L’operazione della Dda in cui sono confluite cinque indagini è stata coordinata dal procuratore Maurizio De Lucia e dalla procuratrice aggiunta Marzia Sabella. Tra le accuse, associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsioni, consumate o tentate, aggravate dal metodo mafioso
Boss, “colonnelli”, uomini d’onore ed estortori di diversi mandamenti di Palermo e provincia. Sono tra le 181 persone fermate e arrestate dai carabinieri nella notte nell’ambito di una maxi operazione della Direzione distrettuale antimafia nel capoluogo siciliano, coordinata dal procuratore Maurizio De Lucia e dalla procuratrice aggiunta Marzia Sabella.
Le accuse sono, a vario titolo, associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsioni, consumate o tentate, aggravate dal metodo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, favoreggiamento personale, reati in materia di armi, contro il patrimonio, la persona, esercizio abusivo del gioco d’azzardo.
Un’inchiesta che ha svelato l’organigramma della principali famiglie, gli affari dei clan e l’ennesimo tentativo di Cosa Nostra di ricostruire la Cupola provinciale, per reagire alle operazioni che negli ultimi anni hanno portato a molti arresti. I principali mandamenti coinvolti sono quelli di Santa Maria di Gesù, Porta Nuova, San Lorenzo, Bagheria, Terrasini , Pagliarelli e Carini.
«Cosa nostra è attualmente impegnata in una significativa opera di riorganizzazione volta a superare i dissesti cagionati dall’incessante repressione degli ultimi trent’anni», scrivono nel provvedimento di fermo i pm della Dda di Palermo. «Le plurime indagini delegate ai carabinieri di Palermo nell’ambito dei procedimenti che qui ci occupano hanno registrato una crescente vitalità di Cosa nostra e hanno rivelato un’associazione dotata di una nuova energia che, molto verosimilmente, affonda le sue radici nell’equilibrata combinazione tra gli elementi di modernità, provenienti dalla più avanzate tecnologie, e quelli del passato, rappresentati dalla roccaforte dello “statuto scritto, che hanno scritto i padri costituenti”, che tuttora rappresenta l’humus organizzativo dell’associazione e, soprattutto, l’elemento aggregante», sottolineano i pm.
L’operazione
Per arrivare a centinaia di arresti, sono stati impegnati complessivamente 1.200 carabinieri, parte dei comandi provinciali della Sicilia, del Reparto Anticrimine del Ros di Palermo, con il supporto dei “baschi rossi” dello Squadrone eliportato cacciatori di Sicilia, del 12° Reggimento “Sicilia”, del 14° Battaglione “Calabria” e altre componenti specializzate dell’Arma.
Altre due persone sono state colpite da misure di presentazione alla polizia giudiziaria. Tra gli arrestati, ci sono anche boss usciti dal carcere, perché avevano finito di scontare la pena.
Cellulari criptati
In una delle cinque indagini, poi confluite nella maxi operazione, gli inquirenti hanno scoperto il nuovo sistema di comunicazione dei boss, usato per riorganizzare la nuova commissione provinciale, azzerata già una volta con gli arresti di dicembre 2018. I capimafia in carcere e quelli in libertà usavano per i summit tra mandamenti cellulari di ultima generazione, con software criptati. Sistemi di crittografia molto avanzati e complicati da intercettare. Alla scoperta di questo sistema, è scattato l’allarme sicurezza nelle carceri.
Gli apparecchi, secondo gli investigatori, sarebbero utilizzati per chiamare telefonini destinati esclusivamente a ricevere, una sorta di telefoni-citofoni: circostanza che rende difficile incrociare i dati. Questo escamotage permetterebbe ai boss mafiosi di gestire traffici di droga e organizzare summit.
«L’ormai noto sistema dei criptofonini ha reso possibile il dialogo, costante e riservato, non solo con i trafficanti di droga, a beneficio degli affari, ma anche tra i vari mandamenti, a beneficio, stavolta, della stessa essenza organizzativa dell’associazione», è il monito dei pm che poi hanno lanciato l’allarme: «Non può ignorarsi che la facile introduzione, negli istituti penitenziari, di minuscoli apparecchi telefonici e di migliaia di sim, ha neutralizzato l’annosa questione dell’inoperatività dei detenuti che, ormai, dalle loro celle, continuano ininterrottamente la militanza mafiosa».
Le reazioni della politica
«Un’operazione straordinaria dei carabinieri del comando provinciale di Palermo ha portato oggi all’arresto di oltre 180 persone, tra cui diversi boss, infliggendo un colpo durissimo a Cosa Nostra», ha scritto Giorgia Meloni sui social. «Un risultato che conferma l’impegno incessante dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata», ha aggiunto.
«L’operazione di oggi svela una Cosa nostra che utilizza le nuove tecnologie e si arricchisce, soprattutto, grazie al traffico di stupefacenti e alle estorsioni. Per queste ragioni, il ringraziamento dell’amministrazione comunale va alle forze dell’ordine, alla magistratura e agli organi investigativi per l’instancabile impegno nella lotta alla criminalità organizzata», ha detto il sindaco Roberto Lagalla.
Un ringraziamento alla procura di Palermo e ai carabinieri è arrivato anche dal presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani. «Si tratta – ha sottolineato Schifani – di un colpo durissimo alle organizzazioni criminali che continuano a minacciare la sicurezza e il futuro della nostra terra».
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