Papa Francesco ha sistemato un altro importante tassello del governo della chiesa: ha accolto le dimissioni date per limiti di età dal prefetto del potente Dicastero dei vescovi, organo che gestisce le nomine episcopali in tutto il mondo, il cardinale canadese Marc Ouellet di 78 anni. Francesco ha poi nominato il suo successore, Robert Francis Prevost, religioso agostiniano, 67 anni, originario di Chicago ma vescovo di Chiclayo, in Perù, paese dove ha trascorso molti anni come missionario. Prevost assumerà allo stesso tempo la carica di presidente della Pontificia commissione per l’America Latina, sempre al posto di Ouellet. Un cambio importante se si considera che il porporato di origine canadese ricopriva la carica da 2010, quando vi fu chiamato da Benedetto XVI; era dunque uno degli ultimi “sopravvissuti” del pontificato ratzingeriano in un posto chiave della curia vaticana.

Fra nord e sud America

Il nuovo prefetto, da parte sua, ha una sorta di doppia identità: statunitense e latinoamericana, senza contare che, come il papa, viene dalla vita religiosa (è stato priore generale degli agostinani). Potrebbe inoltre diventare cardinale, proprio in virtù dell’incarico che ricopre, il che porterebbe agli Usa una nuova porpora probabilmente più vicina alla sensibilità di papa Francesco che a quella tradizionalista dei vertici dell’episcopato a stelle e strisce.

Non va dimenticato, infine, che Prevost è stato scelto da Francesco nel 2020 come amministratore apostolico della diocesi di Callao, in Perù, fino ad allora retta dal vescovo José Luis del Palacio, spagnolo, appartenente al cammino neocatecumenale e in sintonia con l’ex arcivescovo di Lima Juan Luis Cipriani, dell’Opus Dei, sostituto da Francesco nel 2019 e considerato un portabandiera della chiesa reazionaria oltre che un sostenitore dei governi di destra in America Latina dagli ambienti ecclesiali progressisti.

L’arrivo di Prevost in Vaticano, un religioso navigato, che conosce bene la chiesa nord e sud americana e che, attraverso l’appartenenza all’ordine agostiniano, ha potuto coltivare una competenza ampia anche rispetto ad altre realtà ecclesiali, può rappresentare una svolta nel governo della Curia vaticana.

Il cardinale e le molestie

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Si chiude al contempo la luna stagione di Marc Ouellet alla guida del Dicastero dei vescovi. Con fama di conservatore, l’ex arcivescovo di Québec era fra l’altro stato di recente coinvolto in due distinte accuse di molestie sessuali contro due donne; alle denunce aveva reagito negando con fermezza ogni addebito e querelando la prima delle sue accusatrici.

Secondo quanto ha fatto sapere il Vaticano, le indagini non avrebbero portato a far emergere la fondatezza delle accuse, tuttavia è un fatto che pochi giorni dopo la diffusione della notizia del secondo caso di molestie (reso noto dal periodico francese Golias, e confermato dalla diocesi di Québec), il papa ha deciso di accettare la rinuncia di Ouellet per raggiunti limiti di età (75 anni, secondo la legge della chiesa).

Nel frattempo, il 13 gennaio la prima accusatrice ha deciso di uscire allo scoperto rivelando la sua vera identità rinunciando così alla copertura della quale godeva legalmente per sua stessa tutela.

«Non sono più F., sono Pamela Groleau», ha rivelato il suo legale alla stampa canadese. La donna aveva accusato lo scorso agosto il cardinale di molestie sessuali e la sua denuncia faceva parte di una più generale “class action” contro l’arcidiocesi di Québec da parte di 130 vittime di abusi da parte dei preti.

Pamela Groleau, che sostiene di essere stata molestata dal cardinale in diverse occasioni nel 2008, ha spiegato di avere protetto fino ad oggi la sua identità  «per tutelare i suoi cari, il suo lavoro e la sua salute mentale messa a dura prova dai fatti».

Ma ora sente che «la sua lotta non è  più solo sua» e che la chiesa a cui ancora appartiene deve accogliere meglio le persone che si dichiarano vittime. «Vorrei vedere la chiesa – ha detto – affrontare gli abusi piuttosto che negarli e vorrei sentire la chiesa accogliere chiunque affermi di essere una vittima, con processi neutri, imparziali, indipendenti, rigorosi e professionali».

Richiesta di risarcimento

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A dicembre Ouellet aveva intentato un’azione legale per diffamazione contro la donna chiedendo un risarcimento di centomila dollari. In quella occasione il cardinale aveva diffuso una dichiarazione nella quale affermava: «In verità, voglio sottolineare, non ho mai commesso gli atti di cui mi ha accusato la querelante. In seguito ad un'indagine preliminare, papa Francesco ha ritenuto che non sussistano elementi sufficienti per avviare a mio carico un'indagine canonica per violenza sessuale. Essendomi preliminarmente assicurato di proteggere l'anonimato della querelante ottenendo un'ordinanza in tal senso, intraprendo oggi un'azione legale per diffamazione dinanzi ai tribunali del Québec, al fine di dimostrare la falsità delle accuse mosse contro di me e ripristinare la mia reputazione e il mio onore».

«Non mi sono mai macchiato di comportamenti riprovevoli – aggiungeva il cardinale – e men che meno di quelli contestati ad altri membri del clero citati nell’azione collettiva. Questa associazione inappropriata, costruita intenzionalmente e largamente diffusa per scopi impropri, deve essere denunciata».

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