeva: «È vietato l’assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico. È fatto obbligo del rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro e dell’uso delle mascherine o altra protezione a copertura di naso e bocca, in tutti i luoghi chiusi e nelle circostanze in cui la distanza interpersonale non possa essere rispettata».

In quel periodo Zuccatelli era commissario dell’azienda sanitaria speciale di Cosenza, le attiviste stavano manifestando e avevano occupato il consultorio. Chiedevano che venissero riaperti e migliorati nell’offerta di servizi e sostegno alle donne.

Zuccatelli, alla fine, aveva deciso di incontrarle alla presenza anche di diversi funzionari. Un incontro franco in cui Zuccatelli mostra la sua esperienza nel settore. Peccato che sul resto non riesca a trattenersi.

Il paese delle belle donne

Si inizia con un acceso confronto sulla qualità della sanità calabrese. E Zuccatelli regala la prima originale massima: «L’Italia è un grande bel paese, si mangia bene ovunque, le belle donne ci sono ovunque, voi ne siete la dimostrazione, l’enogastronomia, cazzo…la sanità…io vengo dall’Emilia-Romagna, ci sono eccellenze anche qui».

La colpa è della rappresentazione mediatica: «Avete un’immagine distorta della vostra regione, se tu in televisione fai sempre vedere dei vecchi ospedali, sempre le cose che non funzionano, fai un’immagine della Calabria che è sbagliata».

Le attiviste ascoltano e, sommessamente, chiedono: «Ma allora perché le persone vanno via per curarsi», Zuccatelli ha la risposta: «Perché appena c’è un problema, sai cosa succede? Scatta il meccanismo che se ho un problema serio penso subito di andare via e non mi informo su dove potrei trovare un’eccellenza».

Il guaio sono i cittadini che non si informano, così Jessica Cosenza, una delle due attiviste, gli risponde: «Io ho un problema banale e non lo risolvo. La cattiva sanità è fatta di cose piccole. Alla fine ho risolto chiamando il ginecologo di Milano che aveva mia madre trent’anni fa quando abitavamo lì.

Nel consultorio dove sono in cura non c’è neanche un ecografo, in altri non c’è il ginecologo perché quello andato in pensione non è stato sostituto».
Elencano mancanze organizzative, di personale, di strumentazione, di strutture senza spazi con affitti esorbitanti, di gestione dei fondi.

Zuccatelli spiega il guaio dei tagli lineari che hanno creato personale fortemente demotivato, la mancanza della managerialità diffusa e precisa che lui questo lavoro lo «fa a zero euro e per passione» e che è arrivato da tre mesi. Il confronto prosegue.

Zuccatelli ascolta e dice: «Sono tutte vere le cose che dite, però non è vera l’immagine che l’Italia ha della Calabria, la Calabria è una regione con potenzialità enormi, professionalità ed eccellenze. Viene la pelle d’oca che voi siete qui».

Togliti la mascherina

Mentre conversano entra una persona, è Nicola D’Angelo, il coordinatore dei consultori, Zuccatelli gli dice: «Togliti la mascherina che sono sordo». D’Angelo esegue e si accomoda al fianco di una persona, anche lui senza dispositivo.

Prima di pronunciare le ormai note parole contro i dispositivi di protezione, il commissario parla così dei virologi: «Il bombardamento mediatico ha creato nei cittadini una confusione tale per cui uno che non ha elementi certi professionali fa fatica a raccapezzarsi, che la politica abbia affidato ai virologi il compito di governare un paese è una cosa che solo in Italia succede».

Zuccatelli si scalda e aggiunge: «I virologi sono virologi. Sono la coda, della coda, della coda dell’area medica. Dopo l’Hiv della fine degli anni Ottanta hanno avuto dopo vent’anni una visibilità che nessuno gli aveva dato. È cosi». Parola di commissario. 

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