«Las mujeres no lloran, las mujeres facturan», ha detto Shakira, e anche gli uomini potrebbero rispondere così: «un calciatore non piange, un calciatore fattura», sarebbe la migliore risposta possibile per Mateo Retegui, a chi gli chiede del suo passaggio dall’Atalanta all’Al-Qadsiah, anche perché si tratta di guadagnare 80 milioni in 4 anni, e si passa un bel Natale con 20 milioni sotto l’albero.

Anche l’Atalanta potrebbe rispondere: «una squadra non piange, una squadra fattura», con i 68 milioni netti che incasserà. Non a caso Shakira è l’ex moglie di Gerard Piqué, il calciatore che sta cercando di rovinare il calcio dopo aver rovinato la Coppa Davis di tennis che Adriano Panatta ancora se ne lamenta in ogni intervista.

Questa è l’acqua, e questi sono i pesci, almeno fino a quando non arriva Nico Williams a nuotare controcorrente decidendo di rimanere all’Athletic Bilbao e rinunciando a trasferirsi al Barcellona. Aprendo una crepa in questa sistematicità da teletrasporto di un calciatore da un posto mediamente ricco a uno straricco, dando l’impressione che sia una questione di click e non più di scelta umana.

Tra l’altro la rinuncia di Nico Williams è qualcosa di superiore non in termini economici, ma calcistici, rinunciare al Barcellona significa abbassare le possibilità di vincere la Champions League, in nome di alcuni valori considerati bambini: come rimanere nel cortile di casa e passarla a suo fratello Iñaki Williams, attaccante dell’Athletic.

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Gattuso spiazzato

Forse a Retegui è mancato un fratello calciatore, chissà. L’attaccante italo-argentino ha solo cinque anni più del ventunenne spagnolo e misurare la sua carriera solo in termini economici sembra un errore madornale, pur sapendo che l’aspettano dei natali grandiosi, anche se viene da chiedere cosa possa spingere ad andare in Arabia Saudita il capocannoniere della serie A in carica – che Pier Paolo Pasolini considerava sempre il miglior poeta dell’anno come Bob Dylan considerava il miglior poeta dell’anno il campione mondiale dei pesi massimi della boxe – lasciando l’Italia e il suo campionato e gradualmente anche la maglia azzurra abbassando l’abitudine alla marcatura stretta e vera nell’anno del mondiale, ma bisogna sempre vedere se Gennaro Gattuso riesce nell’impresa, evidentemente Retegui ci crede meno di Acerbi.

Mentre Nico Williams decide di restare a dribblare e divertirsi con suo fratello piuttosto che farlo – come fa nella nazionale spagnola – con il suo amico Yamal.

Forse i due calciatori, che in questo caso diventano due apologhi del calcio di oggi, hanno una concezione differente del tempo, della vita e del calcio. Retegui da attaccante vuole segnare e fatturare non escludendo il ritorno, l’ala Williams vuole dribblare, crossare, segnare e fatturare augurandosi un’andata successiva, dilatando l’infanzia e il tempo col fratello più possibile, approfittando delle debolezze del Barcellona e scegliendo le sicurezze del Bilbao che quest’anno gioca la Champions League, e Williams probabilmente immagina già quando racconterà a figli e nipoti della Champions tra fratelli che ha un valore superiore ai soldi.

Invece, Retegui rinuncia alla Champions dell’Atalanta per andare nel deserto immaginando un futuro con meno ricordi e più soldi. Sono due scuole di pensiero. Chi ci perde è la nazionale italiana, oltre che Retegui, calcisticamente, sempre che gli importi qualcosa, o che non abbia già considerato il suo apice con la vittoria della classifica marcatori e i suoi 25 gol.

Il problema è, che nonostante gli sforzi, gli investimenti e l’impegno, il campionato saudita rimane bruttino e lentuccio, e non riesce a schiodarsi dalla dimensione “crociera di fine carriera”. Una sorta di vacanza calcistica prima della dismissione. Mancando totalmente di tensione. Anche il campionato turco bordeggia la lentezza, ma conserva una tensione calcistica europea che lo tiene nel martirio calcistico del dover sentire che c’è una differenza tra vittoria e sconfitta. Una spanna sopra il campionato americano e due-tre sopra quello saudita.

Tanto che quelli che tornano dalla Turchia come Ciro Immobile, giocava nel Beşiktaş, sembrano avere qualcosa in più rispetto a quelli come Lorenzo Insigne che tornano dalla Major League Soccer, giocava nel Toronto. E in Turchia continuerà ad allenarsi Victor Osimhen, come se il campionato turco fosse un esercizio per rimanere in forma prima di andare in Premier o tornare in serie A.

La Turchia diventa un purgatorio per l’attaccante nigeriano che paga la contrapposizione col Napoli, ma apre anche a una possibilità di crescita economica e calcistica che sposterebbe la geografica con l’innesto di capitali qatarioti. Ma tutti gli altri? O la domanda non va posta perché il mercato ha vinto e chi si contrappone è un pirata?

Effetto Bilbao

Nico Williams rimanendo a Bilbao ha fatto contente meno persone di quelle che avrebbero gioito a Barcellona, certo non diventerà povero, ma sicuramente avrà una crescita felice e delle partite di gioia da dividere con suo fratello, e perché questo valore non viene calcolato? Perché è finito nelle note a piè di pagina dei contratti e soprattutto nelle note a piè di pagina della vita? E Retegui che forse non sa nulla di Paolo Rossi o meno ancora di Gigi Riva rinunciando con leggerezza alla nazionale italiana che cosa leggerà nelle note a piè di pagina della sua vita? I ragazzini di Bergamo che hanno la sua maglietta e hanno scandito il suo nome segnando in un campo qualunque della città o in un paese limitrofo che cosa capiranno della sua scelta? Che cosa resterà?

Probabilmente niente anche se Retegui fosse rimasto all’Atalanta, incarnando un calcio d’opportunismo e basta, condito dal guizzo identitario di dirsi italiano. Ma Retegui o mille altri nomi così, disegnano un metodo, stabiliscono un pensiero.

Retegui non è un grande calciatore, ma un calciatore utile al gioco dell’Atalanta e a quello dell’Italia che volontariamente si sottrae per soldi, e non si tratta di perdere Riva o Rossi, si tratta di chiedersi cosa spinge un ventiseienne che ha vinto la classifica cannonieri ad andare in Arabia Saudita a giocare più a golf che a calcio.

Bergamo non era casa sua, ma era sicuramente il posto dove ha trovato chi gli faceva i cross perfetti al punto di farlo sembrare un calciatore più forte di quello che è. Probabilmente è già vecchio, più di come sarà vecchio Williams alla sua età o anche dopo. Per rimanere bambini ci vuole uno sforzo maggiore, rendendo infinite le partite, occorre imparare a perdere e rinunciare.

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