Dopo l’inchiesta di Domani e le denunce dei mesi scorsi sull’emergenza demolizione delle case abusive a Casal di Principe, interviene la ministra del Sud Mara Carfagna. Che ieri ha incontrato il sindaco del paese simbolo della lotta alla camorra, Renato Natale

Alla ministra sono stati illustrati i dati di una situazione che rischia di diventare una vera e propria emergenza sociale in una realtà dove un terzo del paese è stato costruito illegalmente. Si tratta di case di campagna, palazzine, tirate su negli anni in cui a Casal di Principe non esistevano strumenti urbanistici, con la camorra che controllava l’intero ciclo del cemento, e con amministratori distratti e compiacenti. Ora l’emergenza, con 1.700 ordinanze di demolizione, 250 case da abbattere subito, con un totale di potenziali sfollati che sfiora i 6mila.

Un situazione complessa

Come scritto nel nostro articolo, tutte le spese (abbattimenti e sistemazione degli sfollati) sono a carico del comune, che per le prime 11 demolizioni ha già acceso mutui per 1 milione e 650mila euro, per buttare giù tutti i 250 edifici oggetto di demolizione immediata, serviranno quasi 38 milioni, che graveranno sul bilancio comunale. «È una situazione complessa e lo stato – ha dichiarato la ministra Carfagna alla fine del lungo incontro – non può lasciare da solo il sindaco. Ho intenzione di aprire un tavolo con gli altri ministeri competenti (Giustizia, Interno, Ambiente, Salute e Politiche sociali), per cercare soluzioni operative che esistono, ma devono essere attentamente calibrate». Il ministro ha anche annunciato la volontà di creare a Casal di Principe un esperimento pilota per creare unità abitative in alcuni edifici confiscati alla camorra e dati in gestione al Comune.

«Con la ruspa – aveva dichiarato al nostro giornale Renato Natale – lo stato perde, e rischia di far rimpiangere i tempi bui in cui a comandare erano camorra e politica collusa». Ed è questo il nodo che rischia di strozzare Casal di Principe, uno degli esempi più concreti di ricostruzione di un tessuto sociale democratico dopo gli anni, come piace dire al sindaco, della dittatura camorrista. Decenni, dalla fine degli anni Ottanta del secolo passato agli albori del Duemila, in cui a comandare erano “i Casalesi”. I vari Bidognetti, Schiavone, che insieme ai loro gregari erano padroni di tutto. Imponevano il racket sulle attività economiche, avevano il monopolio del traffico di droga e armi. Dominavano il ciclo del cemento e l’intera filiera del traffico di rifiuti illegali. La costruzione di case abusive è stata per anni uno strumento di guadagno per i boss, ma anche di creazione di consenso sociale. «Vuoi costruire, fallo pure, tanto nessuno controlla».

Casal di Principe ha un Piano regolatore generale dal 2006, prima era il Far West. Negli anni in cui la camorra era di fatto potere e stato, è cresciuto un paese nel paese. «L’impegno del ministro – dice il sindaco – è importante, forse riusciremo a trovare una soluzione ad un problema sociale esplosivo. Certo, la legge è legge e va rispettata, ma poi c’è la realtà. In questa terra da anni stiamo cercando di ricostruire lo stato democratico, proprio come avvenne dopo la caduta del fascismo. I boss sono stati arrestati e condannati, ma non dimentichiamo che avevano un ampio consenso sociale. Offrivano lavoro, protezione, davano il via libera a tutte le forme di piccole illegalità, come quella di costruire abusivamente, ma oggi quel consenso lo deve riconquistare lo stato. Ragionando, trovando soluzioni, impegnandosi. La ruspa può anche piacere, ma abbatte, non risolve i drammi sociali».   

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