Le intercettazioni realizzate con il trojan si potranno utilizzare a processo. È stata rigettata dal giudice per le udienze preliminari (gup) del tribunale di Perugia la richiesta di inutilizzabilità della copia forense del cellulare e delle intercettazioni telefoniche e telematiche dell’ex magistrato e presidente dell’Anm Luca Palamara. È stata rigettata anche la richiesta di una nuova perizia sul virus- captatore informatico utilizzato per catturare, appunto, le conversazioni dell’ex toga.

La decisione è stata presa dal giudice che si sta occupando del troncone d’inchiesta che vede Palamara accusato di corruzione insieme ad Adele Attisani e al lobbista Fabrizio Centofanti. Dopo due ore di camera di consiglio, il gup ha sposato la tesi della procura, che ha sempre considerato legittime e utilizzabili tutte le intercettazioni.

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Nel corso dell’udienza dello scorso 23 aprile, la difesa di Palamara aveva richiesto di rendere inutilizzabili la copia forense dello smartphone dell’ex magistrato sotto processo poiché incompleta: mancavano, secondo i periti di parte, le tracce del trojan utilizzato e le informazioni di connessione al server a cui era collegato.

Per il giudice però «la paventata incompletezza della copia forense estratta non dà luogo ad alcuna sanzione processuale di inutilizzabilità o nullità», e quindi sono state rispettate «le garanzie difensive previste dalla norma a tutela dell’indagato in sede di accertamento irripetibile», come è appunto una copia forense di un dispositivo elettronico.

Per quanto riguarda l’utilizzo di un trojan per captare e ascoltare le conversazioni e i messaggi di Palamara, che in alcuni momenti non avrebbe registrato, il gup sostiene che «il parlato degli 8 file non spediti rinvenuti sul server CSS non consente in alcun modo di giungere alla conclusione che il complessivo flusso intercettato messo a disposizione della difesa sia incompleto, non genuino o alterato nei suoi significati». Gli audio non inviati, non costituendo parti di conversazione, non avrebbero alterato colloqui intercettati e «per la loro stringatezza e palese irrilevanza contenutistica, risultano inidonei a porre una questione di lesione dei diritti di difesa».

La difesa di Palamara aveva anche sollevato una «generale “illegalità” e conseguente “inutilizzabilità dei risultati» delle intercetazioni, per via delle forme in cui sono state autorizzate ed eseguite. Il giudice però ritiene che non ci sia stata «nessuna irrituale utilizzazione» delle risultanze investigative, inclusi gli audio captati.

Sulla richiesta di nuova perizia sul trojan, il giudice la ritiene «non meritevole di accoglimento in quanto superflua e meramente esplorativa, oltre che giuridicamente incongrua con riferimento a taluno dei profili di accertamenti indicati». Insomma, quella di Palamara è una sconfitta su tutta la linea: le intercettazioni andranno a processo.

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