In cerca di una ffp2

L’eterno viaggio su un treno pieno di droplet

LaPresse
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  • Premessa: questo non è un pezzo sul Covid o sui No green pass o i No mask, è piuttosto una testimonianza sulla teatralità mattoide, sulla voglia di protagonismo, sull’anarchia come scusa per crearsi una ribalta. La scena è quella classica di tanti romanzi: su un treno.
  • Davanti al mio posto un signore compila la Settimana enigmistica, con una mascherina casalinga, una pezzetta di cotone nero, calzata tipo scalda collo. Con un gesto cerco di fargli capire che sarebbe opportuno assestarla sul viso, non a protezione del pomo d’Adamo. Il signore non capisce. Poi inizia a sbraitare.

  • Arriviamo a Roma, dopo ore di mancato silenzio e droplets in libertà. Nel prendere il bagaglio mi sbilancio, barcollo. Il mio compagno di viaggio mi lancia un maleficio, urlando a tutto il vagone: «Quello che non fa il Covid, lo fa qualche altra cosa». È solo un assaggio di cosa deve essere successo sugli altri treni, metropolitane, autobus, traghetti.

Premessa: questo non è un pezzo sul Covid o sui No green pass o i No mask, è piuttosto una testimonianza sulla teatralità mattoide, sulla voglia di protagonismo, sull’anarchia come scusa per crearsi una ribalta. La scena è quella classica di tanti romanzi: da Graham Greene ad Agatha Christie, da Patricia Highsmith a Venedikt Erofeev, da Bohumir Hrabal a Michel Butor, infiniti scrittori hanno scelto il treno come contenitore di casi umani da far confliggere con altri viaggiatori o quantomeno con

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