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Il caso Shalabayeva è aperto. Mancano i mandanti politici

LaPresse
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Sono stati condannati i poliziotti che consegnarono la donna al regime kazako. Ma loro hanno soltanto eseguito gli ordini. La vera catena di comando va dal ministero dell’Interno alla procura di Roma

  • «Nella ricostruzione della vicenda Shalabayeva manca un pezzo: chi ha dato gli ordini» dice Astolfo Di Amato, l’ avvocato della donna, convinto che la sentenza di Perugia del 14 ottobre non faccia piena luce su una questione che ha coinvolto a vario titolo il ministero dell'Interno, forze di Polizia e magistrati.
  • La storia italiana di Alma Shalabayeva inizia il 28 maggio di sette anni fa, quando l'ambasciatore del Kazakistan a Roma, Adrian Yelemessov, prova insistentemente a mettersi in contatto col ministro dell'Interno Angelino Alfano, in carica da un mese esatto.
  • Prima di firmare il nulla osta per l’espulsione, il sostituto procuratore Albamonte capisce che la faccenda è delicata, prende tutta la documentazione e bussa all'ufficio del capo della Procura, Giuseppe Pignatone, per sottoporla a suo giudizio. Alla fine firmeranno entrambi.

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