Consiglio e Parlamento europeo ieri hanno raggiunto un accordo sui punti principali di una nuova legge sulla concorrenza digitale: il Digital markets act (Dma). Tutta incentrata sulle più grandi aziende tecnologiche del mondo.

Strada spianata così per l’arrivo di una rivoluzione nelle regole del mercato, prevista nel 2023.
Il Dma cerca di imporre nuovi obblighi e divieti a un piccolo gruppo di giganti digitali che l'Unione europea definisce come guardiani (gate keeper). E super sanzioni che, sulla base delle prime bozze della legislazione, arrivano a decine di miliardi di dollari.

Obiettivo: limitare la capacità delle più grandi aziende tecnologiche di sfruttare il loro potere nei mercati digitali, come quello delle app (Apple, Google nel mirino in particolare), ecommerce (Amazon) e la pubblicità online (Google, Facebook principali target della regolamentazione).

Pari opportunità

Ad esempio le nuove regole – una volta approvate dalle istituzioni europee - permetterebbero agli sviluppatori di rendere le loro applicazioni disponibili agli utenti di iPhone senza passare da Apple. Impedirebbero a Google e Amazon di mostrare i propri prodotti e servizi davanti a quelli dei concorrenti, nei risultati di ricerca sulle proprie piattaforme. I due giganti sono accusati, in varie indagini antitrust in Europa e Usa, di dare loro priorità rispetto a quelli offerti dai concorrenti.

I “guardiani” non potranno preinstallare software importanti sui dispositivi (Google Chrome sugli smartphone ad esempio). Né riutilizzare dati personali su un servizio diverso da quello attraverso cui li avevano raccolti.

Questa norma serve a spezzare un oligopolio commerciale (sulla pubblicità ad esempio) basata sul controllo di grandi quantità di dati.

Le misure

Tra le altre misure: obbligo all’interoperabilità tra diversi servizi di messaggistica; diritto per i venditori di accedere a propri dati di marketing e pubblicità (una norma per limitare il potere di Amazon in particolare).

Le regole potrebbero anche impedire ai gate keeper di vincolare l'accesso ad alcuni dei loro servizi all'acquisto o all'uso di un altro servizio, e obbligarle a rendere più facile per gli utenti spostare i loro dati da un servizio all'altro. Così ad esempio Meta-Facebook non potrà più obbligarci ad avere un account Facebook per utilizzare la sua app Messenger.

Ora che un accordo politico sul testo è stato raggiunto, è improbabile che subisca modifiche sostanziali, anche se avrà ancora bisogno dell’approvazione finale dei parlamentari e dei rappresentanti dei paesi dell'Ue, l’anno prossimo. La regolamentazione sarà poi adottata entro sei mesi dall’entrata in vigore.

«Questa legge cambia l'onere della prova; ora saranno queste aziende a dover dimostrare che la loro condotta è giusta», e non le autorità di regolamentazione che fino ad ora hanno avuto bisogno di dimostrare le violazioni delle leggi antitrust, ha detto Andreas Schwab, un membro del parlamento europeo dalla Germania. È stato il principale negoziatore per la Dma.

Un punto di contesa nei negoziati era quali aziende sono da definire gatekeeper. Secondo la proposta iniziale, erano quelle con fatturato europeo di almeno 6,5 miliardi di euro o quelli con una capitalizzazione di mercato di almeno 65 miliardi di euro. I gate keeper dovevano anche servire più di 10mila consumatori commerciali attivi e 45 milioni di utenti finali attivi nell'Unione europea.

Il testo finale ha aumentato queste soglie a 7,5 miliardi di euro di entrate e una capitalizzazione di mercato di almeno 75 miliardi di euro. Le sanzioni per il mancato rispetto delle regole possono arrivare fino al 10 per cento delle entrate annuali globali di una società, ma le violazioni ripetute alzano il tetto al 20 per cento e aprono la strada ad altre sanzioni come il divieto di acquisizioni.

Anche se è stato raggiunto un accordo, gli esperti hanno avvertito che rimangono nodi su come la commissione attuerà le nuove regole e le farà rispettare. I lobbisti dell'industria tecnologica hanno detto in diverse dichiarazioni degli ultimi mesi che la legge è discriminatoria perché si concentra in gran parte sulle grandi aziende statunitensi, e impraticabile a causa della sua ampiezza, ostacolando l'innovazione tecnologica in Europa.  
Le big tech sono spaventate anche perché questa rivoluzione potrebbe avere una portata globale. L'Ue è stata per anni in prima linea nella creazione di regolamenti che impattano sul mercato. Le mosse di Bruxelles spesso sono state rispecchiate da altri paesi, come si è visto con il regolamento privacy Gdpr. Molte grandi aziende tecnologiche, inoltre, costrette a cambiare le pratiche dalle regole europee, sono state condizionate a rendere globali quelle modifiche.

 
 

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