Non c'è nessuno per strada, i giorni sono tutti uguali, ognuno è uguale al precedente, siamo tutti in casa come se fossimo stati condannati al carcere per via di un reato commesso. Tutto questo spiega il significato della pandemia da Covid-19. Il primo momento della pandemia è stato molto difficile. Ricordo tutti i dettagli: inizialmente non credevamo a ciò che stava avvenendo intorno a noi, non sapevamo verso che cosa ci stessimo dirigendo né sapevamo cosa aspettarci.

Il paragone con la Siria

Come rifugiato arrivato in Italia da poco, l'idea di essere costretti a stare a casa non è stata difficile da accettare: durante i sette anni di guerra in Siria siamo rimasti tanto tempo a casa per via della paura delle bombe e dei rumori dei carri armati.

In questo caso l’esperienza di stare a casa era diversa, perché non possiamo incontrare nessuno, neanche i nostri vicini, mentre durante la guerra in Siria stavamo insieme con i miei amici o con i nostri vicini e potevamo sostenerci a vicenda.

Ritengo che questa pandemia abbia cambiato la struttura di tutto il mondo, privandoci anche dei piccoli gesti che praticavamo abitualmente, senza pensarci, come abbracciare e baciare le persone care. Gesti che sono diventati limitati; in breve, le relazioni umane, dal punto di vista del contatto fisico, sono diventate inesistenti.

Guardare il bicchiere mezzo pieno

Il lockdown dovuto alla pandemia ci ha però anche offerto spazi per esercitare la creatività: personalmente mi sono dedicato alla realizzazione di contenuti divertenti che ho condiviso in diretta sui social media. In Italia, purtroppo, ho avuto il Covid-19, e sono rimasto isolato per tre settimane nella mia camera. Sono stati proprio pesanti questi giorni, perché ti senti da solo, ai margini della vita, e quindi ho deciso di fare tanti corsi a distanza che mi hanno aiutato a migliorare la mia lingua italiana e il mio studio all’università. 

Frequento infatti il secondo anno di “Scienze Internazionali dello sviluppo e della cooperazione”. Ho utilizzato anche questo tempo, una volta guarito, per dedicarmi alla mia formazione, partecipando a un corso di primo soccorso con la Croce Verde di cui sono volontario, un'occasione che mi ha dato l'opportunità di scoprire il mondo da un altro punto di vista. Conoscere le persone, ascoltare le loro storie e come si sentivano isolati, consolare e dare speranza. E alla fine ho lavorato come volontario anche al Servizio Civile in un museo da remoto: diciamo che ho fatto un sacco di cose in tutto questo tempo.

La vita durante la guerra in Siria mi ha insegnato a continuare a vedere il bicchiere mezzo pieno.

Imparare dalla pandemia

In conclusione, penso che dopo questa esperienza siamo diventati più riconoscenti del valore della vita, abbiamo avuto la possibilità di sederci per tempi più lunghi con le nostre famiglie riscoprendole, ci siamo trasformati in persone che danno più valore ai gesti semplici, che si dedicano maggiormente al dialogo avendo riscoperto un forte desiderio di condivisione volto a ricoprire quelle distanze che ci separano fisicamente. Credo che le società e i paesi prenderanno più misure precauzionali e presteranno maggiore attenzione al settore sanitario e in futuro saranno maggiormente in grado di costruire un sistema sanitario forte e solido in quanto è il principale supporto per la continuazione della società.

Il Covid-19 ancora oggi, dopo un anno, ci insegna molto e ci ricorda che dobbiamo essere responsabili e consapevoli per garantire la continuazione della vita per noi e per la generazione che verrà dopo di noi.

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