Sono 45 le persone indagate tra membri della polizia penitenziaria, funzionari e vertici del carcere di Ivrea nell’ambito dell’inchiesta della procura riguardo ai presunti pestaggi subiti da alcuni detenuti tra il 2020 e l’estate del 2022.

I reati ipotizzati sono quelli di tortura con violenze fisiche e psicologiche e falso in atto pubblico.

Le celle

Durante le indagini la procura ha approfondito alcune denunce di detenuti che raccontavano nel corso degli anni di essere stati picchiati e rinchiusi in isolamento in due celle particolari, denominate “liscia” e “acquario”. Durante il periodo di isolamento i detenuti denunciano che non avevano l’opportunità di contattare i propri legali. Nella notte tra martedì e mercoledì le forze dell’ordine, i carabinieri e la guardia di finanza hanno eseguito – su richiesta della procura di Ivrea – 36 perquisizioni all’interno del carcere e nelle case degli indagati. «I reati risultavano tuttora in corso, situazione che ha reso inevitabile l’intervento degli inquirenti», fa sapere chi indaga.

Le criticità della struttura

L’Associazione Antigone che da anni monitora la condizione dei detenuti nelle carcere italiane e denuncia sia lo stato di degrado delle strutture sia le violazioni dei diritti dei carcerati aveva fatto visita nel carcere di Ivrea il 3 agosto del 2021. Visita che poi ha portato a un report dettagliato nel quale si legge che «le condizioni generali delle celle visitate sono critiche».

Ai detenuti «non sono garantiti i 3 mq calpestabili a persona, le finestre presentano schermature, i bagni non sono dotati di acqua calda. Nel locale wc, separato dalla zona di pernottamento, è stato ricavato uno spazio attiguo al lavandino dove le persone cucinano in condizioni igieniche davvero discutibili». I visitatori hanno aggiunto anche che «le docce presentano infiltrazioni e muffe e sono tutte prive di vetri alle finestre». Dopo le lamentele i vertici dell’istituto penitenziario hanno assicurato che nel biennio 2022-2023 sarebbero stati eseguiti dei lavori per risolvere la mancanza d’acqua calda per i detenuti. Il sovraffollamento, denunciato da Grimaldi, è stato evidenziato anche nel report di Antigone. Al momento della visita in carcere erano presenti 248 detenuti, mentre la capienza regolamentare dell’istituto penitenziario è di 194.

«Con queste 45 persone sono oltre 200 gli operatori penitenziari attualmente indagati, imputati o già passati in giudicato all’interno di procedimenti che riguardano anche episodi di tortura e violenza avvenuti nelle carceri italiane – scrive in una nota il presidente di Antigone Patrizio Gonnella – Un dato che ci racconta di un problema evidente che si riscontra negli istituti di pena dove, con troppa frequenza, da nord a sud emergono fatti di questo tipo».

Le reazioni

«Già anni fa, dopo la prima inchiesta avviata nel 2015, avevamo visitato il carcere di Ivrea e denunciato una situazione esplosiva, che aveva provocato un susseguirsi ininterrotto di aggressioni, rivolte, tentati suicidi, richieste di trasferimento», scrive in una nota il vicecapogruppo di Alleanza Verdi Sinistra, Marco Grimaldi. All’epoca della visita i detenuti lamentavano condizioni di sovraffollamento, assenza di alternative alla mera reclusione e diversi casi di abusi e violenze.

«Leggere di una “cella liscia” e di una “cella acquario” riservate alle botte a all’isolamento mi fa rabbrividire», ha aggiunto Grimaldi. «Da troppi anni osserviamo fenomeni sconcertanti che però, proprio a causa della loro frequenza, non fanno più scandalo», ha detto invece Marco Lacarra del Partito democratico e membro della commissione Giustizia di Montecitorio.

Per Gennarino De Fazio, segretario generale del sindacato Uilpa, va ripensato il reato di tortura. «Chi sbaglia va individuato, isolato e perseguito, ma considerato che le indagini per il reato di tortura sono ormai numerosissime è evidente che l’organizzazione penitenziaria complessiva sia fallimentare», ha detto. «Indagini come queste compromettono e rischiano di rendere vano il sacrificio condotto da 36 mila donne e uomini del corpo di polizia penitenziaria», ha aggiunto.

Santa Maria Capua Vetere

Domani aveva già evidenziato un caso di torture avvenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere attraverso, video, foto e documenti. Il 6 aprile del 2020, in piena pandemia, quasi 300 poliziotti penitenziari sono entrati in carcere e per oltre 4 ore hanno massacrato di botte e colpi di manganello i detenuti. I reclusi protestavano e chiedevano, dopo il primo caso di contagio in carcere, mascherine e dispositivi di sicurezza. Per quei fatti è iniziato un processo lo scorso 7 novembre.

© Riproduzione riservata