A pochi giorni dal referendum, che ha tra i quesiti l'abrogazione della norma che esclude i committenti dalla responsabilità in caso di infortunio dei lavoratori, la relazione arrivata sul tavolo della Regione Siciliana sull'andamento dei lavori alla diga di Pietrarossa è destinata a far discutere
«Insufficiente attività di vigilanza sull'operato dei subappaltatori». A pochi giorni dal referendum, che ha tra i quesiti l'abrogazione della norma che esclude i committenti dalla responsabilità in caso di infortunio dei lavoratori, la relazione arrivata sul tavolo della Regione Siciliana sull'andamento dei lavori alla diga di Pietrarossa è destinata a far discutere. E fa capire bene il valore del quesito referendario, che se dovesse passare riporterebbe a controlli più stringenti sulla filiera. Per capirne l’importanza, il cantiere di Pietrarossa è un eccellente punto di osservazione.
A sottoscrivere la relazione è stato Antonio Martini, il commissario incaricato dal governo Meloni di seguire il completamento di un'opera ferma dal secolo scorso. Era il 1997, quando la costruzione dell'invaso tra le province di Enna e Catania venne interrotta in seguito al ritrovamento di beni archeologici. Mancava davvero poco: completata per il 95 per cento, restavano da realizzare sette metri in altezza lungo gli oltre mille metri di sbarramento.
Quasi trent'anni dopo, in Sicilia il bisogno di acqua è aumentato. La siccità è ufficialmente un problema e, nonostante una primavera insolitamente piovosa, la giunta Schifani ha rinnovato lo stato di crisi per il settore zootecnico.
Senza dighe
Se per il governatore l'approvvigionamento idrico in futuro passerà dai dissalatori, per i quali conta di coinvolgere i privati in progetti da centinaia di milioni, l'attenzione è rivolta anche alle dighe. Sono decine quelle a mezzo servizio, ma il caso di Pietrarossa è emblematico: progettata a inizio anni Ottanta, non è mai entrata in funzione.
Per cercare di dare un finale diverso alla storia, il governo nazionale ha stanziato oltre 80 milioni di euro e inserito l'opera tra quelle complementari al Pnnr.
Il cantiere è stato affidato a un raggruppamento d'imprese costituito da Vittadello, Intercantieri, Cooperativa Edile Appennino, Consorzio Ciro Menotti e Cosedil. Quest'ultima è di proprietà di Gaetano Vecchio, attuale presidente di Confindustria Sicilia e figlio di Andrea, nel 2013 eletto alla Camera con Scelta Civica, il partito di Mario Monti. Stando alla relazione, i lavori a Pietrarossa dovrebbero concludersi a metà 2026, nel rispetto dei termini previsti dal Pnrr. Tuttavia, non mancherebbero le criticità. Nel documento vengono passate in rassegna problematiche di natura diversa: dall'elevata produzione di polveri – l'opera non è stata sottoposta a valutazione d'impatto ambientale perché progettata prima del 1988 – all'assenza in cantiere di fornitura di energia elettrica prodotta totalmente da fonti rinnovabili.
Giungla subappalti
Nel mirino ci sono pure questioni che tirano in ballo direttamente le imprese: «La compagine non è compatta, sussistono contrasti che in più occasioni hanno avuto refluenze negative nella conduzione dell’appalto», si legge. Inoltre, finora non sarebbero state eseguite le migliorie offerte in sede di gara e in base alle quali le imprese hanno avuto la meglio sulle concorrenti.
Il passaggio più delicato riguarda però i subappalti. Il commissario fa riferimento a «lentezza nelle attività amministrative e una assolutamente insufficiente attività di vigilanza sull’operato dei subappaltatori», senza fornire ulteriori dettagli.
Il tema dei subappalti è da tempo all'attenzione dei sindacati, che hanno criticato il recente ampliamento delle maglie dei controlli introdotto dal governo Meloni con il nuovo codice. Il fatto che la gara per Pietrarossa sia stata bandita prima della riforma sul subappalto a cascata non rasserena i sindacati: «A maggior ragione mette in evidenza l'esigenza di trattare la questione dei subappalti con un'attenzione che finora è mancata da parte della politica. Nei subappalti e nelle forniture si annidano i maggiori rischi, sia per la sicurezza degli operai che per ciò che concerne i tentativi di infiltrazione della criminalità», dichiara a Domani Giovanni Pistorio, segretario regionale di Fillea-Cgil.
Le imprese, tuttavia, gettano acqua sul fuoco: «Non mi risultano contestazioni in materia di subappalti. D'altra parte la direzione dei lavori ha tutti gli strumenti di controllo previsti dalla normativa», replica l'imprenditore Gaetano Vecchio a Domani. Il presidente di Confindustria Sicilia smentisce anche l'esistenza di tensioni tra le ditte. «C'è armonia fra i soci, sia in seno al consiglio d'amministrazione che in seno al comitato tecnico guidato dall'ingegner Piermattei dell'impresa Vittadello».
L'unica conferma riguarda la differenza di vedute sulla realizzazione di una stradella. «Per l'appaltatore è ben definita nell'offerta fatta in sede di gara, mentre il committente vorrebbe trasformarla in un'opera ex novo». Così fosse, per le imprese si tratterebbe di un intervento non previsto dal progetto e per questo fuori dal contratto da oltre 48 milioni sottoscritto con la Regione.
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