Medici senza frontiere torna in mare con la nave Geo Barents per salvare le vite dei migranti: «Decidiamo di tornare in mare come nel 2015. Delegare alla guardia costiera libica il soccorso in mare è cinico e inadeguato, ci sono obblighi internazionali. Gli stati si nascondono dietro scuse non accettabili» ha detto la presidente di Medici senza frontiere Italia Claudia Lodesani, che ha ribadito: «Italia e Malta da due anni hanno smantellato il soccorso in mare, non intervengono e non coordinano» e anzi «si tenta di tenere le organizzazioni fuori dal Mediterraneo perché siamo testimoni scomodi».

Dietro c’è quella che definiscono una doppia «ipocrisia»: «La guardia costiera libica non è in grado e non vuole rispondere ai salvataggi» e non si può «pensare che sia un porto sicuro: conosciamo la situazione». Allo stesso modo, conclude la presidente, è «ipocrita e strumentale l’uso del Covid come giustificazione per chiudere i porti, con tutte le difficoltà che ci possono essere». A oggi, ha detto riferendosi ai naufragi, «queste morti sarebbero evitabili, e ci si dovrebbe vergognare ancora di più».

La criminalizzazione delle Ong

Le parole del presidente del Consiglio Mario Draghi alla Camera, in risposta a un’interrogazione della Lega sui soccorsi in mare nelle acque italiane, non le sono piaciute, Lodesani ha specificato: «Le 12 miglia non corrispondono alla zona sar (di salvataggio, ndr), non è lì che avvengono i naufragi, mi auguro che sia stata una gaffe»

L’associazione vede il ripetersi degli atteggiamenti. Marco Bertotto, responsabile Affari Umanitari della Ong, ha spiegato: «Siamo preoccupati dal ripetersi di toni e contenuti» visto che «il dibattito di soccorso in mare non c’entra con le politiche migratorie. Prima si tenevano le persone in mare ora si discutono gli obblighi di soccorso collegandoli con la redistribuzione». Il tema del testo dei leghisti discusso ieri.

I governi, accusano, stanno tentando di scoraggiare gli aiuti civili: «L’altra faccia è la criminalizzazione delle Ong dal 2017» e «Alla stagione dei porti chiusi, «si è aggiunta la scusa del Covid» e adesso «ci impediscono addirittura di partire».

Ripetuti infatti sono stati i blocchi delle navi, l’ultimo quello della Sea-Watch 3, accusata di aver trasportato troppi migranti.

La nave

Bertotto ha preannunciato che la Ong si avvarrà di una nave di ricerca scientifica del 2007 riadattata, con un contratto di 9 mesi rinnovabili, che batte bandiera norvegese. Avrà due gommoni veloci e due ponti coperti «uno per uomini e uno per donne e bambini» più una struttura medica e una stanza ostetrica. Gli spazi medici saranno utilizzati anche per offrire assistenza psicologica: «I casi più critici verranno identificati subito». Conterà 20 operatori e 12 persone di equipaggio e avrà una capienza di 300 persone. Sulla nave non saranno fatti tamponi, per non pregiudicare successive operazioni di soccorso e non dover isolare i migranti.

Bertotto ha spiegato che prima di mettersi in mare hanno avuto due incontri con la Guardia costiera: «Siamo consapevoli, sappiamo che in questo contesto dobbiamo fare i conti con l’ostilità delle istituzioni e delle autorità competenti». Non vogliono dare «nessun alibi a chi vorrà tentare di ostacolare la nostra azione di soccorso in mare» anche se la Guardia costiera non ha dato alcuna garanzia: «Non c’è un documento che chiarisce cosa serve» e che dunque renda possibile escludere qualunque contestazione come accaduto alle altre Ong: «Anche noi ci troveremo a scontrarci con tutto questo». 

Msf spera comunque sempre di avere la collaborazione dei governi: «Abbiamo notificato l’avvio delle operazioni, abbiamo informato i governi di Italia, Malta, Libia e Tunisia», ma, ha detto Bertotto, «nessuno ha risposto».

La Ong ha assicurato, la presidente, non si farà intimidire: «Non accetteremo l’inaccettabile tra cui le persecuzioni di forma amministrativa. Se ci fermeranno, ci fermeranno, ma questo non ci impedirà di partire».

«Questa missione – ha detto Bertotto - è un atto di denuncia nei confronti degli stati, con cui ad oggi interloquiamo con scarsa fiducia».

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