Ancora una volta il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dovuto colmare il vuoto istituzionale del governo. È stato l’unico ad alzare il telefono e chiamare Roberto Salis, il padre della 39enne italiana detenuta a Budapest da oltre 13 mesi in condizioni inumane e degradanti, con l’accusa di aver picchiato due militanti di estrema destra a un raduno neonazista. 

Non è la prima volta che il capo dello Stato interviene in casi così delicati e complicati da risolvere, mostrando l’inadeguatezza del silenzio del governo sovranista guidato da Giorgia Meloni. La premier non si esprime sul caso, mantiene assoluto silenzio. E neanche la negazione degli arresti domiciliari in Ungheria per la detenuta italiana da parte del giudice ungherese Jozsef Sòs ha smosso le acque. Richiesta che i legali di Ilaria Salis avevano avanzato su suggerimento del ministro della Giustizia Carlo Nordio.

Il diniego del giudice ungherese e la visione della figlia incatenata e legata da mani a piedi in aula anche nell’ultima udienza ha provocato sgomento da parte del padre Roberto Salis che venerdì ha inviato una lettera al presidente Mattarella chiedendo un aiuto per «smuovere il governo» e far uscire dal carcere sua figlia.

Le parole di Mattarella

Il contenuto del colloquio telefonico avuto con il presidente della Repubblica è stato raccontato da Roberto Salis alle agenzie stampa. Il presidente «ha ribadito la sua vicinanza personale a me e alla famiglia e mi ha garantito il suo personale interessamento al caso. Lo ringrazio per la solerzia con cui mi ha risposto in meno di 24 ore e soprattutto per la sensibilità e la vicinanza al dramma che sto vivendo con la mia famiglia», ha detto Roberto Salis. 

«Siamo tutti molto contenti e lo sarà anche Ilaria quando la sentirò, è stata una telefonata molto cordiale di circa cinque minuti che mi ha fatto molto piacere e alla fine ci siamo fatti gli auguri di Pasqua».

Mattarella è stato colpito dalla «la differenza tra il nostro sistema, ispirato ai valori europei, e il loro sistema», quello ungherese, che ha portato a una disparità di trattamento tra due cittadini italiani. Si riferisce al caso di Gabriele Marchesi, coindagato di Salis ma che si trova in Italia, a cui la Corte d’appello di Milano ha revocato i domiciliari nello stesso giorno in cui venivano negati a Ilaria Salis dalla corte ungherese.

I giudici di Milano hanno anche respinto al mittente la richiesta di estradizione formulata dalle autorità ungheresi preoccupati dai possibili trattamenti inumani e degradanti che rischia di ricevere nel paese di Viktor Orbàn. Nelle motivazioni dei giudici meneghini si legge che «c’è fondatezza di timori di reali rischi di violazione dei diritti fondamentali».

Governo in silenzio

In tutto ciò colpisce il silenzio di Giorgia Meloni, sul caso si è espresso solo il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Lo stesso Roberto Salis nella lettera scritta a Mattarella ha chiesto di «smuovere il governo italiano perché evidentemente non ha fatto quello che doveva fare». Ma il silenzio di questi giorni mostrano la totale difficoltà di Meloni che non sa come muoversi con il suo alleato Viktor Orbàn per evitare uno strappo prima delle elezioni europee di giugno.

Resta da capire cosa può fare Mattarella oltre a esprimere vicinanza alla famiglia. Il suo omologo ungherese, ex presidente della Corte costituzione e neoeletto Tamas Sulyok, oltre ad essere una figura cerimoniale e con pochi poteri è anche un uomo di Orbàn definito dalle opposizioni come un «soldato di Fidesz». Difficile pensare che possa sbloccare il caso Salis.

Serve, quindi, una forte pressione del governo Meloni che al momento non è stato neanche in grado di esprimere vicinanza alla famiglia Salis.

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